‘Chi si loda si imbroda’ e Trump esagera sempre

‘The Art of the Deal’ , ovvero l’arte della trattativa, l’autocebrazione commissionata  a terzi dall’immobiliarista Donald Trump che contraddice ogni suo atto già dalle prime settimane di presidenza. Pubblicato una prima volta nel 1987, ritorna ad ogni partita politica, tra vanità e bugie. Letteratura modello «Diventa ricco in 7 mosse»,  oppure «Leader in un giorno», e paccotiglia simile.

Allora neoliberismo e globalizzazione. Ora?

Sono gli anni dell’avanzata del neo-liberismo e della globalizzazione. L’economia abbandona la sua funzione di scienza sociale rivolta all’uomo e al suo legame diretto con l’economia reale, virando verso la finanza che, nata come supporto all’attività di produzione, diviene invece il fulcro o l’affossatore del sistema. Quello di Trump non fu che uno dei tanti manuali dell’epoca, contenente  un elenco di banalità come «pensa in grande, fai del tuo meglio, conosci il tuo mercato, porta i risultati…».  Ma la parte più originale del libro riguarda la descrizione di alcuni casi pratici in cui la spregiudicatezza del magnate newyorkese viene portata a modello.

Prima la finanza e poi la ‘politica creativa’

C’è la storia di un affare in cui Trump frega pure il padre (ripreso anche nel recente film The Apprentice) , oppure il racconto del primo grande incontro/affare con la politica, per la costruzione del Hyatt Hotel di Manahattan. Sono storie di affari ‘fatti a leva’, ovvero accedendo al credito e riutilizzandolo mediante una finanza cosiddetta creativa, comprendente l’abilità di scommettere e magari di truccare il banco. Nuove regole del gioco che da allora in poi diventerà sistema, nel settore privato, ma anche nei conti pubblici degli Stati che accumulano debiti giganteschi (si pensi alle italiche cartolarizzazioni).

Il mondo degli affari voraci

Il mondo degli affari è cambiato e il settore finanziario diventa vorace di progetti per il futuro. Pensare in grande e rendere quel futuro radioso è una specialità, tradizionalmente ad appannaggio degli immobiliaristi che vanno da Manahattan a Milano 2. Sapere come fare gli affari si confonde con l’arte della spregiudicatezza, dei bluff e della manipolazione. Da che mondo è mondo, dirà qualcuno…Ma in una decina d’anni l’opinione pubblica arriverà ad interiorizzare il nuovo sistema al punto di venirne sedotta. Il confine tra affari e politica si è assottigliato e così arriviamo alle discese in campo e al Trump presidente Usa.

Il labile confine tra affari e politica

Il messaggio che deve passare è che quando il gioco si fa duro devono entrare in campo i duri. L’arte della trattativa prevede di saper batter i pugni sul tavolo. Che cos’è , d’altronde, la guerra commerciale se non il gradino precedente alla guerra armata? Le prime mosse sulla politica dei dazi di Trump sono a dimostrare che essa non è tanto deputata all’ottenimento di risultati economici, quanto a mettere pressione sui Paesi ‘attenzionati’. Le trattative nei mercati difficili prevedono anche di  generare scompiglio. Ed ecco il grottesco bluff dell’immobiliarista che progetta i resort a Gaza.  Dichiarazioni assurde e da non prendere sul serio se non fossero quelle del rappresentante della maggiore potenza mondiale. Termini e parole che rivelano e definiscono il degrado del discorso pubblico e politico che sostiene un sistema economico.

Consenso democratico e partecipazione

Tra politica e affari resiste il fattore distintivo del consenso democratico, fintanto che la partecipazione tiene. Il consenso è una regola che nel suo libro Trump adatta anche al mercato, laddove nell’ultimo capitolo afferma: «Non puoi fregare le persone per sempre: se hai creato interesse ed entusiasmo allora devi far seguire risultati concreti, altrimenti non andrai molto avanti nel mondo degli affari».  Sostituendo la parola affari con politica, emerge quindi il fattore tempo, la chiave di tutto nel raggiungimento dei risultati. La scadenza più vicina è quella delle elezioni di  mid-term nel 2026 che potranno fornire una prima risposta.

Perché Trump avrà bisogno di negoziare innanzitutto all’interno del sistema americano, di quel Deep State che  ha ridimensionato i suoi primi ordini esecutivi, sospendoli come con Tik Tok o il blocco degli aiuti esterni  oppure impedendone l’attuazione come per lo jus soli. Anche l’adesione al piano di tagli alla pubblica amministrazione ha finora raccolto a un misero 2% di adesioni.

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