Il medico stragista era noto anche a Berlino. Lo scorso febbraio si era presentato al distretto di polizia del rione di Tempelhof per sporgere denuncia su presunti «abusi delle istituzioni tedesche sulle rifugiate saudite». In evidente stato confusionale, era stato prontamente accompagnato alla porta dagli agenti con una multa di 600 euro per abuso della chiamata d’emergenza dopo che, insoddisfatto dell’accoglienza ricevuta, aveva chiesto l’intervento dei vigili del fuoco. Il giorno prima di compiere la strage al mercatino di Natale di Magdeburgo Al Abdulmohnsen era atteso nel tribunale di Berlino per il rigetto del suo ricorso alla sanzione, come conferma il registro delle udienze che riporta anche la sua mancata presenza.
Non era la prima volta che il medico saudita compariva davanti a giudici. Già nel 2013 a Rostock era stato condannato per aver minacciato di commettere crimini violenti, tre anni prima di presentare domanda per il permesso di soggiorno, regolarmente accettata con buona pace dell’attuale norma anti-terrorismo concentrata sul contrasto dell’immigrazione illegale. Invece «nessun pericolo concreto» fu la conclusione ufficiale della «valutazione del rischio» sul dottore compilata appena un anno fa dagli esperti di Bka e Lka, polizia criminale federale e del Land della Sassonia-Anhalt, che pure si erano poste il problema.
Al Abdulmohnsen faceva rumore sotto tutti i punti di vista, ed era impossibile non accorgersi della necessità di indagare fino in fondo il grado del suo estremismo, sebbene non sia mai risultato nelle liste dei potenziali terroristi, a esclusione naturalmente del lungo elenco dei nemici dell’Arabia Saudita consegnata dalla monarchia wahabita di Riyad a tutti i paesi occidentali, Germania compresa, annota severo Sebastiano Canetta sul manifesto. Non è bastato che Al Abdulmohnsen sbandierasse pubblicamente la sua rabbia per l’«islamizzazione forzata della Germania» sfociata nel massacro al mercatino di Natale.
Era sul piede di guerra già all’epoca di Angela Merkel, accusata di avere dato inizio alla «rovina dell’Europa» e per questo minacciata di morte, ma si era distinto anche sui social con il like ai messaggi ispirati alla politica xenofoba di Afd e ai post con le immagini celebrative dei generali israeliani a Gaza, egualmente sintomatiche della sua ideologia anti-islam. «Dopo l’arresto Al Abdulmohnsen non ha superato il test anti-droga» fa sapere la polizia, a completamento dell’identikit, e aprendo un capitolo parallelo che attende di essere sondato come il resto della sua parabola tedesca cominciata con l’entrata nel paese nel 2006 grazie a un visto per la specializzazione medica e finita con la strage di Natale del 2024.
L’ambasciatore tedesco nel Regno Unito afferma che Elon Musk ha delle domande a cui rispondere sul perché la sua azienda, l’ex glorioso ‘Twitter ridotto a ‘X’ trumpista, non abbia preso provvedimenti dopo l’attività online del sospettato della strage di Magdeburgo. Secondo quanto riportato dalla Bbc, l’attentatore ha pubblicato sulla piattaforma post con sentimenti anti-islamici, teorie cospirative e minacce.
Da parte sua, arrogante come sempre, Elon Musk ha chiesto le dimissioni del cancelliere tedesco Olaf Scholz e ha ritwittato diversi account che criticavano ampiamente il governo tedesco in seguito all’attacco. «Penso che Elon Musk, prima di dare consigli indesiderati ai cittadini tedeschi, dovrebbe valutare la responsabilità del suo programma» ha affermato l’ambasciatore, sottolineando il sostegno di Musk al partito di estrema destra Alternativa per la Germania.