Imperi, le esibizioni di forza, i segni della loro fine

«The Western Roman Empire, after the defeat suffered by Valens in 378 at the hands of the Goths in the battle of Adrianople (now Edirne, Turkey), survived a century until the deposition of the last emperor Romulus Augustulus in 476 by the barbarian Odoacer».
Ci perdonino i veri latinisti della altrettanto rude traduzione anglo-americana, ma serviva al nostro ‘C’era una volta’, l’antico rivolto al moderno, all’attualità parlando di Imperi incerti.
L’impero romano d’Occidente, dopo la sconfitta subita da Valente nel 378 ad opera dei Goti nella battaglia di Adrianopoli (oggi Edirne, in Turchia), sopravvisse un secolo fino alla deposizione dell’ultimo imperatore Romolo Augusto nel 476 da parte del barbaro Odoacre.

Flavio Romolo Augustolo, cioè Piccolo Augusto

Eppure l’impero romano divenne un mito nella storia, nella cultura, nella politica e nell’arte della guerra, per non parlare della lingua latina, principale veicolo condutture di queste glorie: non stupisce dunque se molti se ne dichiararono successori, a torto o a ragione, ed altrettanti continuino a farlo. Senza dubbio una delle figure maggiori dell’impero, che ancora oggi attira l’attenzione, fu quella dell’imperatore Adriano, che però perseguì a modo suo il governo dell’impero, soprattutto rinunciando a grandiosi disegni di conquista.

Adriano: «tutorial» per aspiranti imperatori

Adriano nacque nel 76 dopo Cristo, secondo alcuni storici in Spagna e secondo altri a Roma, e fu ‘adottato’ – come era costume per garantire la successione – da Traiano, l’imperatore sotto il quale Roma raggiunse la sua massima espansione: nel 117 infine divenne imperatore. Nei vent’anni in cui resse l’impero dette prova di grande intelligenza e lungimiranza adottando tutte quelle riforme che riuscirono a mantenere in piedi la grande struttura per altri tre secoli.
La sua figura fu esaltata soprattutto nel Rinascimento, perché a parte il potere, Adriano fu anche filosofo, architetto e uomo dell’amministrazione pubblica, un modello insomma per i nuovi sovrani che non mancarono di farlo ritrarre in varie opere d’arte nelle loro corti, anche se lo scopo vero era probabilmente quello della propaganda personale. Non è un caso che uno dei più famosi romanzi del Novecento – ‘Memorie di Adriano’ di Marguerite Yourcenar – racconti in prima persona la vita di questa figura straordinaria.
Senza toni apologetici, il momento descritto fu quello del passaggio tra due mondi: la fede pagana negli antichi dei andava scemando, ma il cristianesimo non si era ancora affermato. Un passaggio che sembra ricordare quello da un vecchio ad un ‘nuovo’ ordine internazionale.

L’amministrazione e il diritto

Adriano ebbe una visione globale dell’impero e seppe armonizzare le componenti principali, per primi l’amministrazione, con il diritto che la regolava, e l’esercito. Dal punto di vista giuridico furono concesse tutele processuali anche al di fuori dei consueti ambiti: il giurista Salvo Giuliano redasse un editto per fissare i nuovi principi poi promulgato dall’imperatore.
Sottrasse il controllo dell’amministrazione all’arbitrio dei liberti, a loro volta prima nominati dagli imperatori senza regole, creando un corpo di funzionari di carriera e determinandone compiti e retribuzioni per dare un indirizzo più stabile alla gestione interna. Viaggiò inoltre per tutto l’impero, al contrario dei suoi predecessori, e soprattutto migliorò l’organizzazione delle comunicazioni, in particolare del ‘cursus publicus’, le poste pubbliche già istituite da Augusto, affidandone il controllo ad un alto funzionario da lui nominato.
In questo quadro di grande attenzione per a cosa pubblica anche la raccolta dei tributi fu regolata diversamente e ne divennero responsabili magistrati di nuova istituzione. Di questi fatti e di queste riforme si trova ampia traccia anche nell’emissione di nuove monete che rappresenta un capitolo a parte nella storia romana.

L’esercito e la difesa

Appena nominato imperatore alla morte di Traiano, impegnato in una spossante guerra contro i Parti, rinunciò alle conquiste al di là dell’Eufrate, preferendo la stabilità a inutili nuove acquisizioni territoriali, probabilmente difficili da controllare anche in caso di conquista, e con ciò inimicandosi l’establishment militare e senatoriale, anche se – con accorte elargizioni – ne riottenne appoggio e consenso.
La sua riorganizzazione dell’esercito istituì nuove formazioni militari, senza rinunciare però alla tradizionale ‘legione’ e fece si che l’esercito controllasse il territorio e non lo espandesse, mentre in parallelo si sviluppò anche un altro concetto nuovo: sorse il ‘limes’, ossia il confine. Fece costruire ai confini tra l’Inghilterra e la Scozia un muro di centodicassette chilometri, il famoso ‘vallo’, i cui resti si posso oggi ammirare nella provincia di Newcastle.
Così in Africa, per rendere più difficile il disordinato afflusso dei nomadi nel territorio dell’impero avviò la costruzione di un enorme fossato. L’imperatore filosofo sapeva tuttavia che tali accorgimenti non avrebbero impedito il flusso tra l’impero e i territori barbari, ma certamente l’avrebbero regolamentato, favorendo un maggiore controllo, a cominciare dagli scambi commerciali che dovevano avvenire vicino alle ‘porte’.
Dove purtroppo i suoi successi furono limitati, anche se dopo la situazione si normalizzò, fu nella provincia di Giudea, dove fu combattuta per tre anni una guerra sanguinosa.

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AVEVAMO DETTO

La caduta dell’Impero. Romolo Augustolo e i BRICS di allora alle porte d’occidente

 

 

 

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