
Al centro della scena politica cinese degli ultimi giorni l’incontro avvenuto nella Grande Sala del Popolo tra la nomenclatura di Pechino e gli imprenditori privati cinesi delle maggiori aziende tecnologiche. Le immagini mostrano il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, e Wang Chuanfu di BYD, seduti proprio di fronte a Xi Jinping: sono i posti d’onore riservati ai campioni nazionali nei veicoli elettrici e nello sviluppo di chip. Segue un’altro fila di imprenditori delle tech tra cui Liang Wenfeng, il guru di Deepseek, ma soprattutto lo storico fondatore di Alibaba, Jack Ma.
E’ proprio la presenza di Jack Ma che segna il cambio di strategia da parte di Xi. Il presidente cinese in questi anni aveva ammonito l’impresa privata con pronunciamenti contro la «crescita disordinata del capitale», la speculazione, le posizioni dominanti; ha ordinato ai suoi tecnocrati di circondare i gruppi tecnologici con direttive e regolamenti che ne hanno limitato lo sviluppo ( l’esatto contrario di ciò che è avvenuto in Usa). Il colpo più duro lo aveva subito Alibaba e il suo fondatore Jack Ma che aveva accusato pubblicamente il sistema finanziario di Pechino di agire «come un vecchio banco dei pegni» che soffocava la creatività e l’innovazione industriale. Ora Jack Ma è ricomparso per la prima volta dopo quattro anni, in un contesto di grande rilievo istituzionale e questo è da considerarsi un primo grande segnale.
Xi Jinping lo afferma così: « Il viaggio nella nuova era ha fornito nuove opportunità e maggiore spazio per lo sviluppo del settore privato». Ha poi esortato a smantellare con risolutezza gli ostacoli che impediscono alle imprese di accedere in modo equo ai fattori di produzione e di competere equamente sul mercato. E via di seguito con proclami e promesse degne di un liberale dell’ultima ora.
Ma torniamo alla strategia dell’acqua che , in questo caso, scava la roccia. Nelle sue diverse fasi di sviluppo l’economia cinese è avanzata superando gli ostacoli che di volta in volta il mercato e la geopolitica hanno posto per limitarne le aspirazioni dominanti. Oggi lo scontro si gioca sul terreno dell’innovazione tecnologica e il segnale che ha mandato Xi è quello di una grande capacità di adattamento. Prendiamo la guerra dei chip dove si prospetta quanto successo con le auto. Quando il governo cinese capì che sul motore endotermico era troppo indietro rispetto ai modelli concorrenti, ha scelto di buttarsi sui veicoli elettrici e ha sbaragliato sul mercato.
Ora, con il bando ai microprocessori evoluti imposto dagli Stati Uniti, per colmare il ritardo Pechino sta puntando, non sulle fonderie dei chip (il sistema produttivo principale), ma sulla fotonica, che usa le leggi della luce e della quantistica. Basta guardare alle pubblicazioni scientifiche sul tema, che sono quasi esclusivamente di ricercatori cinesi. Un segnale che la comunità scientifica internazionale considera come un possibile punto dove la strategia cinese potrebbe diventare vincente , avviando quindi la fase finale per la supremazia economica.
I segnali di un cambio di strategia sul settore dell’industria privata vanno quindi di pari passo a quelli della politica. Non a caso i titoloni del Global Times che sono seguiti all’annuncio dell’apertura di Xi agli innovatori locali, invitano l’Europa a «unirsi alla Repubblica Popolare per scrivere una nuova pagina nella creazione di un mondo multipolare ». Partendo dalla recente Conferenza di Monaco, dove il ministro degli Esteri Wang Yi con la consueta tecnica melliflua e tagliente, ha dichiarato: « Da anni alcuni continuano a dire che la Cina sta cercando di cambiare l’ordine mondiale e vuole dar vita a un nuovo sistema… ora c’è un Paese che si ritira da trattati e organizzazioni internazionali, mentre la Repubblica popolare cresce all’interno dell’ordine esistente».