Il bombardamento ha aggravato una situazione già drammatica per i residenti del campo, che soffrono la fame a causa della scarsità di aiuti umanitari e delle restrizioni imposte dalle Rsf. Ad essere colpiti sono stati luoghi come mercati e scuole. Bersagli scelti su base etnica. Contemporaneamente, le Forze Armate hanno lanciato attacchi aerei sulle aree controllate dalle Rsf nel Darfur settentrionale, causando altre morti. Controaccusa di “genocidio sistematico” nel Darfur settentrionale, chiedendo all’Onu di indagare sugli attacchi aerei, sostenendo che abbiano ucciso più di 3mila civili tra ottobre e novembre.
Le Nazioni Unite hanno lanciato l’ennesimo allarme sulla gravità della crisi nel Paese, considerata la più grave al mondo in questo momento storico per numero di sfollati e fame. L’Onu ha denunciato che più della metà della popolazione sudanese è in condizione di carenza di cibo grave. Si parla di 26,5 milioni di persone. Il Programma Alimentare Mondiale (Pam) ha inviato oltre settecento camion con aiuti alimentari in grado di sfamare la popolazione solo per un mese. Gli sfollati hanno raggiunto i 12 milioni, dei quali 3,2 hanno trovato rifugio nei paesi limitrofi.
Una delle conseguenze più drammatiche della condizione di crisi attuale, sono le malattie dovute a debolezza fisica e carenza di igiene. Una serie di epidemie sta infatti emergendo nel contesto di una sanità pubblica già al collasso. Il colera è la minaccia più recente, con oltre 43.000 casi e circa 1.800 decessi secondo una nota emessa dal ministero della Salute. Le aree più colpite sono Khartoum, Al Jazieah, Al Qadarif, Kassala, Gedaref e Nilo. Condizioni estreme come l’accesso limitato a acqua potabile. Il colera è una malattia batterica che viene trasmessa prevalentemente attraverso acqua contaminata e causa diarrea grave e disidratazione e può essere fatale in poche ore se non trattata.
Il 18 novembre la Russia ha posto il veto a una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per imporre un cessate il fuoco immediato in Sudan. La risoluzione, proposta dal Regno Unito e dalla Sierra Leone, aveva ottenuto il sostegno di 14 dei 15 membri del Consiglio, inclusa la Cina, ma è stata bloccata dalla Russia. Mosca ha giustificato il veto accusando il testo della risoluzione di avere un approccio “postcoloniale” e di non rispettare la sovranità del Sudan. La Russia sostiene che una tregua debba essere decisa dalle parti coinvolte e non imposta dall’esterno.
La decisione è stata accolta con favore dalla giunta militare. La mossa è stata oggetto di molte critiche internazionali. Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno accusato la Russia di essere un ostacolo alla pace, sottolineando come il veto abbia negato un aiuto necessario a milioni di persone colpite dal conflitto e dalla crisi umanitaria. Alcuni hanno interpretato la posizione russa come un allineamento strategico con il governo militare sudanese, denuncia su InsideOver Simona Losito.
La Russia ha contestato la risoluzione per non aver citato “le legittime autorità del Sudan”, facendo riferimento alla giunta militare del generale Abdel Fattah al Burhan, di cui Mosca è sostenitrice. La risoluzione invitava inoltre la comunità internazionale a “evitare interferenze che alimentino il conflitto e a rispettare l’embargo sulle armi”.