Kosovo prigioniero della guerra anti serba

Nei Balcani le ‘vittorie a metà’ sono le sconfitte più amare. Il Partito del premier uscente Albin Curti, vince le elezioni ma perde la maggioranza, ed ora dovrà andare a mercanteggiare con altri partiti una non facile maggioranza. Peggio, tra simili umiliazioni, quel 10 per cento in meno di voti soprattutto giovani che segnano la sua sconfitta di fatto, valutano gli analisti locali.

Kurti, professionista della provocazione

Non più da solo contro tutti, come tutto il suo lungo percorso politico, da quando, incontrato e sentito più volte nella Pristina della guerra del prima e del dopo Milosevic, lui giovanissimo professionista della provocazione (da allora e sempre), rischiava di più dall’Uck guerrigliera della vittoria a bombe Nato, che dagli odiati serbi sconfitti che lui voleva prima umiliare e poi scacciare. L’Ansa continua ad attribuirgli l’appellativo di ‘nazionalista di sinistra’ con nostro stupore di suoi antichi frequentatori, e qualcuno ripesca un rubato ‘Che Guevara’ con cui aveva cercato di ammantarsi.

L’Isolamento internazionale

L’Albin Curti che vediamo oggi, ci appare quello della disillusione, del non voto (mancano i dati finali comunque bassissimi, sotto il 50%), della disoccupazione endemica e della emigrazione costretta -parliamo di 2 milioni di persone-, con i pochi serbi rimasti come paria e un Kosovo isolato mai come prima oggi. Sconcerto per le critiche prima del voto dell’ex inviato degli Stati Uniti per il Kosovo e la Serbia, Richard Grenell, recentemente nominato inviato speciale di Trump per le missioni speciali. Mentre Albin Kurti insisteva con la ‘Grande Albania’ con Edi Rama e vantava «relazioni del Kosovo con Washington al loro miglior livello di sempre». Parole di Kurti bruciate dal rappresentante Usa come «deliranti».

Serbi: dopo le bombe Nato una speranza

Per il Kosovo e la sua maggioranza albanese, le relazioni con gli Stati Uniti sono state vitali sin dall’intervento della Nato nel 1999 nella guerra contro la Serbia di Milošević. Nella capitale Pristina si susseguono viali e monumenti dedicati alle figure di spicco dell’amministrazione Clinton che decisero l’intervento contro la Serbia. E gli attuali cattivi rapporti sarebbe una perdita politica per il discusso leader politico albanese kosovaro, soprattutto mentre le tensioni etniche con la comunità serba e la Serbia si stanno acuendo e la crisi economica sta provocando un crescente risentimento contro il governo in carica. Ed ecco che nella parte serba di Mitrovica si spera in una nuova stagione di buone relazioni con gli Usa, non fosse altro che per ripicca con le posizioni precedenti. La ricerca reale di soluzioni. Di fatto in questi decenni di molta Eulex e pochi fatti concreti. Belgrado e Pristina non hanno attuato gli accordi di Bruxelles siglati nel 2013. La Serbia con il riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente. Pristina nel concedere ai serbi che vivono in Kosovo il diritto di creare un’associazione di comuni serbi con un certo grado di autonomia.

Provocazioni kosovaro albanesi a catena

Dopo un periodo di apparente tranquillità e nel silenzio della maggior parte dei media europei, nel mese di agosto sono riesplose le tensioni nel nord del Kosovo tra la popolazione serba, la maggioranza nella cittadina settentrionale di Mitrovica e il governo kosovaro che prosegue le provocazioni contro la minoranza etnica del Paese. Tensioni riesplose quando Kurti ha deciso il 5 agosto di chiudere nove filiali delle Poste di Serbia in Kosovo. Reazione dell’Unione europea: «Un passo unilaterale che viola gli accordi raggiunti». Pensiamo al pagamento delle pensioni per gli anziani serbi, a livello di pura sopravvivenza». Infine la riapertura forzata del ponte sul fiume Ibar che taglia in due la città di Mitrovica separando la minoranza serbo-ortodossa dalla maggioranza albanese-musulmana.

Quel ponte sull’Ibar

«La chiusura di questo ponte ha salvato la coesistenza in Kosovo e il concetto politico (di convivenza tra serbi e albanesi) per il quale la Serbia è stata bombardata per 78 giorni. Questo ponte sul fiume Ibar ha fermato la pulizia etnica del 1999 e del 2000», denuncia Nikola Kabasic, ex giudice dimessosi nel novembre 2022 insieme ad altri funzionari serbi. La decisione di Pristina ha suscitato nuove polemiche tra il Kosovo e i suoi alleati occidentali: USA, Ue e NATO.

Tags: Kosovo Serbia
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