
‘Stella Elon’, costellazione Trump, destra intergalattica
«È nata una stella, Elon!’: così il neoeletto presidente Donald Trump nel suo primo discorso a urne chiuse». E l’accoppiata fa paura anche nei cieli, intesi come ‘Spazio’, senza scomodare padreterno. «E se il patron di Tesla pare destinato a rifulgere come Sirio -scrive Marcello Spagnulo su Limes-, un asteroide sta per abbattersi sull’agenzia spaziale più famosa al mondo». Anche la Nasa bersaglio, come le democrazie britannica e tedesca, in attesa di ‘trumpini locali’ da portare al potere nell’Universo Elon.
Il più impegnativo e costoso manufatto dell’umanità al di fuori del pianeta Terra. Lo è dal punto di vista ingegneristico per le dimensioni e per l’ambiente extraterrestre cui è sottoposto. Ma lo è anche dal punto di vista politico, perché frutto di una collaborazione internazionale tra americani, russi, europei, canadesi e giapponesi. Grido d’orgoglio, forse uno degli ultimi, della Nasa, l’Agenzia aerospaziale americana, l’unica al mondo ad aver inviato esseri umani sulla Luna. Oggi il simbolo ancora tangibile della sua primazia è proprio la Iss.
Ci sono voluti oltre cento miliardi di dollari e 37 missioni dello Space Shuttle per assemblare la Stazione spaziale in orbita a 400 chilometri di altezza da terra. La Nasa spende tre miliardi di dollari all’anno per mantenerla operativa ma dopo più di due decenni per aria, la stazione accusa gli acciacchi dell’età e dal 2019 una piccola fuga di ossigeno. Mentre la guerra in Ucraina ha incrinato la collaborazione Usa con Mosca, partner fondamentale della Iss, anche se non tale da mettere in pericolo gli astronauti che condividono la vita a bordo.
Acciacchi pericolosi, e la Nasa ha deciso di mandare l’Iss in pensione nel 2030, ma anche la sua fine non sarà cosa tecnica da poco. Sarà riportata nell’atmosfera terrestre da uno speciale rimorchiatore spaziale, che la condurrà a frantumarsi in mille pezzi sopra il ‘Point Nemo’ – dal nome del capitano di Ventimila leghe sotto i mari –, Pacifico meridionale, a oltre 1.500 miglia da ogni terra più vicina. E chi condurrà la gloriosa Iss alla scomparsa? La SpaceX di Elon Musk, con un contratto da 850 milioni di dollari per il rimorchiatore spaziale da demolizione di ogni residua concorrenza
«Una immagine fortemente simbolica -sottolinea Marcello Spagnulo- quella del fondatore di SpaceX che accompagna verso il cimitero oceanico l’ultimo gioiello cosmico della Nasa». La definitiva «privatizzazione dello Spazio». E sarà l’imprenditore più ricco del mondo, astro nascente dell’amministrazione Trump, appena nominata al vertice del ‘Doge’ – ‘dipartimento per l’Efficienza governativa – chi a fare le pulci economiche agli enti federali come la stessa Nasa.
Da subito via la ‘vecchia Nasa’: al posto di Bill Nelson, democratico ed ex astronauta, arriva Jared Isaacman, finanziatore di SpaceX (due voli a pagamento nello Spazio a bordo dell’astronave Dragon). Gigantesco conflitto d’interesse per SpaceX che ha un suo finanziatore a capo della Nasa. Ma questi sono gli Usa dell’era Trump-Musk. «Elon, fai partire quelle navi spaziali, perché vogliamo raggiungere Marte prima della fine del mio mandato!», ha detto più volte Trump durante la campagna elettorale. Un’accelerazione elettorale estranea alle procedure rigorose Nasa.
Il programma lunare Artemis, che mezzo secolo dopo Neil Armstrong dovrebbe riportare gli americani sulla Luna, ha problemi. Artemis è in ritardo di anni, ha sforato di miliardi il budget previsto e sinora nessun astronauta è decollato da Cape Kennedy per la Luna. Elemento chiave del programma Artemis è il Gateway, una stazione spaziale che orbiterà intorno alla Luna. Costa cinque miliardi e un miliardo di manutenzione annuale. Partecipa anche l’Agenzia spaziale europea (Esa), tra cui l’Italia, che sta realizzando dei moduli che attraccheranno alla stazione. Ma anche qui, problerma di costi.
Il Jet Propulsion Laboratory di Pasadena, licenzia il 5% della forza lavoro per le cancellazioni della missione su Venere, il rover lunare Viper e il telescopio Neo Surveyor per la ricerca di asteroidi. Anche il programma Mars Sample Return per la raccolta e l’invio sulla Terra di campioni di suolo marziano è nella spirale dei ritardi e degli extracosti. Michael Griffin, ex amministratore Nasa e poi sottosegretario al Pentagono per la Ricerca, repubblicano: «Artemis è eccessivamente complesso, ha un prezzo irrealistico, ed è altamente improbabile che venga completato in modo tempestivo»
Di fatto il governo americano si affida già a SpaceX per trasportare gli astronauti sulla Iss, per fornire la connessione satellitare alle Forze armate statunitensi e a quelle ucraine (presto anche a quelle italiane), e per un veicolo d‘atterraggio lunare. Negli ultimi dieci anni la società di Musk ha avuto contratti governativi di circa 15 miliardi di dollari. E l’amministrazione Trump aumenterà questa co-dipendenza, inserendo il suo fondatore all’interno della governance americana. La Nasa governativa utilizza aziende private ma le comandava: oggi Trump vuole privatizzare le scelte sul futuro dei voli spaziali americani.
