
Kestutis Budrys, ministro degli Esteri lituano parla di ‘nuova era per l’Europa’, e mima vecchi dittatori. Per l’Unione vista dai confini quasi artici con la Russia, la priorità alle capacità militari. E siamo oltre la pressione geopolitica a cui sono sottoposti i Paesi baltici: la militarizzazione come via per garantire sicurezza e stabilità. E la Lituania, confinante con la Russia, intende destinare tra il 5% e il 6% del PIL alla difesa fino al 2030. Una scelta con conseguenze pesanti sul piano sociale a cui certamente l’Unione sarà chiamata a supplire. Insegue l’Estonia, il cui primo ministro porta la difesa dal già considerevole 3,7% al 5%.
Percentuali che superano quelle degli Stati Uniti (3,3%), promotore, con Trump, di maggiori capacità militari europee. Anche la Polonia e la Romania si sono mosse nella stessa direzione, col blocco orientale dell’Alleanza Atlantica che di fatto cerca di ridefinire l’Europa militare modello ex Patto di Varsavia.
Tutti matti? Che sta succedendo? Cosa ci nascondono? L’Europa, che da decenni predica diplomazia e cooperazione facendoli simboli, sta imboccando la strada di una crescita boom della spesa militare come nuovo paradigma politico, il dubbio su InsideOver? E torniamo ad Orteca di ieri, con il commissario europeo alla Difesa, Andrius Kubilius, che azzarda la necessità di raggiungere una spesa del 6% del PIL. Lui veggente, prevede un attacco russo entro i prossimi cinque anni, e si prepara. Opinione d’azzardo o linea della Commissione Ue? Ursula Von der Leyen o spiega o paga dazio per i suoi ministri d’azzardo.
Il conflitto in Ucraina ha certo messo in evidenza le vulnerabilità dell’Europa, ma assieme di tutti l’Occidente e della stessa Russia rispetto alla modello di nuova guerra territoriale ma tecnologica che stiamo vedendo. Col rischio -vedi Baltico-, di alimentare il circolo vizioso delle spese militari con la marginalizzazione delle diplomazie. La Russia di Putin presentata come minaccia esistenziale, ma una corsa al riarmo europea è davvero la risposta giusta o, al contrario, non consolida un clima di insicurezza cronica?
La Nato non aiuta a ragionare. Su spinta Usa sembra pronta a rafforzare i suoi obiettivi di spesa, portandoli al 3-3,5% del PIL, rispetto al 2% attuale. Ma siamo ben lontani dalle follie baltiche del 5-6% che poi, restano irrisorie sulle dimensioni complessive del confronto. Dei 32 membri dell’Alleanza, 23 hanno raggiunto l’obiettivo del 2% nel 2024, ma alcune nazioni, tra cui Spagna, Italia e Belgio, rimangono al di sotto dell’1,5%. Questa disparità evidenzia larghe divisioni all’interno della stessa Alleanza verso una militarizzazione assurdamente marcata.
Le conseguenze di queste scelte non si limitano al piano strategico. In Paesi come Lituania ed Estonia, dove i bilanci nazionali sono già sottoposti a forti tensioni, una porzione così ampia del PIL alla difesa sacrifica investimenti in settori cruciali come l’istruzione, la sanità e il welfare. Un equilibrio precario, che potrebbe accentuare le disuguaglianze sociali alimentando malcontento interno anche tra le diverse popolazioni che li abitano. Sperando scelgano di volerne discuterne invece di accondiscendere sulla scia di paure poco veritiere
Alla fine la domanda chiave che condividiamo con Giuseppe Gagliano. «L’Europa della Commissione Von der Leyen 2 sta scegliendo la strada giusta? O il militarismo che sta emergendo finirà per legarla a una logica di scontro perpetuo, allontanandola sempre più dai principi che l’hanno definita per decenni? L’impegno di Lituania, Estonia e altri Paesi verso certe ‘Difese gigante’, potrebbe essere solo l’inizio di una trasformazione radicale della politica europea, ma le ombre che si profilano all’orizzonte non possono essere ignorate».