
In copertina una della bande armate di Haiti, e il disegno dell’argentino fatto italiano Milei
Le sorti dell’economia sudamericana sono legate a un problema sociale radicato nel tempo che va sotto il nome di criminalità organizzata particolarmente violenta. Nonostante il continente rappresenti solo l’8% della popolazione mondiale, in America Latina si commettono quasi un terzo degli omicidi dell’intero pianeta.
Una recente ricerca pubblicata da due enti economici chiave, come il Fondo Monetario Internazionale, e la Banca Sviluppo Internazionale, evidenzia come la criminalità, l’insicurezza e la bassa crescita si rafforzino un circolo vizioso che soffoca gli investimenti, riduce il turismo e accelera l’emigrazione. L’instabilità macroeconomica – recessioni, picchi di inflazione e aumento delle disuguaglianze – è associata a un aumento della violenza.
I costi della criminalità sono quantificabili in perdite dirette del 3,4% del Pil. Questi costi derivano da perdite di produttività dovute alle vittime dei crimini, alle spese del settore privato per la sicurezza, e la spesa pubblica per polizia, giustizia e carceri. La spesa per la sicurezza rappresenta il 7,4% del totale, ed è l’1,9% del Pil. Una cifra che equivale all’80% dei bilanci dell’istruzione pubblica della regione e al doppio della spesa per l’assistenza sociale.
La ricerca del FMI rivela che la criminalità ostacola l’innovazione e riduce la produttività delle imprese, aggravando la stagnazione economica nel tempo. Sfruttando i dati geolocalizzati sulle luci notturne, lo studio rileva che dimezzare i tassi di omicidi nei comuni violenti potrebbe aumentare la loro produzione economica fino al 30%. Al contrario l’instabilità macroeconomica alimenta picchi di violenza: una recessione in America Latina e nei Caraibi viene associata a un aumento del 6% degli omicidi l’anno successivo, mentre un’inflazione superiore al 10% è collegata a un aumento del 10% degli omicidi l’anno successivo.
Affrontare la criminalità solo a livello nazionale non è sufficiente. I gruppi criminali operano a livello transfrontaliero, rendendo le risposte dei singoli Stati inefficaci e frammentate. Per affrontare questa sfida comune, i paesi devono collaborare più strettamente per sviluppare soluzioni più forti e più coordinate.
I dati evidenziati dallo studio dimostrano, ancora una volta, che la povertà pruduce violenza e consegna i cittadini nelle mani del crimine. A conferma che l’azione economica degli Stati deve essere indirizzata sul campo dell’azione sociale, ripristinando la fiducia nelle comunità e offrendo agli individui una reale possibilità di riproduzione economica, alternativa all’illegalità criminale.
Assumendo l’Argentina a caso di studio, Nicolas Forsans, economista dell’Università dell’Essex , ha rilevato che durante i primi sei mesi del mandato di Milei, l’Argentina ha raggiunto livelli di povertà al massimo degli ultimi 30 anni. Un aumento del 53% del costo degli alimentari ha portato al 42% la percentuale di poveri, a cui si aggiunge un ulteriore 15% che vive in condizioni di “ estrema povertà”.
La ricerca è scaricabile qui https://www.imf.org/en/Publications/Departmental-Papers-Policy-Papers/Issues/2024/11/11/Violent-Crime-and-Insecurity-in-Latin-America-and-the-Caribbean-A-Macroeconomic-Perspective-555570?utm_medium=email&utm_source=govdelivery