«Pare quindi segnata la sorte di Syrsky, il ‘macellaio di Bakhmut’ (così detto per aver sacrificato un gran numero di soldati nella difesa di una città indifendibile, infatti caduta nelle mani dei russi nel maggio 2023) che nove mesi fa aveva preso il posto di Zaluzhny».
Per come vanno le cose sul campo, con i russi che avanzano nel Donbnass e intanto hanno recuperato quasi il 50% del territorio della regione di Kursk che gli ucraini avevano messo sotto controllo con l’invasione del 6 agosto, qualche rimescolìo nelle forze armate non dovrebbe scandalizzare. Il punto, però, è un altro: questi avvicendamenti sembrano dettati dal desiderio di scaricare su altri la responsabilità degli insuccessi e, nel contempo, di circondarsi di fedelissimi che non creino problemi.
Syrsky è arrivato al vertice delle forze armate, nel febbraio scorso, appoggiando le teorie di Zelensky che voleva le sue truppe all’offensiva, contro il parere di Zaluzhny che, fallita l’offensiva dei mesi precedenti, chiedeva prudenza e risparmio delle forze. E non è un caso se ora sta per essere liquidato, visto che le voci da Kiev raccontano di un suo dissenso rispetto all’avventura militare nella regione di Kursk.
Avanti un altro, insomma, nel piano tipico stile zelenskiano, che prevede lo scaricabarile immediato in caso di difficoltà. Arriva il Covid e l’Ucraina (marzo 2022) si trova a essere il Paese europeo con il minor tasso di vaccinati (35% della popolazione)? Zelensky cambia cinque ministri della Sanità: Ulana Suprun, Zoriana Skalec’ka, Illia Yemec, Maksim Stepanov (che poco dopo finisce sulla lista dei ricercati per appropriazione indebita e riciclaggio) e Viktor Liashko.
L’Ucraina vincerà, dice oggi giorno Zelensky. Ma da quando è presidente ha cambiato cinque ministri della Difesa, l’ultimo avvicendamento quello tra Oleksji Reznikov e Rustem Umerov. E così via con funzionari, ministri, vertici dei servizi segreti e della procura, generali e collaboratori di ogni sorta.
Bisogna però stare attenti a leggere quest’ultima giravolta del presidente ucraino. La nomina da seguire con attenzione è quella del comandante Pavel Palis a vice del capo dell’amministrazione presidenziale, il potentissimo Andrij Jermak, da molti considerato il “presidente ombra” dell’Ucraina. Che ci fa un alto ufficiale delle forze armate al vertice di una struttura eminentemente civile?
La prima sensazione è che, in un momento di particolare difficoltà al fronte, con l’opinione pubblica ucraina che chiede la pace e il suo consenso in picchiata, Zelensky provi a proteggersi dietro i militari, con l’inevitabile conseguenza di militarizzare ancor più una società che già vive in regime di legge marziale.Il che getta qualche ombra inquietante sul futuro dell’Ucraina che, se dovesse arrivare una tregua, chiederebbe ovviamente di andare a votare per il Parlamento e per il Presidente.
Le forze armate di Kiev stanno facendo i conti con un gravissimo problema: la mancanza di soldati. I motivi principali coincidono con le diserzioni e gli abbandoni volontari degli stessi militari.
Financial Times: “Ogni mese solo in Polonia 12 soldati ucraini disertano”
Ogni mese solo in Polonia circa 12 militari ucraini disertano mentre sono impegnati in esercitazioni militari nel Paese confinante con l’Ucraina: è quanto riporta il Financial Times in un articolo citando un rappresentante dei servizi di sicurezza polacchi.
La carenza di uomini e la stanchezza dei militari al fronte da quasi tre anni è ben noto a Zelensky. Impressionante il numero di procedimenti giudiziari aperti per i disertori. Da gennaio a ottobre di quest’anno, scrive ancora l’Ft citato da Ukrainska Pravda, i pubblici ministeri ucraini hanno aperto 60mila casi contro i militari per aver abbandonato le loro posizioni, quasi il doppio rispetto al 2022 e al 2023 messi insieme. Se giudicati colpevoli, gli uomini rischiano fino a 12 anni di prigione.