Dove non c’è stato il Natale e dove non sta arrivando il 2025

Natale è festeggiato in più di centocinquanta paesi al mondo, non necessariamente tutti a maggioranza cristiana, eppure compaiono lo stesso presepi, alberi di Natale e luminarie di ogni forma e dimensione. La festa più tipica del mondo occidentale – e nello stesso tempo anche la più controversa manifestazione di eccessi consumistici – fa parte ormai del calendario pubblico di vari paesi. E il fatto che stia per arrivare l’anno 2025 è un’altra delle molte prevaricazioni di potere occidentali sul resto del mondo.

Natale non solo di Jesus, ma anche pagano

Le cosiddette tradizioni natalizie restano pur sempre legate all’origine stessa della festività, che –  non bisogna dimenticare –  ha origini molto remote e pagane: la vicinanza con il solstizio d’inverno richiama il desiderio di luce nelle giornate che progressivamente si allungano e lo scambio reciproco di doni risale almeno ai Saturnalia romani. Quando nel Quarto secolo d.C., nella comunità di Antiochia, san Giovanni Crisostomo vinse le diffidenze dei conservatori fissando la ricorrenza il 25 dicembre, si unirono dunque diverse tradizioni creando un singolare intreccio di antropogia delle religioni.

Il mondo musulmano

A scandire le rispettive feste religiose sono soprattutto calendari diversi. Il 25 dicembre è saldamente incardinato al calendario gregoriano, ma l’anno islamico, che si basa sul calendario lunare, risulta di dieci giorni più breve. La maggiore e più nota festività islamica a conclusione del Ramadan cade dunque in una data variabile che qualche volta potrebbe coincidere anche con le festività natalizie.
In Marocco, ad esempio, dove la maggioranza non è cristiana, è comunque possibile ‘festeggiare’ Natale prendendosi dei giorni di permesso, come anche in Turchia e Tunisia, mentre negli altri paesi la situazione è più complessa.
Paradossalmente, in paesi come gli Emirati e in particolare nella capitale Dubai, si assiste a spettacoli di luce ispirati a una simbologia occidentale, ma altrove– come in Arabia Saudita – la celebrazione deve essere strettamente privata e non sono consentiti decorazioni o luminarie pubbliche.
Altri paesi in cui non esiste ed vietato festeggiarlo sono la Mauritania, l’Afghanistan e la Corea del nord. Nemmeno in Albania, ai tempi di Enver Hoxa era consentito, ma a Capodanno si sparava per le strade.

Natale in Cina e Giappone

In Cina il 25 dicembre non è giornata festiva, sebbene esistano comunque diverse comunità cristiane e in alcune zone del paese si celebri addirittura il Natale dei Cinesi, spoglio però di ogni elemento religioso. D’altra parte, sebbene una presenza cristana in Estremo oriente risalga almeno al XVI secolo, solo dal secolo scorso, per l’ampliamento dei contatti culturali, si può parlare di una presenza pubblica della festività che oggi riguarda soprattutto gli enormi centri commerciali e qualche ristorante che ha ‘cinesizzato’ le consuetudini gastronomiche europee.
Sempre sul piano della tavola, è interessante che anche in Giappone c’è stato negli ultimi tempi un’orientamento filo occidentale nei confronti della festa: la sera della vigilia, dedicata principalmente ai bambini, è diventata l’occasione per imbandire il pollo fritto, piatto di chiara origine nord americana e appreso probabilmente dopo il 1945, quando si insediò nelle isole dell’arcipelago l’esercito di occupazione le cui singolari abitudini non mancarono di esercitare una certa influenza anche nel paese dei samurai.

I calendari degli altri

Il calendario gregoriano ha vinto, con ogni evidenza, ma al mondo c’è chi ha contato e conta ancora in modo diverso i giorni che passano. Il comico americano Luis CK, poneva la domanda: «In che anno viviamo?». A chi ricordava che esistevano anche altri calendari: «La prossima volta che compili la dichiarazione dei redditi prova a scrivere ‘scimmia”, nella casella dell’anno». Ma nonostante il predominio del calendario gregoriano-occidentale, il nostro, al mondo ne esistono molti altri.

