All’indomani delle Seconda guerra mondiale la Francia adottò una nuova costituzione dando vita al sistema politico noto come ‘Quarta repubblica’ che al suo interno ebbe vita travagliata, dovette affrontare gravi difficoltà internazionali e soprattutto il processo di decolonizzazione: infatti, dopo la perdita dell’Indocina nel 1954 e la crisi di Suez nel 1956, esplose letteralmente la guerra d’Algeria nel 1958.
Quando Charles de Gaulle ritornò al potere nell’estate dello stesso anno, come aveva annunciato, realizzò una seconda riforma costituzionale che avrebbe dato vita alla ‘Quinta repubblica’, sostanzialmente rafforzando i poteri dell’esecutivo, ossia del governo e del presidente della repubblica a scapito del parlamento. La Quarta repubblica era durata in pratica meno di una quindicina d’anni, ma il tema dell’instabilità dei governi era molto più antico.
A parte la cronica brevità dei diversi esecutivi – le cui vicende fatte di colpi di scena e inganni assomigliavano spesso alla ‘commedie’ di Feydeau –, l’immagine stessa della Terza repubblica divenne in realtà il vero capro espiatorio cui fu addossata anche la responsabilità della sconfitta del 1940: se insomma la classe politica dedita agli affari e alla corruzione si era dimostrata imbelle, questo atteggiamento aveva nuociuto allo spirito combattivo dei francesi.
Dall’estrema destra inoltre, dagli ambienti di Vichy, il peso della sconfitta e dell’umiliante occupazione finirono poi per essere compensati dalla magra soddisfazione di aver almeno raso al suolo la Terza repubblica, ingovernabile per l’eccessivo ruolo del parlamento. E fu proprio in mezzo a questo dibattito che avvenne la svolta.
Nell’ottobre 1958, mentre era ancora in corso la guerra d’Algeria, fu approvata dunque la nuova costituzione che limitava il ruolo del parlamento creando un sistema ‘semi-presidenziale’, anche se la definizione fu coniata dal politologo e costituzionalista francese Maurice Duverger a partire dalla fine degli anni Sessanta: il presidente della repubblica, eletto a suffragio universale diretto, gode di maggiori poteri ed opera in una sorta di amichevole coabitazione con il governo che comunque si fonda sul sostegno del parlamento.
La questione retrostante – che si tende a ritenere implicita, ma invece determinante – è che la maggioranza che ha eletto il presidente sia anche la stessa maggioranza parlamentare, ma non sempre è così: questo avviene solo quando il sistema è bipartitico netto, senza ingerenze di gruppi parlamentari e quando la dialettica tra maggioranza e opposizione si gioca tra due poli.
Una dinamica parlamentare particolarmente accesa o una presidenza che non esercita appieno le proprie prerogative finiscono per indebolire il funzionamento del sistema: qualcosa di simile accadde alla repubblica di Weimar, esempio alquanto infausto, ma da ricordare comunque, oppure in casi in cui ai presidenti sono attributi poteri in politica estera oltre a quelli di nomina del primo ministro titolare.
Al contrario, in una repubblica parlamentare, dove il presidente è scelto da rappresentanti dell’elettorato, i ruoli sono assegnati rigidamente da precise norme costituzionali che impongono precisi comportamenti.
Tra i primi successori di de Gaulle vi furono Georges Pompidou e Valery Giscard d’Estaing. Pompidou, che da primo ministro aveva convinto de Gaulle allo scioglimento anticipato delle camere nel giugno 1968, cioè all’indomani del ‘maggio francese’, ottenne una schiacciante maggioranza gaullista e da quella vittoria i voti per propria la presidenza della repubblica l’anno successivo.
Valery Giscard d’Estaing, cresciuto e maturato nell’ambiente gaullista che poi aveva abbandonato, al primo turno delle elezioni presidenziali sconfisse proprio un altro gaullista, Jaques Chaban-Delmas, e al secondo turno Francois Mitterrand ottenendo poi una propria solida maggioranza di centro-destra.
Diverso infine il caso di Francois Mitterrand: a parte l’unicità nell’aver ricoperto due mandati consecutivi all’Eliseo per complessivi quattordici anni, fu anche il primo presidente della Quinta repubblica a provare la ‘coabitazione’ con un primo ministro espressione di una maggioranza diversa, Jaques Chirac.
Al momento della prima elezione Mitterrand fu eletto da una coalizione che comprendeva socialisti e comunisti – aspetto nuovo nella storia politica francese –, ma che portò nelle successive elezioni parlamentari ad un successo dei socialisti che ottenenero anche la maggioranza alle camere.
Più incerti i casi successivi in cui non sempre le due maggioranze coincisero e ai quali si aggiunse progressivamente la crisi dei partiti tradizionali. Decisioni personali poco felici o controversie in corso, il problema attuale sembra strutturale e riguardare piuttosto tutta l’archittettura della Quinta repubblica.