L’autorevole “Tehran Times” ha significativamente collegato la conclusione della prigionia al viaggio-lampo di Giorgia Meloni in Usa, per incontrare Trump. E ha parlato di “promesse” (quali?). Ma proprio adesso che la teocrazia sciita si è decisa a fare la prima mossa, scarcerando Cecilia (senza “scambi”, per ora), al nostro sollievo si sommano interrogativi e perplessità. Si tratta di riflessioni obbligate, indispensabili per comprendere le origini della disavventura capitata alla nostra giovane collega.
Dunque, in sintesi e vista la rapida evoluzione della vicenda, per gli analisti di cose iraniane la Sala si è trovata a Tehran nel momento sbagliato. Cioè, durante la guerra feroce e silenziosa, scoppiata già da tempo, tra “intransigenti” e “moderati”. Un vero e proprio scontro tra “bande” che, contrariamente a quanto pensano in molti, non riguarda solo le trattative sul “nucleare civile”, ma tocca soprattutto un altro nodo scottante: la successione alla Guida suprema, Alì Khamenei.
L’anziano ayatollah (86 anni) ha l’ultima parola su tutto, ma le sue condizioni di salute già vacillano da un pezzo. E la lunga corsa alla sua carica rischia di lasciare l’Iran nel caos. Il nuovo Presidente “moderato”, Masoud Pezeshkian, ha un obiettivo: riavvicinarsi all’Occidente, per ottenere un alleggerimento delle pesanti sanzioni economiche, che hanno messo in ginocchio il Paese. Ma l’ala dei “duri e puri”, incarnata dal potente Corpo delle Guardie rivoluzionarie, cerca invece il conflitto.
E così, tutti quelli che si trovano a passare da Tehran, finiscono per poter essere messi in mezzo a una simile rissa, anche se non c’entrano il resto di niente. Come Cecilia.
VOLI DI STATO E ‘AIR SPIONI’, ETERNI SOSPETTI
Valutate voli se non esistono sospetti parallelismi con certa attualità. Come se Cecilia fosse da portare via dall’Iran di corsa e quasi di nascosto (trasponder staccato)