
L’auto elettrica nasce nella prima metà dell’800 grazie all’intuizione di un ingegnere scozzese, Robert Anderson: poco più di una carrozza senza cavalli. Nel giro di pochi anni, l’auto elettrica diventa familiare in Gran Bretagna e Francia. Sin da subito si pone il problema del costo della batteria e relativa autonomia. Cosa che circoscrive l’uso in ambito prettamente urbano. Negli stessi anni, Nikolaus Otto inventa il motore a quattro tempi. Nascono le prime auto a benzina. Una convivenza dove il sorpasso avviene a ridosso della prima guerra mondiale. I militari hanno bisogno di affidabilità e praticità e il motore a scoppio risponde ad entrambi gli scopi. L’auto elettrica entra giocoforza nel dimenticatoio.
La Cina scalpita. Vuol diventare la superpotenza numero uno, parole di Xi Jing Ping. Negli anni precedenti, visto il basso costo del lavoro, la Cina ha acquisito know how motoristico grazie alla delocalizzazione delle aziende europee. Imparata e messa da parte l’arte, la Cina che ha grossi problemi di inquinamento atmosferico, spinge sul green in Europa sostenendo l’auto elettrica. Inspiegabilmente, Ursula von der Layen approva la svolta green, scrivendo i titoli di coda dell’auto a benzina la cui produzione dovrà finire in Europa nel 2035. Un’imposizione che non considera né le diversità economiche né le infrastrutture industriali dei paesi che aderiscono alla comunità.
Le case automobilistiche europee, obbligate, giocano l’all in nell’elettrico. Mirafiori nel 2019 allestisce la catena di montaggio della 500 elettrica senza prevedere un’analoga versione ibrida. Il top management di Stellantis è convinto che venderà salvo poi correre ai ripari nel 2024 dopo uno stop and go delle catene di montaggio dell’elettrico che non ha attecchito. La corsa contro il tempo è modificare il progetto per realizzare la versione ibrida prevista, si spera, entro il 2025. Sei anni dopo dall’esordio, praticamente a fine ciclo prodotto. Ancora. Audi chiude lo stabilimento in Belgio del suv top di gamma Q8 e-tron. Le vendite non vanno come previsto.
Intanto top manager e utenti realizzano che l’elettrico non può essere per tutti e per tutte le realtà. Le case automobilistiche riducono la gamma delle termiche in listino e alzano i prezzi per fare margine e ammortizzare le multe imposte dalla comunità europea per chi non rispetta un mix di vendite tale da rientrare nell’obiettivo dei 95 grammi per chilometro. Luca de Meo, ex Marchionne boy e CEO di Renault ha dichiarato che le case automobilistiche potrebbero dover pagare collettivamente circa 15 miliardi di euro di multe se non raggiungeranno gli obiettivi di emissione per il 2025 perché non sono riuscite a incrementare la produzione di veicoli efficienti, ovvero elettrici.
Piccola digressione. Se entri in un negozio di bici, sei libero di scegliere tra la muscolare e l’elettrica a seconda delle tue esigenze, senza alcuna imposizione. Che è esattamente quella che è stata fatta da Ursula von der Leyen. Quasi posseduta da un furore ideologico ha praticamente disciolto nell’utopia della ‘green revolution’ anni di tecnologia e storia. Giova ricordare le profetiche parole dell’ex presidente della Toyota, Akio Toyoda: le emissioni si possono abbassare subito con l’ibrido. Semplice, efficace, collaudato, economico.
L’America, a cui un’Europa forte causa orticaria, tace visto il ritorno di Trump alla Casa Bianca grazie ad un Elon Musk fondatore di Tesla pronto a presentare il conto e una Cina che memore di quanto vaticinato dal suo leader Xi Jin Ping, sta per sferrare l’assalto finale al mercato europeo indebolito da incertezza e refrattarietà del mercato alle elettriche. Già, le elettriche. La BYD, tanto per ritornare al punto di partenza, ha una gamma di 6 elettriche e un’ibrida, l’unica che sembra attecchire. Ibrida, guarda caso proprio come aveva detto Akio Toyoda…