
Durante la campagna elettorale Trump aveva messo l’inflazione al centro delle principali preoccupazioni degli elettori. Lo ricordiamo tutti mentre martellava sugli aumenti dei generi alimentari e posava in foto con uova, farina e corn flakes per attaccare l’inflazionista Biden. Ebbene, Bloomberg segnala che ora sono proprio quelle uova a ritornare, questa volta sulla scrivania della stanza ovale. Alla borsa di Chicago, la più grande al mondo per i prodotti agricoli, il loro prezzo è salito a +15% sul mese precedente e +55% sull’anno precedente.
L’uovo di Trump indica un trend inflazionistico negativo: l’indice dei prezzi al consumo a gennaio è aumentato ai massimi dall’agosto 2023, guidato da una serie di spese domestiche come i generi alimentari, appunto, ma anche gas e costi delle abitazioni. Anche l’inflazione depurata delle componenti cibo e benzina, segna una fiammata a +3,3% annuo rispetto al +3,1% atteso. E’ il maggiore aumento mensile da aprile 2023.
Dati non ancora allarmanti, ma di cui un’amministrazione dovrebbe prendere nota, in tempi normali. Come normale è la dichiarazione del presidente della Fed Jerome Powell, il quale ha rimarcato che non c’è fretta di tagliare i tassi come invece vorrebbe il nuovo presidente degli Stati Uniti. Ma poiché i tempi non sono certamente normali è lecito chiedersi se potrebbe essere la Banca centrale il prossimo obbiettivo del repulisti trumpiano.
La crescita dell’inflazione in tutti i settori ha disatteso le aspettative anche degli investitori che invece cercavano rassicurazioni. Il rendimento dei titoli di Stato a 10 anni si è spinto nuovamente oltre il 4,6%. Altra brutta notizia per il debito pubblico. Secondo i principali analisti, per tenere a bada l’inflazione e tutelare il potere d’acquisto degli americani, i tassi potrebbero restare fermi per tutto il 2025. Ma a questo Trump ha già risposto sul suo social Truth «I tassi di interesse dovrebbero essere abbassati, cosa che andrebbe di pari passo con i prossimi dazi».
Cosa c’è da aspettarsi da queste affermazioni bizzarre e provocatorie della Trumponomics? Un continuo cambio di quel termine, anch’esso inflazionato, che in politica si chiama narrazione. Trump ha l’obbiettivo che la gente guardi altrove dalle teorie economiche e avrà necessità di creare nemici e colpevoli dell’aumento dei prezzi nel caso l’inflazione continui a salire. Salvo distrazione e disinformazione come strumenti di politica economica.
La narrazione della Casa Bianca in coabitazione con Musk è incentrata su Strumenti che non sono nuovi nel populismo, anche di casa nostra. Ad esempio lo sbandierato successo dell’economia italiana al primo posto in Europa, con la produzione industriale in calo da 23 mesi consecutivi. Oppure la retorica della crescita occupazionale, ma con i salari più bassi della UE. Nulla in confronto all’«Età dell’oro» scritta nel copione dell’epopea economica di Donald Trump. Un racconto in cui la minaccia dell’inflazione potrebbe però rimescolare personaggi e autori.