
Già durante la prima Presidenza Trump, il Regno saudita era stato protagonista di un progetto politico che aveva portato ai Patti di Abramo. La strategia per normalizzare i rapporti tra gli Stati arabi moderati e Israele. Riad ne era rimasta fuori, ma l’impegno era stato di entrarci appena possibile. Poi Biden si dimostrò molto tiepido verso i Patti (firmati da Trump) ed entrò addirittura in rotta di collisione con i sauditi, sulla questione dei diritti umani (e l’omicidio del giornalista Khashoggi nel consolato di Istanbul). Tranne poi riavvicinarsi quando Riad cominciò a flirtare con Mosca e con Pechino. Tornato Trump alla Casa Bianca, si può dire che americani e sauditi abbiano ripreso a marciare in sintonia. Così, quando un paio di giorni fa il Segretario di Stato Marco Rubio e il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, si sono incontrati a Riad per un vertice di pace sull’Ucraina, in molti hanno pensato che probabilmente fosse proprio quello il posto giusto.
Rubio, subito dopo la fine della conferenza, ha dichiarato che «l’Arabia Saudita ha svolto un ruolo indispensabile nel riunire Mosca e Washington per i colloqui. Siamo molto grati per la partnership che abbiamo con loro su una serie di questioni – ha aggiunto – e questa è una di quelle. Credo che continueranno a essere utili in qualsiasi modo possibile». Ancora più esplicito è stato lo stesso Presidente Donald Trump, quando ha addirittura annunciato che si vedrà presto con Putin, proprio in Arabia Saudita. Tra le altre cose, secondo quanto è trapelato dalle segrete stanze, nei colloqui ad alto livello tra le delegazioni non si è discusso solo di guerra, ma anche di molti altri argomenti e, pare, addirittura di come migliorare le stesse relazioni diplomatiche tra le due superpotenze. Più nel dettaglio, parlando al World Economic Forum, Trump ha chiarito alcuni dei veri motivi ispiratori della sua particolare attenzione per l’Arabia Saudita.
Il presidente Usa ha detto, con disarmante (e apparente) spontaneità, «di avere fatto pressione sul principe ereditario, Mohammed bin Salman, perché aumenti il suo programma di investimenti di 600 miliardi di dollari, pianificati negli Stati Uniti, portandoli fino a circa 1 trilione di dollari». Ma non è solo questa, di certo, l’unica richiesta che il nuovo inquilino della Casa Bianca rivolge al regno hascemita. La diplomazia trumpiana ha il suo perno nella cointeressenza commerciale che, secondo il tycoon, supera qualsiasi contrapposizione dottrinaria, religiosa e politica. Dunque, prosegue Trump, «chiederò anche all’Arabia Saudita e all’OPEC di abbassare il costo del petrolio. Devono abbassarlo. Se il prezzo scendesse, la guerra tra Russia e Ucraina finirebbe immediatamente. In questo momento, il prezzo è abbastanza alto da far sì che quella guerra continui. Devono abbassare il prezzo del petrolio. Porranno fine a quella guerra, una cosa che avrebbero dovuto fare molto tempo fa, perché in realtà si stanno perdendo milioni di vite».
Prezzo minore significa maggiore produzione di petrolio. Energia fossile a buon mercato per far girare, a pieno regime, le industrie del pianeta. E pazienza se, secondo il Trump-pensiero, i veri dazi da pagare saranno quelli di un inquinamento atmosferico che si taglierà col coltello. Il piano, che parafrasando altri slogan trumpiani, potremmo definire «pollute-baby-pollute» (cioè, ‘inquina pure, mio caro’), ha come obiettivo finale il congelamento dei prezzi e l’abbassamento dei tassi di interesse. Questo, sulla carta ovviamente, perché la verifica dei fatti sarà tutta un’altra storia.
Esiste, inoltre, con l’Arabia Saudita un potenziale conflitto/coincidenza di interessi della famiglia di Trump e la sua omonima società immobiliare. Come scrive il think tank al-Monitor, «I Trump hanno stretto nuovi legami commerciali con l’Arabia Saudita durante i quattro anni in cui Donald è stato fuori dalla Casa Bianca. Nel 2021, suo genero ed ex consigliere della Casa Bianca, Jared Kushner, ha ottenuto un investimento di 2 miliardi di dollari per la sua società di private equity dal fondo sovrano controllato dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Nel 2024 – aggiunge al Monitor – la Trump Organization ha annunciato piani per costruire torri con il marchio Trump a Riad e nella città costiera saudita di Jeddah. La ‘LIV Golf’, finanziata dall’Arabia Saudita, paga anche la famiglia Trump per usare il suo resort di golf vicino a Miami e vi terrà un torneo ad aprile».
Ma forse il giudizio più incisivo sul rapporto tra la nuova Casa Bianca e i sauditi lo dà Bruce Riedel, ex analista di spicco del Medio Oriente presso la Cia e ora alla Brookings Institution: «L’Amministrazione Trump la prima volta, e ancora di più la seconda, vede l’Arabia Saudita come il Paese più importante in Medio Oriente, a parte Israele, per gli interessi degli Stati Uniti. Penso – ha concluso – che vogliano anche lusingare i sauditi, facendogli sentire che sono il centro dell’Universo».