
«In questo scenario, il ruolo delle banche italiane nel finanziamento dell’industria degli armamenti diventa sempre più rilevante, tanto da richiedere un monitoraggio costante», la denuncia e l’obiettivo di ‘ZeroArmi’, un’iniziativa che punta a fare chiarezza sulle relazioni tra gli istituti di credito italiani e il settore militare, fornendo ai risparmiatori strumenti per comprendere dove finiscono i loro soldi, come riferisce Giuseppe Gagliano su InsideOver.
Il progetto è stato sviluppato dalla Fondazione Finanza Etica in collaborazione con la Rete Italiana Pace e Disarmo, in un momento in cui la trasparenza finanziaria è messa a rischio da una proposta governativa di revisione della Legge 185/1990 in vigore da oltre trent’anni, che potrebbe ridurre l’obbligo per le banche di rendere pubbliche le operazioni legate all’export di armi. Le norme e le procedure che lo hanno regolato negli ultimi decenni sono state di grande importanza e hanno ispirato anche diverse regolamentazioni internazionali, ma se le modifiche alla legge già approvate dal Senato verranno confermate dalla Camera si avrà uno svuotamento della norma e delle sue prerogative più preziose, è l’accusa.
ZeroArmi ha analizzato le principali banche italiane attraverso una valutazione che tiene conto di finanziamenti diretti, partecipazioni azionarie e supporto logistico all’export di armamenti. I risultati sono eloquenti: ‘Banca Etica’ si conferma l’unico istituto con un coinvolgimento nullo nel settore militare, mentre Intesa Sanpaolo e Unicredit risultano le più esposte, con un coinvolgimento significativo, importante. Banca Popolare di Sondrio si colloca nella fascia alta del coinvolgimento moderato, mentre istituti come Banco BPM, BPER, Cassa Centrale Banca e Cassa Depositi e Prestiti presentano livelli più bassi di rapporti con il comparto bellico.
L’analisi di ZeroArmi offre un quadro molto più articolato rispetto alle precedenti classificazioni, ‘spesso eccessivamente semplicistiche’, sec0ndo Giuseppe Gagliano, permettendo di distinguere tra i diversi livelli di coinvolgimento. Il risultato è che «le banche che hanno scelto di interagire in modo trasparente con il modello di valutazione hanno, in alcuni casi, migliorato il loro posizionamento, dimostrando che il confronto aperto può portare a maggiore responsabilità nelle scelte strategiche». Ma la trasparenza nel settore finanziario, ora è in pericolo. Ostacolando il monitoraggio da parte di cittadini e organizzazioni sarà impossibile distinguere tra le banche in base al loro grado di coinvolgimento nell’industria bellica, lasciando che il settore finanziario continui a muoversi nell’ombra.
In un contesto in cui le spese militari stanno diventando la priorità per i Governi europei, spesso a scapito di investimenti in settori di ben maggiore interesse sociale, diventa fondamentale che i risparmiatori siano consapevoli di dove finiscono i loro soldi, insiste Gagliano. «Perché ogni conto corrente, ogni investimento, ogni prestito concesso da una banca può contribuire, direttamente o indirettamente, a finanziare la produzione e l’esportazione di armi. E sapere chi fa cosa non è solo una questione di etica, ma di trasparenza e responsabilità».