Gaza e Cisgiordania nei piani di Netanyahu

Con l’accordo di Trump, lasciare la prima al suo destino e prendersi la seconda. Se il nuovo-vecchio presidente degli Stati Uniti si dice scettico riguardo la tenuta del cessate il fuoco a Gaza forse bisognerebbe condividere il suo pessimismo, avverte Eric Salerno. «Muro di ferro», in migliaia costretti a scappare dal campo profughi di Jenin. Le ruspe israeliane hanno distrutto strade e infrastrutture. L’ospedale pubblico è isolato

Il Medio Oriente per Trump può attendere

«E’ la loro guerra – ha detto parlando di Israele e Hamas – devono decidere loro come andare avanti». Parole, quelle di Trump che in qualche modo vorrebbero sottolineare quello che dovrebbe essere un aspetto della nuova politica estera americana. Con tutta quella lunga liste di sfide dirette anche alla Costituzione degli Stati Uniti, il Medio Oriente non è necessariamente in cima alla lista delle priorità del nuovo presidente.

La mancata sconfitta di Hamas

Hamas, per ora, può dire di aver vinto questo ennesimo scontro con Israele. Nonostante la devastazione della striscia di Gaza, i morti e feriti, militanti e civili, il movimento islamista è ancora al potere e, secondo molti osservatori – compresi gli analisti di Tel Aviv – sta reclutando nuove forze per resistere a un eventuale (probabile, certa, dice la destra israeliana) ripresa dei combattimenti prima della fine della prima fase del cessate il fuoco.

Gaza secondaria?

Per il premier israeliano Netanyahu, Gaza è per ora – e si potrebbe dire da sempre – una questione quasi secondaria. Da sempre, sulle orme degli insegnamenti di suo padre, collaboratore del leader della destra sionista e amico di Mussolini, punta alla Cisgiordania. La nuova operazione militare lanciata contro Jenin, uno dei centri più importanti del territorio palestinese occupato è solo l’inizio. Più di ottocento palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania da quando è cominciata nel 2023 la guerra a Gaza. Molti erano militanti nelle organizzazioni estremiste.

Elezioni palestinesi e sospette complicità

Sono anni che Mahmoud Abbas (Abu Mazen, Ndr), il presidente palestinese, evita di portare il suo popolo alle urne. Sa bene che ne uscirebbe vittoriosa Hamas. Non sorprenderebbe se l’assalto a Jenin fosse stato in qualche modo concordato con l’Anp, nel tentativo del leader palestinese di limitare gli effetti di quello che sarà l’attuazione del progetto israeliano di annessione della Cisgiordania. Progetto di cui parlano apertamente le destre israeliane che tengono in piedi il governo e soprattutto Netanyahu.

Gaza da far rifiorire nei sogni immobiliari

Torniamo alle parole del nuovo capo della Casa Bianca. Ha parlato di Gaza in termini di paradiso territoriale. Togliere le macerie, piantare, costruire; spiagge magnifiche per turisti da tutto il mondo. Off-shore gas e petrolio.

Un sogno? O un vecchio progetto israeliano rilanciato per coinvolgere soprattutto i petrodollari dei paesi arabi del Golfo. Su Gaza potrebbe sventolare la bandiera dello Stato di Palestina. La Cisgiordania con le sue colonie ebraiche – città e insediamenti agricoli e industriali – verrebbe annessa a Israele. Ai palestinesi, da sempre forza lavoro a basso costo fondamentale per gli israeliani, il passaporto del loro Stato.

 

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