L’intelligenza cinese DeepSeek, risposta Tech Usa, Europa campo di battaglia

Intelligenza artificiale. Dopo la bomba DeepSeek che ha messo a sconquasso la Silicon Valley le aziende americane lanciano una controffensiva sia commerciale che geopolitica. ‘Open Ai’ ha annunciato il prossimo sistema “Operator”, per migliorare le capacità dei loro modelli. Google ha presentato “Flash 2.0”, che, secondo alcuni rapporti, supera le prestazioni di DeepSeek e OpenAI. In particolare i nuovi algoritmi -e questa non è una buona notizia-, strumenti di sorveglianza e sviluppo di armamenti.

L’Intelligenza artificiale della piccola Europa?

Ma cosa riservano a noi europei questi sfrenati rilanci della tecnologia? Una prima risposta dopveva uscire  dal “Vertice per l ‘azione sull’intelligenza artificiale”, che il 10 e 11 febbraio ha portato a Parigi capi di Stato e guru del settore (compresi Musk e Altman). Schiacciata tra Usa e Cina, l’Europa tenta un rilancio del proprio ruolo a partire dalla  base politica su cui poggia l’Intelligenza Artificiale: diritti e tutela dei cittadini, futuro del lavoro.

Macron, l’orgoglio Ue ma solo dollari americani

L’iniziativa fortemente voluta da Macron rischia però di essere velleitaria perché se da un lato si sbandierà la bandiera del diritto e quindi della regolamentazione, dall’altra a Parigi arriveranno i più grandi investitori internazionali del settore e di cui l’Europa ha disperato bisogno. Amazon ha annunciato un investimento di 9,5 miliardi di euro per nuovi data center nel Regno Unito. Microsoft ha destinato 4 miliardi di euro a data center e formazione AI in Francia e in Italia. Amazon investirà 15,7 miliardi di euro per ampliare le infrastrutture nella regione spagnola di Aragona. Occorre costruire decine di data center, enormi fabbriche energivore, e ciò solleverà importanti questioni legate alla sostenibilità ambientale, considerando l’elevato consumo energetico e l’impatto climatico associato a queste infrastrutture.

Soldi delle Tech americane e ogniuno per se

L’altro punto vulnerabile del progetto europeo è relativo alle capacità d’investimento. Secondo Alessandro Aresu, economista e autore di “Geopolitica dell’intelligenza artificiale”, le Big Tech americane non hanno più bisogno delle banche, sono talmente liquide che la loro capacità di autofinanziamento appare illimitata. Senza unione finanziaria il rischio che i membri della Ue  procedano con accordi bilaterali è assai probabile.

Sulla questione della tutela e diritti

L’UE predica bene e razzola male. Se su DeepSeek è ancora da chiarire il ruolo dello Stato cinese sull’utilizzo dei dati, ciò dimostra come l’Europa avesse fatto bene a impostare regole che permettano ad aziende e cittadini di avere qualche scudo protettivo. Nei fatti, però, i dati dei cittadini europei sono già stati massicciamente trasferiti agli oligopoli d’oltreoceano. Dai circuiti finanziari ai social media. Per non dire di infrastrutture strategiche di singoli paesi come l’Italia che ha consegnato al fondo americano KKR l’intera rete Tim e della questione aperta nel settore della difesa con  la Starlink di Elon Musk.

‘Open source’, software liberi e meno costosi

A Parigi si è discusso anche di “open source”, software liberi e meno costosi.  I costi ridotti delle applicazioni cinesi hanno rimesso in discussione i modelli tracciati dalle aziende Usa. Un fattore centrale anche per l’industria europea. Grandi esperti e imprenditori come Marco Trombetti, fondatore di Translated, valutano che installare programmi di IA in un’azienda dagli iniziali 2 milioni scenderà a 100/200 mila euro. Ritorna quindi il fattore economico. I cinesi sono meno cari e altrettanto performanti, mentre gli americani hanno accesso al mercato europeo sulla base di una relazione consolidata e dominante. E’ bene ricordare che le aziende Usa detengono un vantaggio competitivo che esclude benefici economici per l’Europa. Sul piatto ci sono elementi strategici come la sicurezza e la capacità d’investimento.

Parigi e i pontieri filo trumpiani

Il vertice di Parigi non sarà probabilmente uno di quelli che passeranno alla storia, ma potrebbe evidenziare maggiormente la divisione all’interno degli Stati membri dell’Unione. Troppi elementi, incluse le iniziative dei pontieri filo-Trumpiani,  lasciano intravedere l’esito della partita a favore della IA made in Usa. Se la sensazione di onnipotenza dei vari oligarchi del web deriva dalla possibilità illimitata di comprarsi la politica americana, tutto lascia supporre che possa accadere anche con quella europea.

La Manica più larga dell’Atlantico

Il summit sull’intelligenza artificiale si è chiuso con una dichiarazione sottoscritta da Europa, India e Cina ma non da Stati Uniti e Regno Unito, e un’ingentissima quantità di denari mobilitata per spostare al di qua dell’Atlantico il baricentro del settore. Per il padrone di casa Macron e il suo co-presidente del summit, l’indiano Modi, ha ricordato al mondo – presenti tutti i leader o quasi – che la competizione sull’intelligenza artificiale non sarà limitata a Stati Uniti e Cina.

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