Per il ‘Crisis Group’, think tank con sede a Bruxelles, l’opposizione siriana sfrutta il vuoto lasciato da Hezbollah per avanzare in Siria. “Testare la prima linea dopo l’indebolimento di Hezbollah, la pressione sull’Iran e la preoccupazione della Russia per l’Ucraina”. Nell’ultimo anno le forze combattenti di Hezbollah hanno hanno ritirato le loro forze dalla Siria al Libano, nel tentativo di compensare le perdite subite mentre il presidente Bashar al Assad si avvicinava agli stati del Golfo e ha cercato di essere meno coinvolto con ‘l’asse della resistenza’ iraniano.
L’offensiva jihadista in Siria è stata scatenata subito dopo l’instabile cessate il fuoco tra Hezbollah e Israele. Negli ultimi mesi le forze aeree israeliane avevano colpito più volte le postazioni di Hezbollah e dell’esercito siriano intorno alla città di Aleppo. Lontano dal confine israeliano, a conferma di progetti precisi. Storici ma seminascosti i buoni rapporti tra Israele e jihadisti. Durante la guerra civile siriana, jihadisti feriti sono stati curati negli ospedali militari israeliani sulle alture del Golan, Siria che Israele occupa dal 1967.
Più sorprendente l’intesa tra Israele e la Turchia. Ankara ha permesso il passaggio di armi e munizioni, possibile solo attraverso dal confine turco per raggiungere Idlib, che hanno consentito ai miliziani jihadisti di scatenare l’offensiva, forti anche di equipaggiamenti e droni provenienti con ogni probabilità dagli arsenali ucraini. Convergenza di interessi tra Turchia e Stato ebraico? Israele punta sulla caduta del regime di Assad per interrompere la continuità territoriale della cosiddetta “Mezzaluna scita” che unisce Iran, Iraq, Siria e Libano consentendo l’alimentazione di Hezbollah.
Sul ruolo degli Stati Uniti, la tempistica dell’offensiva jihadista potrebbe far parte del maggior numero di crisi da lasciare malignamente in eredità. Dal via libera agli ucraini per colpire il territorio russo con i missili ATACMS, alle rivolte anti-governative esplose in Georgia (starebbero rientrando i volontari che hanno combattuto sul fronte ucraino), sia stata scatenata l’offensiva jihadista in Siria. Gli Stati Uniti mantengono da anni una presenza militare -illegale per il diritto internazionale- di un migliaio di militari in Siria, verso il confine giordano e i pozzi di petrolio.
Ipotesi geopolitica. Contribuire alla destabilizzazione anche di questa regione colpendo gli interessi di Russia e Iran, e un nuovo fronte da inserire in future trattative per la fine delle ostilità in Ucraina. Qualche centinaio di morti e qualche migliaia di profughi in più o in meno non contano. Finora gli scontri avrebbero provocato almeno 50mila sfollati e 514 morti in combattimento (Osservatorio siriano per i diritti umani): 268 miliziani jihadisti, 154 tra soldati e combattenti filo-governativi e 92 civili.
L’intelligence militare ucraino (GUR) sostiene che le forze russe in Siria avrebbero subito ingenti perdite con Mosca che cambia comandante. Ma se l’obiettivo di Kiev e Washington era di spingere Mosca a ritirare truppe dall’Ucraina per inviarle in Siria, non sembra funzionare. I russi stanno intensificando i raid aerei e forse invieranno altre unità di forze speciali ma la rinnovata conflittualità in Siria, come l’attacco ucraino a Kursk, non sembrano costringere Mosca a ridurre la pressione offensiva sui fronti ucraini. Almeno per ora.
Il grosso dei rinforzi destinati ad affiancare le truppe siriane sta affluendo dall’Iraq. L’Osservatorio siriano per i diritti umani sostiene che circa 200 miliziani iracheni a sono entrati in Siria. Mentre il ministero della Difesa di Baghdad invia “unità corazzate” ai confini. L’Iran potrebbe inviare reparti di pasdaran dopo che il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha incontrato domenica a Damasco il presidente Assad. “In caso di richiesta ufficiale da parte di Damasco, siamo pronti a prendere in considerazione l’invio di forze in Siria”.
Le tante ragioni per cui il conflitto riesploso in Siria rappresenta l’anello di con giunzione tra la guerra in Ucraina e quella tra Israele e gli alleati dell’Iran. Mentre -‘annotazione tecnica’ non soltanto da Analisi Difesa-, «forze navali e aerospaziali russe hanno concluso ieri le esercitazioni nel Mediterraneo orientale a cui prendono parte mille militari, dieci unità navali e 24 aerei da combattimento, inclusi Mig-31I armati con missili ipersonici Kinzhal, ha reso noto il ministero della Difesa a Mosca». Una prova muscolare e di deterrenza nei confronti delle navi statunitensi e alleate schierate in quell’area.