Imputato Netanyahu tra carcere e sicurezza nazionale

Per la prima volta da quando è stato indagato e portato a processo per corruzione, Netanyahu in tribunale. Netanyahu, che ha ripetutamente cercato di ritardare la sua comparsa in tribunale, è il primo primo ministro israeliano in carica ad affrontare un processo penale. La sua versione dei fatti, nel processo per corruzione in cui è coinvolto dal 2020 e che ha stravolto la vita politica dello Stato Ebraico prima dei drammatici fatti del 7 ottobre 2023 e l’attacco terroristico di Hamas.

 

La politica israeliana a suo modo sotto processo

Netanyahu ha deliberatamente evitato di sedersi sul banco degli imputati finché i fotografi non hanno lasciato l’aula, poiché è vietato scattare foto dopo che i giudici sono entrati. Il tribunale, non ha accolto la richiesta dei media di trasmettere la testimonianza in diretta. La testimonianza, programmata per sei ore al giorno, tre giorni alla settimana per diverse settimane. Il suo avvocato ha chiesto che gli fosse consentito di ricevere note durante la testimonianza, per assicurarsi di poter continuare a governare il Paese e, in alcuni momenti del processo.

Le accuse sull’imputato Benjamin Netanyahu

Clientele e favori la versione politica, corruzione l’accusa penale. Benjamin Netanyahu imputato su tre filoni, tre procedimenti penali distinti, chiamati Caso 1000, Caso 2000 e Caso 4000. Durante la sua prima testimonianza ha negato nuovamente tutte le accuse che lo riguardano.

Nel Caso 1000 Netanyahu è accusato di aver accettato l’equivalente di circa 260mila euro in regali costosi, fra cui sigari, casse di champagne e soggiorni in hotel di lusso per lui e la sua famiglia. Questi regali sarebbero stati fatti dal miliardario australiano James Packer e dal celebre produttore cinematografico Arnon Milchan, che nella sua carriera ha prodotto, fra gli altri, film come C’era una volta in America (1984). In cambio, secondo i pubblici ministeri, Netanyahu avrebbe fatto pressioni sul ministero delle Finanze israeliano per raddoppiare la durata di un’esenzione fiscale per i cittadini israeliani che hanno vissuto all’estero, come Milchan, dopo il loro rientro in Israele, e avrebbe anche aiutato Milchan per il permesso di soggiorno negli Stati Uniti facendo pressioni sul governo statunitense.

Nel Caso 2000 e nel Caso 4000 Netanyahu è invece accusato di essersi accordato con due importanti editori israeliani affinché le testate da loro possedute parlassero bene di lui. Nel primo caso i pubblici ministeri lo accusano di essersi accordato con Arnon Mozes, l’editore di Yediot Ahronot, uno dei principali giornali israeliani, in cambio di una legge che avrebbe danneggiato un quotidiano rivale. Questa legge non è mai stata promulgata, ma Netanyahu e Mozes sono entrambi imputati. Nel secondo caso l’uomo d’affari Shaul Elovitch, proprietario dell’Eurocom Group, una delle più grandi società finanziarie in Israele, e sua moglie sono accusati di aver concesso favori a Netanyahu e alla sua famiglia nella speranza che il primo ministro israeliano non ostacolasse i loro interessi. Elovitch è in particolare accusato di aver ripetutamente promesso a Netanyahu di influenzare la copertura del sito di notizie Walla, di sua proprietà.

Finora le udienze sono state aperte al pubblico ma per questioni di sicurezza il tribunale ha deciso che le testimonianze di Netanyahu si terranno in un’aula sotterranea del tribunale di Tel Aviv e a porte chiuse. I giornalisti dei principali quotidiani israeliani sono presenti in aula, ma la loro richiesta di trasmettere le udienze in livestream è stata negata.

Dopo 300 testimoni, tocca a lui

Accuse pesanti a cui Netanyahu dovrà replicare dopo che nel processo sono stati ascoltati oltre 300 testimoni. Per lo Stato Ebraico è un giorno clou perché sostanzialmente senza le accuse a Netanyahu è probabile che Israele sarebbe stato diverso, rileva su InsideOver, Adrea Muratore. «Non ci sarebbe stata la saldatura tra il Likud e le due destre estreme, quella nazionalista identitaria e quella religiosa nel 2022. Non sarebbe emerso il patto di ferro che trasformò questa saldatura in accordo di governo sdoganando le pulsioni più dure dell’etno-nazionalismo e del sionismo religioso incarnate da figure come Itamar ben Gvir in cambio del via libera alla riforma giudiziaria, contestatissima, di Netanyahu.

E forse con un governo più normale e meno attento a porre il fanatismo ideologico davanti ai principi della sicurezza nazionale, non ci sarebbe stato nemmeno il 7 ottobre».

La strage di Hamas e il terrore a Gaza la salvezza del corrotto

Netanyahu, dal dopo 7 ottobre che d getta un’ombra tragica sulle sue responsabilità di governo, vuole presentarsi come il comandante in capo impegnato a fronteggiare l’attacco di Hamas, Hezbollah, Iran e altri nemici di Israele mentre una magistratura nemica cerca di mettergli i bastoni tra le ruote. Nel seguito dei oltre 100 giorni del massacro/genocidio a cancellare Gaza e nella mobilitazione banditesca dei coloni ebrei alla conquista della Cisgiordania palestinese -Libano, Iran e ora Siria come intermezzo-, torna il dibattito sul futuro identitario e politico dello Stato Ebraico: può un leader considerarsi al di sopra della legge per il fatto di essere coinvolto in  un conflitto? E non rischia questo fatto, di alimentare un clima da “guerra infinita” per il dilazionare l’avanzamento del processo? Il New York Times ha suggerito che la testimonianza di Netanyahu non si esaurirà oggi, ma si spalmerà in più interventi su più settimane.

Anche Assad cadendo aiuta ‘Bibi’

La caduta di Bashar al-Assad in Siria, con Israele pronto a rubare altro territorio sul Golan, ‘è stata un assist a Bibi’, il commento diffuso. Lunedì mattina i ministri di Netanyahu avevano chiesto -per fortuna invano- alla Corte distrettuale di Gerusalemme di ritardare la testimonianza di Netanyahu a causa degli sviluppi in Siria, con il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich che più tardi quel giorno si è spinto fino a sostenere che i giudici “stavano danneggiando la sicurezza nazionale respingendo la richiesta”, riferisce il Times of Israel.

Il circolo vizioso

Il processo può rafforzare lo Stato di diritto israeliano ricordando che nessuno è sopra la legge e che anche il primo ministro può e deve certificare la sua innocenza in aula. Ma un Netanyahu sotto processo è un Netanyahu messo all’angolo, che sa che dietro l’eventuale fine della guerra, alibi per dilazionare le testimonianze, c’è l’eventuale fine del governo e lo spettro del carcere: rischia infatti, complessivamente, fino a 10 anni.

Conflitto d’interesse di Netanyahu

Israele sempre più prigioniero dei destini personali di Netanyahu a della sua coalizione alla destra delle destre suprematiste ebraiche laiche e religiose, della conflittualità che sta consumando la regione e la società stessa di Israele. Il rischio che per fare giustizia si spinga avanti il caos è la vittoria politica più chiara di Netanyahu, con Israele, suo futuro e la sua stessa democrazia, condizionate dalla sorte di un pessimo ma abilissimo personaggio. Oltre a queste accuse, su Netanyahu pende anche un mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità per la guerra che Israele sta portando avanti nella Striscia di Gaza.

 

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