
L’intesa tra Mosca e Tehran punta alla cooperazione in settori quali difesa, sicurezza, commercio, energia e antiterrorismo, hanno reso noto i rispettivi governi. Al di là del calderone di obiettivi dichiarati da raggiungere, resta comunque la sensazione che, in questo momento, la funzione principale dell’accordo sia quella di coordinare le rispettive ‘questioni di sicurezza’. Cioè, per essere chiari, la produzione e lo scambio di armi, munizioni e materie prime. Con particolare riguardo alla missilistica e ai droni (da parte iraniana) e ai rifornimenti di gas e tecnologia avanzata (anche nucleare?) per ciò che riguarda i russi.
Il travagliato percorso di aggiustamenti diplomatici, che ha subito il documento nel tempo, testimonia non solo la difficoltà di far convergere gli interessi comuni tra i due Paesi, ma anche la presenza dentro l’Iran di sensibilità geopolitiche diverse ai vertici del potere. Dunque, l’importanza dell’intesa non risiede solo nei suoi contenuti, ma anche nel modo col quale è stata raggiunta, perché mostra un regime teocratico tutt’altro che monolitico. Basti solo pensare che, il documento firmato ieri, amplia un impegno sottoscritto nel 2001, che non si era mai riusciti a rivisitare e ad aggiornare, per adeguarlo ai cambiamenti intervenuti nelle relazioni internazionali. E tuttavia, anche oggi, in una fase di dura contrapposizione dei due Paesi con l’Occidente, Mosca e Teheran esitano ad abbracciarsi senza riserve e si lasciano un ampio spazio di manovra.
Come scrive Anton Mardasov, specialista del think-tank Al Monitor, «il significato dell’accordo, nonostante l’ampia attenzione dei media, non dovrebbe essere sopravvalutato. Dal 2000, la Russia ha firmato accordi di Partenariato strategico con numerosi Paesi, tra cui Algeria, Ecuador, Egitto, Marocco e Laos. Molti analisti russi – prosegue Mardasov – notano che il documento firmato con l’Iran ha lo status di memorandum, segnalando intenzioni reciproche ma è privo di impegni vincolanti, come alleanze formali». Facendo una veloce analisi comparativa con situazioni simili, si può valutare il grado di impegno profuso dalla diplomazia del Cremlino, nel suo nuovo programma di ‘confronto’ con l’Occidente.
Il New York Times sottolinea che la Russia ha firmato un accordo di Partenariato con la Corea del Nord e a dicembre un trattato di sicurezza con la Bielorussia, dove ha formalizzato il dispiegamento di armi nucleari tattiche. «Entrambi i trattati – sostiene il NYT – includevano una clausola di difesa reciproca», che nel caso dell’Iran manca. Perché? I livelli di cointeressenza tra i due Paesi sono elevati, ma non tali da non lasciare delle vaste aree geopolitiche scoperte. Innanzitutto, Putin non vuole assolutamente rompere col blocco sunnita del Medio Oriente e nemmeno con Israele. Per cui, dosa la sua amicizia con gli ayatollah. Dal canto suo, il moderato Pezeshkian ha vinto le elezioni in Iran con un programma che prometteva un ‘dialogo con l’Occidente’. E questo perché l’economia del Paese è in ginocchio per le sanzioni, imposte per la querelle sul nucleare.
Nemmeno il Presidente persiano ha voglia di bruciarsi tutti i ponti alle spalle, precludendosi il dialogo con l’Europa e soprattutto con l’ingombrante Trump. Fra l’altro, pare che nell’ultima crisi siriana, le Guardie della rivoluzione degli ayatollah abbiano criticato aspramente l’atteggiamento arrendevole delle truppe russe. Al Monitor sostiene che «le loro relazioni si sono espanse e approfondite grazie alla partnership anti-globalizzazione, ma sono anche periodicamente tornate indietro in mezzo a contraddizioni e risentimenti esistenti. Ad esempio, la recente registrazione audio del discorso del generale di brigata iraniano Behrouz Esbati, in cui si accusa Mosca di aver sistematicamente ingannato Teheran nella campagna siriana, è un’ulteriore prova delle continue contraddizioni russo-iraniane sul terreno».
Il reciproco sostegno scambiatosi da russi e iraniani è servito soprattutto, col gioco delle triangolazioni, a eludere in maniera disinvolta la strettoia delle sanzioni imposte sia a Mosca che a Teheran. E così, due Stati in “libertà vigilata”, hanno finito per commerciare (e fare profitti) quasi come se nulla fosse. L’accesso ai mari caldi è un vecchio sogno della politica estera zarista, che in un certo senso il Cremlino di oggi vuole rivivere. Il New York Times scrive che Mosca spera di costruire una ferrovia attraverso l’Iran, per collegarsi direttamente ai porti del Golfo Persico.
«Il Ministro degli Esteri Araghchi – aggiunge il NYT – ha detto che l’accordo firmato consentirà all’Iran di fungere da passaggio per le esportazioni di gas russo attraverso la sua rete di pipelines, trasportando il gas dal Mar Caspio alle coste del Golfo Persico. Ciò significa – ha concluso – che l’Iran sta diventando un importante hub per le esportazioni di gas».