Trump e la Cina nell’Anno del Serpente

Il presidente americano ha parlato al telefono con Xi Jinping, ha salvato il social network cinese TikTok e, soprattutto, ha ricevuto la pessima sorpresa di ‘DeepSeek’, l’intelligenza artificiale cinese che ha sbaragliato il modello americano, campanello d’allarme di cosa uno scontro aperto con Pechino potrebbe riservare. Ma tutto questo non costituisce ancora una politica. L’ondivago Trump nell’anno cinese del Serpente, mentre nelle Filippine qualcuno trema.

Sorrisi, minacce e tanta incertezza

Chiamatela pure ‘controffensiva del sorriso’. Alla vigilia delle celebrazioni per il Capodanno lunare cinese, un giovane rigattiere americano è stato eccezionale ospite d’onore della trasmissione televisiva del ‘Chunwan’. Il Festival di primavera, che ha davanti ai teleschermi la maggior parte della miliardaria audience del Paese asiatico. Grande “regista” dell’evento, l’ambasciatore cinese a Washington, Xie Feng, che ha spiegato in diretta «che chiunque mostri gentilezza verso il nostro popolo, sarà sempre ricambiato con la stessa gentilezza». Insomma, un’acrobazia un po’ ruffiana e assieme avvertimento: se da domani ci ritroveremo in guerra (commerciale) con gli Usa, ha voluto dire il diplomatico, la colpa non sarà di Pechino, perché noi ci stiamo mettendo tutta la nostra buona volontà, per migliorare i rapporti con gli americani.

‘Operazione simpatia’

L’operazione-simpatia messa in moto dal Partito comunista di Xi Jinping spiegata dal South China Morning Post di Hong Kong : «Evan Kail, proprietario di un banco dei pegni di Minneapolis, ha donato un album di fotografie che ritraevano una serie di atrocità di guerra commesse dai giapponesi, tra cui il massacro di Nanchino del 1937. Dopo la sua apparizione nello show di martedì sera – prosegue il giornale – Xie ha postato sui social un messaggio, dicendo che è fantastico vedere in mezzo a noi l’americano che ha donato alla Cina un prezioso album fotografico della Seconda guerra mondiale». Lo sforzo della dirigenza del PCC, in questo momento, è quello di creare condizioni ‘fisiologiche’ minime di dialogo con l’Amministrazione Trump, preparando però il terreno ai contraccolpi interni derivanti dall’imminente scontro sui dazi doganali.

La temuta guerra dei dazi

Una contrapposizione che avrà, inevitabilmente, ripercussioni immediate sulla qualità della vita del popolo cinese. E quindi -è questo il punto nodale-, sulle capacità di soddisfare gli obiettivi economici programmati, come recitano le regole ferree delle economie pianificate. «Fallire un piano», in un Paese comunista significa, nel migliore dei casi, bruciare una carriera politica. Una cosa che vale per tutti. Da questo punto di vista, si capiscono bene l’ansia e la preoccupazione con le quali la dirigenza cinese scruta le prime mosse del Presidente Trump. Il problema è che la sua rotta, che appare ondivaga, sta ingenerando confusione anche nella leadership di Pechino.

Il ritorno dell’ondivago imprevedibile

Verte proprio su questo tema, il pezzo di apertura del South China Morning Post di ieri, che si chiede se, con il ritorno dell’imprevedibile Presidente Usa, le relazioni tra Washington e Pechino saranno caotiche o più tranquille. Certo, a sentire le prime prese di posizione, dei componenti più autorevoli della nuova Amministrazione repubblicana, non è che le aspettative di Xi Jinping possano definirsi ottimistiche. «Il Segretario di Stato, Marco Rubio – scrive il Post – uno dei principali sostenitori al Congresso di una politica dura nei confronti della Cina, ha dichiarato: «Se continuiamo su questa strada tra meno di 10 anni praticamente tutto ciò che conta nella vita sarà legato al fatto che la Cina ce lo permetterà o meno. Tutto, dai farmaci per la pressione sanguigna che prendiamo, ai film che guardiamo, e il resto, dipenderà dalla Cina».

Cina indebolita di Biden o quella minacciosa di Trump?

Una visione che è esattamente opposta a quella espressa da Joe Biden, nel suo ultimo discorso del 13 gennaio, pochi giorni prima di lasciare la Casa Bianca. L’ex Presidente aveva sostenuto che la Cina si era indebolita, dopo quattro anni di confronto con la sua Amministrazione. E che non sarebbe mai stata in grado di scavalcare economicamente gli Stati Uniti. Ma ora Rubio ha cambiato decisamente spartito, e avverte tutti sul giro di vite che avrà la nuova politica estera americana nei confronti della Cina. Anche se, poi, bisognerà vedere fino a che punto Trump vorrà spingersi nello sfidare l’espansionismo cinese nell’lndo-Pacifico.

Le Filippine di Marcos Jr base militare Usa

Secondo gli analisti, la nuova strategia ibrida Usa nei confronti della Cina, si configura come una sorta di cocktail tra competizione e contenimento. Per esempio, «Pechino – segnala ancora il Morning Post – ha reagito duramente anche alle critiche di Rubio su quelle che ha definito «le azioni pericolose e destabilizzanti della Cina nel Mar cinese meridionale, nel contesto delle crescenti tensioni marittime tra Pechino e Manila». In una chiamata del 22 gennaio con il suo omologo filippino, Rubio ha ribadito l’impegno ferreo di Washington a difendere Manila e ha affermato che «il comportamento della Cina mina la pace e la stabilità regionale».

Trump e l’anno del serpente

Tutto questo, mentre gli americani hanno già piazzato, nelle Filippine, batterie di micidiali missili antinave ‘Typhon’. Bisogna stare attenti, dunque, dice qualche ‘mago’ di Pechino: perché potrebbe già essere il momento buono per Trump. Per lo zodiaco cinese, non a caso, questo è l’Anno del Serpente.

 

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