
«Le indagini antitrust sulle grandi aziende tecnologiche statunitensi potrebbero portare a sanzioni commisurate ai ricavi globali delle aziende stesse o alla perdita di un accesso al mercato in uno dei loro maggiori mercati internazionali», avverte il Financial Times. E i colpi in arrivo puntano su Intel, Nvidia e Google. Con dettagliati conto in tasca, sapendo chi, come dove colpire a fare più male.
Google, che non opera come motore di ricerca in Cina, ma trae profitto dalla Repubblica Popolare per le inserzioni pubblicitarie delle sue aziende sulle pagine Alphabet. Nvidia genera un quarto del suo fatturato in Cina e ha subito di recente i limiti all’export dell’amministrazione Biden per le schede grafiche da lei progettate e una prima indagine concorrenziale a Pechino. Intel, che viene da un 2024 di grande sofferenza, potrebbe essere l’azienda più colpita avverte il Ft, «perché la Cina è il suo più grande mercato, con vendite per 15,5 miliardi di dollari nel 2024, pari al 29% del suo fatturato globale».
La mossa della Cina comprende anche la stretta sulle forniture di metalli strategici prospettata da Pechino verso Washington, che continua a dipendere dal Dragone in diverse filiere strategiche. La Repubblica Popolare ha scelto di non andare al braccio di ferro commerciale mostrando di aver molte carte da giocare e scoprendo prima l’uso geopolitico del diritto e delle regole di concorrenza, rispetto all’escalation sanzionatoria.
In epoca di “capitalismo politico” e di compressione delle logiche del mercato di fronte a esigenze della sicurezza nazionale non sono gli Usa di Trump a fare scuola. Anche la Cina sa dove colpire. E questo Trump e i colossi del Big Tech sempre più vicini a lui lo devono tenere a mente.