Musk sul Wall Street Journal espone il piano «di riduzioni strutturali nel governo federale». Il Washington Post, di Jeff Bezos, rivale di Musk e anche lui impegnato nella corsa spaziale, pubblica un articolo sul neo capo della potente Federal Communications Commission, Brendan Carr, apertamente sostenitore di SpaceX. Nell’incarico, il potere di decidere sulle richieste di aumentare il numero di satelliti Starlink, con Musk che ne vorrebbe 30 mila in aggiunta ai 12 mila già approvati, e abbassare le loro orbite a poco più di 300 km di altezza da terra.
Non passerà molto tempo che anche i paesi europei riceveranno da SpaceX domande per costruire torri e rampe di decollo e atterraggio delle Starship. Mario Draghi, nel suo rapporto sulla competitività europea, diagnostica una lenta agonia se non si agisce subito spendendo 800 miliardi di euro all’anno in investimenti aggiuntivi. Un intero capitolo è dedicato allo Spazio, «settore all’avanguardia nell’innovazione tecnologica e che contribuisce ai progressi più avanzati, alla resilienza e alla sicurezza delle società moderne, sia direttamente che attraverso le ricadute».
Complessità del processo decisionale e troppe istituzioni: l’Esa (22 Stati), mentre la Commissione di Bruxelles (tutti i 27 Stati) ha creato l’agenzia Euspa (Eu Agency for the Space Programme) della direzione Difesa e Spazio. Infine, le agenzie nazionali degli Stati, ognuna con un ministero Difesa che considera strategico lo Spazio ma esita -eufemismo- a collaborare con gli altri. Proposta Draghi: tagliare vincoli ‘in un contesto normativo di mercato unico’. Meno fronzoli e regole semplici ed uguali per tutti. Ma voi ci credete?
Le due più grandi aziende spaziali europee in sofferenza. Airbus Defence and Space, franco-tedesco-spagnola-, annuncia 2.500 esuberi, mentre alla franco-italiana Thales Alenia Space, ‘ristrutturazione’ dei siti francesi e belgi. Monito da ciò che sta accadendo nel settore dell’automobile dove operatori cinesi e statunitensi hanno innovato producendo nuovi veicoli ibridi ed elettrici che stanno sconvolgendo il mercato con crisi delle case automobilistiche tedesche, francesi e italiane che per decenni avevano dominato il mercato.
Le due aziende spaziali stanno discutendo di una possibile fusione con un probabile restringimento del ‘perimetro occupazionale’. Il progetto ‘Iris -Infrastructure Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite’- concorrente europeo di Starlink 25, cioè una costellazione europea da trecento satelliti per le comunicazioni sicure da lanciare in orbita entro questo decennio. L’iniziativa costerebbe tra i sei e i dodici miliardi di euro ma, con tutta probabilità, diventerà operativa quando i satelliti di Elon Musk saranno verosimilmente già dodicimila. Iris potrà competere sul mercato?
Ciò che sembra mancare all’Europa non è solo una strategia sullo spazio, ma soprattutto un ente federatore in grado di attuarla. Mentre il resto del mondo va avanti. La Cina ha una sua stazione in orbita terrestre bassa, punta a inviare astronauti sulla Luna nel decennio, stimola la crescita di aziende commerciali con finanziamenti di capitali privati e sviluppano innovativi sistemi spaziali. Ed è stata aperta alle compagnie private la base di lancio di Hainan, sinora per le missioni governative, per ospitare diversi tipi di razzi.
L’India sta costruendo una sua astronave per lanciarla entro un paio d’anni. L’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi investono sia in Artemis Usa, sia nel programma lunare sino-russo. Il Giappone spenderà più di due miliardi per una sua rete satellitare militare di comunicazioni. La Corea del Sud dispone di tecnologia missilistica spaziale anti Kim. In questo contesto è strategia vincente per l’Europa di inseguire Starlink con dieci anni di ritardo? l’Italia, terzo contributore all’Esa e seconda realtà manifatturiera, ha di fronte rischi ma anche opportunità. Od opportunità rischiose.
La nostra industria ha realizzato la metà dei moduli abitati della Iss e l’unica struttura vetrata da cui gli astronauti fotografano la Terra. Da quindici anni produce i cargo Cygnus che riforniscono la Stazione spaziale. In Europa queste capacità industriali esistono solo nel nostro paese. Resta il fatto che per la maggior parte dei decisori politici un progetto spaziale, l’idea di autonomia tecnologica e strategica europea può apparire velleitario e irrealistico. Ma il non c’è ballo solo la competitività del continente, ma quello della rilevanza geopolitica nei prossimi anni.
Stargate il progetto di Trump 2
100 miliardi di dollari di investimento per far muovere 500 miliardi in quattro anni nel settore dell’intelligenza artificiale, in una alleanza tra istituzioni e grandi multinazionali del tech. E non solo con i chiacchierati Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg. «Trum, non vuole dipendere da un solo leader tecnologico ma lasciarli ‘sbranare’ tra loro» avverte qualcuno. Elon Musk è avvertito. Militarizzare l’industria tecnologica come risposta alla corsa degli investimenti cinesi. E la nostra Europa? Ad ascoltare Ursula von der Leyen a Davos, sembrava un aggiornamento della favola di Cappuccetto rosso e del lupo cattivo.