La tempesta populista che incombe sulla Germania

La tempesta populista minaccia la Germania nelle elezioni nazionali tra un mese. La rivolta incontrollata della base elettorale tradizionalista è già esplosa nei lander orientali al voto. In Turingia, Sassonia e Meclemburgo si è già avuto un assaggio della direzione che sta prendendo l’orientamento di quasi la metà dei votanti. Lo specchio di una società che si sta estremizzando, ma non soltanto. Problemi politici e soprattutto economici molto più complessi.

Problemi politici ed economici complessi

L’analisi dei flussi elettorali dimostra l’esistenza di problemi politici e soprattutto economici molto più complessi. In sostanza, il peccato originale della Germania contemporanea è quello di essere governata da una coalizione male assortita. Il potere per il potere, insomma. Il blocco, definito significativamente ‘semaforo’, comprende socialdemocratici, Verdi e liberaldemocratici. Si tratta di partiti che hanno alle spalle scuole di pensiero abbastanza diverse su molti settori di importanza strategica per lo sviluppo del Paese. La ‘tempesta perfetta’, creata dal Covid, dalle turbolenze commerciali post-pandemiche e dalle sanzioni derivanti dalla guerra in Ucraina, ha colpito profondamente un’economia di trasformazione come quella tedesca, decisamente export-oriented. Il resto l’ha fatto l’insoddisfazione sociale susseguente, comune, per la verità, al resto dell’Europa. Il problema, però, è stato aggravato dalle peculiarità del sistema-paese tedesco e, soprattutto, dalla mancanza di una leadership forte e coesa.

‘Implosione’ del governo tedesco

Il Cancelliere Olaf Scholz, non è stato un timoniere capace di tenere la barra dritta e «il caicco teutonico ha cominciato a zigzagare, finendo per imbarcare acqua». L’analisi impietosa, fatta dal britannico Guardian, conferma la diagnosi di ‘implosione’ del governo tedesco a causa dei dissidi interni alla coalizione. «Il Cancelliere socialdemocratico uscente Olaf Scholz -scrive il quotidiano di ispirazione laburista- ha licenziato il suo Ministro delle Finanze liberale Christian Lindner, per di un’aspra disputa sul bilancio durata mesi, poi ha deliberatamente indetto un voto di fiducia in Parlamento per perderlo. Cosa che ha puntualmente fatto». Insomma, Scholz se l’è proprio cercata o, peggio ancora, visti i chiari di luna, ha pensato che la situazione fosse diventata così ingestibile da richiedere uno scossone: un nuovo e più forte mandato (prospettiva irrealistica) oppure una ‘ritirata strategica’, per lasciare la patata bollente in mano agli atavici avversari cristiano-democratici.

Rischio ‘cancelliere a perdere’

Visti i sondaggi che girano in questi ultimi tempi, il destino politico di Scholz e del suo governo semaforico sembra proprio quello di tornarsene a casa. D’altro canto, la disamina che il Guardian fa dello stato di salute della ‘Grosse Deutschland’ induce quasi alla depressione. «Chiunque diventi Cancelliere – avverte il quotidiano inglese – dovrà fare i conti con un’economia afflitta dai costi elevati dell’energia e del lavoro, una burocrazia soffocante, infrastrutture in rovina e un Pil che, per la prima volta in decenni, è in contrazione per due anni consecutivi». Insomma, politicamente parlando, un massacro senza attenuanti. E le prospettive non sembrano migliori, con un governo tedesco che, secondo i suoi detrattori, negli ultimi anni si è dimostrato sempre più clamorosamente ossequioso dei diktat in arrivo da Washington e da Bruxelles. Il risultato, come era logico attendersi, è stato che i partiti al potere hanno perso consenso elettorale e sono andati in picchiata, almeno a livello regionale.

Germania elettorale sottosopra

Le elezioni del mese prossimo gireranno la Germania politica sottosopra. Favorita è l’Unione Cristiano-Democratica, guidata da Friedrich Merz, che dovrebbe essere il prossimo Cancelliere. Il partito che fu di Kohl e della Merkel vuole tagliare le tasse, rivedere i criteri di erogazione dei servizi sociali, arginare l’immigrazione e ancora aiuti all’Ucraina. L’estrema destra di Alternative für Deutschland (AfD) minaccia la deportazione di massa dei migranti. Vuole il ritorno del marco tedesco e riforme radicali della Difesa e della Scuola. Scottato dalle ricadute negative sull’economia, Scholz invece frena sull’Ucraina, mentre il suo partito socialdemocratico predispone un programma che prevede misure di sostegno per i cittadini con redditi più bassi. Si parla di taglio dell’Iva sui prodotti alimentari e di salario minimo. Scholz punta anche lui a frenare l’immigrazione e si dice pronto a spendere almeno 100 miliardi di euro in nuove infrastrutture. I Verdi si muovono invece per tassare i grandi patrimoni. Vorrebbero sfruttare la leva fiscale per raggranellare capitali da reinvestire nella ‘green economy’.

Tutti un po’ più a destra, e sinistra-populista

Nella Germania attuale tutti i partiti, compatibilmente con le loro origini, si sono spostati più a destra. La purezza ideologica va salvaguardata, ma i consensi sono l’ossigeno che li tiene in vita. Due temi, sempre considerati in un certo modo dalla sinistra, come l’immigrazione e il ‘deficit-spending’, nella Berlino attuale vengono trattati in modo atipico. C’è, insomma, una sorta di revisionismo politico che puzza molto di opportunismo. Basti solo citare il caso, emblematico, della nuova formazione di sinistra-sinistra nota come BSW. Quando Scholz è stato pesantemente sconfitto in Sassonia e Turingia, ha cercato di rendere più accettabile la debacle dicendo che si trattava di una ‘deriva populista’ di destra. Il Cancelliere ha fatto finta di non vedere che l’emorragia dei suoi voti non veniva da AfD, ma era causata in parte dai radicali di sinistra di BSW. Sarah Wagenknecht è stata capace di conseguire un 12% in Sassonia e quasi un 16% in Turingia. A questa opposizione barricadera, vanno aggiunti il quasi 33% di AfD in Turingia (primo partito) e il 30,6% in Sassonia. Con proporzionali successi della ‘sinistra populista’.

Crisi di un sistema politico

Basta fare una semplice addizione, per capire come i problemi che attendono al varco non solo Scholz, ma tutto il sistema politico tedesco, siano ben lungi da potere essere etichettati come «malessere transitorio». No. Si tratta di una rivolta incipiente, a cui bisognerà dare con somma urgenza delle risposte politiche efficaci. Quelle che il Palazzo, vecchio, incartapecorito e che si parla addosso, non riesce più a dare.

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