
Prima i cristiani perseguitati e dopo Papa Bergoglio
«Mai così tanti. Il numero dei cristiani perseguitati nel pianeta è cresciuto ancora tra il primo ottobre 2023 e il 30 settembre scorso e ha raggiunto l’assurda cifra di 380 milioni. Quindici milioni in più dell’anno precedente. Il record in oltre tre decenni di ricerche compiute da Porte aperte/Open doors», scrive Lucia Capuzzi su Avvenire. In pratica un fedele su sette subisce discriminazioni, abusi, minacce, violenze a causa della propria fede.
In Africa -il Continente con i maggiori valori assoluti- perseguitati uno su cinque. E migliaia vengono uccisi: ben 4.476, in media dodici al giorno, altri 3.775 sono stati sequestrati. «Non solo i massacri e i rapimenti ma le oltre 7.600 chiese, cliniche e scuole cristiane attaccate o chiuse -sottolinea Cristian Nani, direttore di Porte aperte/Open doors –, le oltre 28mila case o attività economiche saccheggiate o distrutte, costringono alla fuga famiglie e intere comunità cristiane, dando vita a esodi inumani e a una Chiesa profuga che grida aiuto». Il fenomeno è diffuso a macchia di leopardo nel mappamondo.
Sono tredici, però, i luoghi più pericolosi del mondo per essere cristiani. Dove il livello di intolleranza diventa estremo. In cima alla classifica c’è sempre la Corea del Nord che obbliga i battezzati a vivere il proprio credo in assoluta segretezza: tra i 50 e i 70mila sono rinchiusi nei campi di lavoro forzato. Seguono Somalia, Yemen, Libia e Sudan nei quali la persecuzione è legata ai conflitti. Poi l’Eritrea -scesa al sesto posto non per un calo del fenomeno ma per l’aumento negli altri Stati- e la Nigeria, la nazione con più vittime cristiane: 3.100. Pakistan e Iran sono stabili in ottava e decima posizione.
L’Afghanistan dei taleban è decimo. Dopo l’uccisione di tanti fedeli, gli ex studenti coranici credono di avere eliminato la “minaccia”. La clandestinità estrema a cui sono costretti quanti sono sopravvissuti, ha fatto allentare la presa ai fondamentalisti i quali considerano il cristianesimo debellato. In India dell’induismo nazionalista di Modi -undicesima nell’elenco- prosegue il declino dei diritti e delle libertà fondamentali. Nel periodo considerato, sono stati assassinati almeno venti cristiani, 459 chiese sono state distrutte, oltre duemila i detenuti senza processo.
Qualche spiraglio positivo in Arabia Saudita dove, soprattutto nelle grandi città, c’è stata una maggiore tolleranza per le decorazioni natalizie anche se la pratica di religioni non musulmane resta vietata. Allarmante la condizione del Myanmar, che la guerra, seguita al colpo di Stato del 2021, ha esacerbato le violenze e le persecuzioni, ‘scalando’ quattro posizioni nella lista. I battezzati -l’8 per cento della popolazione-, sono intrappolati nei combattimenti in corso, i luoghi di culto sono attaccati con la falsa accusa di accogliere i ribelli, oltre centomila nella sola regione di Kachin, sfollati a causa delle violenze.
Preoccupa anche la situazione dell’Asia centrale, dove la libertà di fede si è deteriorata. Epicentro il Kirghizistan, balzato in dodici mesi dal 61esimo al 47esimo posto. Escalation di violenza in una nazione con un livello di persecuzione medio-basso, parte di un processo di involuzione autoritaria. Nuove leggi, in nome di imprecisati valori culturali, hanno indebolito lo stato di diritto. Anche nel Kazakistan di Narbayev, messo a dura prova dai disordini seguiti alla crescita dei prezzi dell’energia, hanno ridotto la libertà di fede.
I battezzati ne hanno fatto le spese, soprattutto per quanto riguarda la maggior diffusione dei matrimoni forzati e degli stupri. In questo scenario oscuro, uno spiraglio viene dall’America Latina. In Colombia la violenza è calata per effetto del cessate il fuoco temporaneo del febbraio scorso. Soprattutto, poi, nel Nicaragua di Daniel Ortega ha dovuto allentare lievemente la presa in seguito alle sanzioni imposte da Usa, Canada e Ue.
Su Papa Bergoglio i peggiori attacchi personali
Scomposte alcune reazioni dal mondo ebraico dopo le aperte e ripetute accuse rivolte da Papa Francesco al premier Netanyahu e agli attuali vertici governativi israeliani. Nulla di più rispetto alle accuse giudiziarie internazionali con tanto di ordine di cattura internazionale per il premier e per l’allora ministro difesa. Particolarmente forzate quelle della comunità ebraica di origini italiane in Israele. Ma anche con l’America non tutto fila liscio.
Secondo l’ex agente della CIA Robert Gorelick, alla presentazione del libro ‘Il trono e l’altare’ di Maria Antonietta Calabrò, lo scontro tra Donald Trump e Papa Francesco, nasce dalle differenze ideologiche e culturali tra i due. Visioni del mondo opposte: Trump portabandiera del populismo di destra, dei valori conservatori e della supremazia nazionale. Papa Francesco di una Chiesa che promuove valori universali come l’accoglienza, la solidarietà, il dialogo, e su immigrazione, cambiamento climatico e giustizia sociale.
Varietà etnica e culturale: la comunità cattolica americana un puzle. Latinos, irlandesi, italiani, polacchi e altri che hanno percezioni diverse, con una parte consistente degli elettori cattolici attratta dalla retorica nazionalista e dalle promesse economiche di Trump. Critiche interne al papato sia da parte di esponenti religiosi che laici, che vedono nelle sue riforme un allontanamento dalla tradizione, e che personaggi come l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, noto oppositore del Papa, hanno alimentato, denuncia Sergio Restelli.
Lo scontro Trump-Bergoglio si riflette nel rapporto diplomatico. Gorelick cita due segnali emblematici: la nomina di Brian Burch ambasciatore alla Santa Sede, figura vicina al movimento conservatore ‘Catholic Vote’ e all’arcivescovo Viganò, chiara provocazione nei confronti di Francesco. Mentre il Papa ha nominato arcivescovo di Washington il cardinale McElroy, noto per le critiche alla politica di Trump. Scelte che dimostrano come le parti si preparano a un confronto aperto su temi globali come la Cina, la questione climatica e la gestione dei conflitti internazionali.
In Italia, ogni mossa del Vaticano è seguita con attenzione, mentre negli Stati Uniti la Chiesa cattolica è solo uno degli attori religiosi e non ha lo stesso peso mediatico. Questo limita l’influenza diretta del Papa sulla politica americana. Futuro? L’accordo Vaticano-Cina e le posizioni del Papa su Gaza potrebbero generare nuovi attriti. Mentre temi di convergenza possibili sull’opposizione all’ideologia di genere e un approccio più prudente alla guerra in Ucraina.