I calendari lunisolari

Ogni anno lunare (l’insieme di 12 cicli lunari) finisce per durare circa 11 giorni meno rispetto a ogni anno solare. È il motivo per cui i calendari lunari alla lunga non rispettano le stagioni, un problema per decidere quando seminare. Ma nemmeno i calendari solari sono perfetti. Un anno solare (il tempo che la Terra impiega per fare un giro intorno al Sole) dura infatti 365,24219 giorni. Il guaio di quei ‘zero virgola 24219 frammenti di giorno.

Il calendario gregoriano

Lo introdusse nel 1582 papa Gregorio XIII per sistemare i ritardi accumulati dal precedente calendario, quello. E per evitare di dover a un certo punto cancellare altri 10 giorni dalla storia del mondo, il calendario gregoriano attribuì un giorno in più ogni anno multiplo di quattro.

Il calendario islamico

È lunare e la sua epoca è il 16 luglio 622 del calendario giuliano: il giorno dell’Egira, l’abbandono della Mecca da parte di Maometto. Essendo lunare, i suoi 12 mesi sono tutti da 29 o 30 giorni, per un totale di 354 o 355 giorni. Il calendario islamico non preveda aggiustamenti e le sue festività, per esempio il Ramadan, possono cadere in ogni stagione. Ci sono anche calendari islamici di altro tipo: in Iran e in Afghanistan si usa il calendario persiano.

Il calendario ebraico

È lunisolare e fu elaborato per la prima volta poco prima che nascesse Gesù, ma negli anni subì diverse evoluzioni che lo resero più preciso. In questo calendario gli anni sono raggruppati in cicli di 19 anni e possono avere 12 o 13 mesi, e i mesi possono avere 29 o 30 giorni. Secondo la tradizione, 5786 anni fa ci fu il cosiddetto Anno Mundi, in cui fu creato il mondo.

Il calendario cinese

È lunisolare e i mesi iniziano con la Luna nuova. È molto simile a quello ebraico, perché costruito in base a cicli di anni da 12 e da 13 mesi, alternati. Nel corso degli anni ci sono state diverse revisioni ed evoluzioni e si sono quindi sviluppati in Asia diversi calendari cinesi o di origine cinese. Ogni ciclo di anni è fatto di 60 anni e, come detto, e il nostro 2025 è il loro anno del serpente.

I calendari induisti

Ce ne sono almeno tre principali, ma le varianti regionali sono molte. In questi calendari ci sono sia mesi lunari che mesi solari. L’anno indiano, non molto usato, corrisponde a Calendario Gregoriano – 78. Arriva il 1947(l’anno zero coincide con un importante momento dell’impero shatavahana). Nel calendario buddista, il suo anno zero coincide però con la morte di Buddha.

I calendari rivoluzionari

Sull’impeto della Rivoluzione i francesi adottarono nel 1792 un nuovo calendario, fatto di 12 mesi da 30 giorni, con settimane da 10 giorni e cinque o sei giorni extra alla fine di ogni anno. Fu fatto iniziare il 22 settembre 1792, e cambiò anche il nome ai mesi: vendemmiaio, brumaio, frimaio, nevoso, piovoso, ventoso, germinale, fiorile, pratile, messidoro, termidoro e fruttidoro. In Russia la ‘tivoluzione d’ottobre’ avvenne in novembre.

E tanti altri calendari

Quello copto è diviso in 13 mesi (12 dei quali hanno 30 giorni) e il suo anno zero è il momento in cui Diocleziano divenne imperatore romano; quello rivoluzionario sovietico, con una rivoluzione d’ottobre, avvenuta però a novembre; quello etiope (solare e non lunisolare); quello giuliano rivisto (che potrebbe essere pure più preciso del gregoriano); quello dei Maya, che andò molto di moda intorno al 2012.

 

 

 

 

 

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