La nuova dottrina americana anche sull’Iran

Cresce la tensione tra Stati Uniti e Iran. La strategia del ‘bastone e della carota’, che sembra il modello della nuova dottrina Trump in politica estera, si sta rivelando una lotteria. L’ibrido miscuglio di accennate offerte e aperte minacce del Presidente Usa sta solo complicando il lavoro sottotraccia degli sherpa diplomatici, che cercano di ricucire quello che Donald distrugge. Perché l’Iran reagisce e risponde per le rime.

La Teocrazia persiana un osso duro

Il gioco di Trump può benissimo ritorcersi contro di lui: dipende dagli interlocutori a cui si rivolge. Nel caso specifico, la teocrazia persiana è un osso duro da rosicare. E l’estrema complessità degli equilibri di potere interni al regime, ne rende qualsiasi reazione difficilmente prevedibile. Dunque, quali sono le ultime novità e perché la Casa Bianca è partita all’assalto, senza preoccuparsi dei possibili «danni collaterali»?

National Security Presidential Memorandum

Il Presidente degli Stati Uniti ha firmato una nuova e severa disposizione contro Teheran, denominata National Security Presidential Memorandum. Il documento impone alle agenzie federali Usa di ripristinare la loro «politica di massima pressione» sull’Iran, per bloccare la sua escalation nel settore nucleare e frenarne l’espansionismo regionale. Contemporaneamente, però, Trump si dice pronto a riprendere i negoziati, facendo capire che se l’Iran accettasse le condizioni poste dagli americani ne avrebbe tangibili vantaggi. A cominciare, si pensa, da un sensibile alleggerimento delle sanzioni economiche.

Meno nucleare e meno sanzioni?

Ma anche in questo campo, la Casa Bianca si nuove in maniera ondivaga, dato che le penalizzazioni commerciali sono state aggravate. In modo particolare, è stato ulteriormente sanzionato l’export di greggio iraniano verso la Cina. Tuttavia, va osservato che la presa di posizione più dura della Casa Bianca non è stata estemporanea, ma segue alcune «laboriose riflessioni», fatte anche alla luce delle ultime presunte rivelazioni dell’Intelligence a stelle e strisce (forse imboccata dallo stesso Mossad). Come ha riportato pochi giorni fa il New York Times, secondo attuali ed ex funzionari americani, «nuove informazioni di intelligence sul programma nucleare iraniano hanno convinto gli Usa che un team segreto di scienziati del Paese sciita sta studiando un approccio più rapido, seppur rudimentale, per sviluppare un’arma atomica, qualora la sua leadership decidesse di ricorrere alla bomba»

Israele e l’atomica iraniana

Insomma, come nel Gioco dell’oca, la diplomazia tira i dadi e poi torna sempre al punto di partenza, cioè al rischio concreto (e intollerabile per Israele) che l’Iran si costruisca l’Atomica. Sarebbe un evento capace di sconvolgere di colpo tutti i fragili equilibri geopolitici esistenti in un’immensa regione, che va dal Medio Oriente al Golfo Persico. Il ‘Times’ sostiene che le informazioni, sulla corsa all’arricchimento dell’uranio da parte iraniana, sono state raccolte dall’Amministrazione Biden e passate al team di transizione repubblicano. Che adesso le sta usando. Il problema vero è però quello di leggere ciò che avviene veramente dentro gli ingranaggi del potere, ai vertici della teocrazia islamica persiana. L’atavico confronto tra ‘intransigenti’ e ‘moderati’ rende difficile intuire quale piega potranno prendere gli eventi. Sicuramente, l’ordine dato agli scienziati di accelerare i tempi, per preparare un piano alternativo in grado di realizzare 4 ordigni atomici nel giro di un paio di mesi (come riporta il New York Times) indica la possibilità che il regime possa scegliere la via dello scontro.

‘Disonorevole negoziare con certe persone’

Tutto questo anche se Alì Khamenei non ha mai esplicitamente ordinato la costruzione dell’Atomica e benché lo stesso Presidente Pezeshkian sia un aperto sostenitore dell’«ala trattativista». Detto questo, però, occorre sottolineare che la replica iraniana, alla massiccia offensiva di Trump, per ora solo verbale, è stata immediata e suona come un’aperta sfida. Il tono e i contenuti della risposta vanno considerati con la massima cautela, vista anche la fonte dalla quale arrivano. Venerdì, proprio la Guida suprema, l’ayatollah Alì Khamenei, ha dichiarato che a suo parere non ci dovrebbe essere alcun negoziato con gli Stati Uniti. «Non dovreste negoziare con un governo del genere, non è saggio, non è intelligente, non è onorevole negoziare». E ha aggiunto che «quello che è al potere ora (cioè, Trump n.d.r.) ha stracciato il trattato che c’era in precedenza».

L’Iran sulla via marittima del petrolio

Poi, il salto di qualità nel ‘sermone’ della Guida suprema ha ricordato a tutti che l’Iran, che di fatto controlla lo Stretto di Hormuz (e quindi il 35% del traffico petrolifero mondiale) è un avversario che va preso con le molle. «Se ci minacciano – ha detto Khamenei – noi minacceremo loro. Se loro mettono in atto questa minaccia, noi metteremo in atto la nostra minaccia. Se attaccano la sicurezza della nostra nazione, noi attaccheremo la loro sicurezza, senza esitazione». Come Trump, ‘bastone e carota’. Solo che, alla fine, bisognerà vedere a chi resterà in mano il bastone e a chi andrà di traverso la carota.

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