Il giornalismo è un crimine

Quando si è saputo dell’arresto in Iran della giornalista Cecilia Sala è partita immediatamente la campagna per la sua liberazione con uno slogan chiarissimo: “Il giornalismo non è un crimine”. Mentre scrivo non so se gli sforzi diplomatici serviranno a far tornare libera la valente giornalista. Ma so che lo slogan, in questa epoca storica, è sbagliato: il giornalismo è un crimine. 

Crimine viene dal latino, crimen-criminis, derivato di cernēre, distinguere, decidere. Quindi decisione giudiziaria sulla base, evidentemente, di un sistema di leggi. Ecco perché, in questa fase storica, giornalismo deve essere un crimine. Perché deve distinguersi da chi gestisce il potere e decide che cosa si può fare e che cosa no, sulla base di una legalità che non ha rapporti diretti con l’etica, con l’idea di uguaglianza e giustizia sociale uguale per tutti.
Se comandano i criminali e impongono le loro regole, fare giornalismo in modo onesto e democratico è un crimine. E Cecilia Sala paga per aver commesso il crimine dell’informazione. Il crimine maggiormente detestato dalle bande razziste, criminali, feroci che dominano il mondo, che ammazzano senza scrupoli e ci stanno conducendo allo sfacelo.

Chi ha potere può mettere in carcere chi si batte per la libertà con la sola forza simbolica della penna, della voce, della testimonianza. E può uccidere, per non avere testimoni. Tanti, troppi i giornalisti vittime dei criminali che governano il mondo. Ancora stiamo attoniti e indignati per il missile che ha ammazzato cinque giornalisti a Gaza, uno dei quali aspettava la nascita di un figlio, da un momento all’altro. Cinque giornalisti il cui crimine era quello di testimoniare la crudeltà dei criminali veri, la ferocia di un genocidio sul quale l’Occidente discute passivo e assuefatto, con gli occhi chiusi dalla vergogna, mentre l’esercito israeliano forte dell’indifferenza e dell’arroganza cinica del potere continua ad ammazzare senza problemi. 

Oltre duecento i giornalisti vittime dei proiettili e delle bombe americane che armano l’Idf. Tutti per aver commesso il crimine del giornalismo, per aver portato avanti la sfida civile della testimonianza, del far sapere a tutti l’efferatezza della guerra. 

Il fatto è che chi domina il mondo con la violenza delle armi, sia russo, americano, iraniano, siriano, israeliano, non vuole intralci. Considera l’unico giornalismo buono quello embedded. Vuole cagnolini da salotto, propagandisti e complici.
Penso a Cecilia Sala incarcerata, e la mente va al povero Julian Assange e alla sua assurda detenzione per aver rivelato che in guerra quelli che nei film sono sempre i “buoni” sono nella realtà delle bestie feroci, capaci di nefandezze inaudite. Mi fa paura questa situazione…

Quindi, sì, ribadisco: il giornalismo è un crimine, testimoniare è un crimine, è il crimine utile e pericoloso di questa epoca buia.

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