L’uomo di Trump per la pace e il dietrofront di Zelensky

Zelensky, ‘Tregua possibile sotto l’ombrello della Nato’

L’uomo scelto da Trump per gestire le politiche statunitensi in Russia e Ucraina. E’ l’ex generale Keith Kellogg, un veterano della guerra del Vietnam, tra i più critici della gestione del presidente Biden, che avrebbe contribuito a scatenare una ‘crisi evitabile’, fornendo poi un sostegno a Kiev inadeguato nei tempi e nei modi. Sarà l’inviato speciale dell’amministrazione repubblicana per mettere fine al conflitto in Europa orientale “in un solo giorno”. Farse un bel po’ di tempo in più. Keith Kellogg, per il poco di concreto attorno al tanto promettere di Trump, chiede la distensione con Mosca e di tenere Kyiv fuori dalla NATO, con un bel po’ di ‘realpolitik’ per Zelensky

Il dietrofront di Zelensky

In attesa dell’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca, Volodymyr Zelensky fa un nuovo passo in avanti prima di esservi costretto. Il leader ucraino apre ad un congelamento del conflitto con “la parte non occupata dell’Ucraina subito sotto l’ombrello della Nato”, mentre si penserà poi ai territori occupati dai russi: “Possiamo riportarli indietro in modo diplomatico”, ipotizza in un’intervista a Sky News.

L’uomo di Trump per Russia-Ucraina

Per l’80enne Kellogg non è il primo incarico di un certo livello politico: veterano decorato della guerra contro i Viet Cong durante la quale fu anche consigliere dell’esercito regolare cambogiano contro i Khmer rossi, il militare è stato più recentemente consigliere per la sicurezza nazionale per Trump (febbraio 2017) e per l’ex vicepresidente Mike Pence (2018-2021). La posizione di Kellogg sul conflitto ucraino arriva da uno studio strategico -“America First, Russia & Ukraine”- pubblicato ad aprile dal ‘Center for American Security presso l’America First Policy Institute’, il ‘think-tank’ di riferimento del composito mondo MAGA –l’America di nuovo grande- di cui l’ex generale è stato co-presidente.,

La politica estera di Biden ‘caotica’

Il rapporto accusa l’amministrazione Biden di aver alimentato il conflitto con una politica estera definita “caotica” e improntata a obiettivi idealistici piuttosto che a un dialogo pragmatico con il Cremlino. Critiche moderate e sensate, al momento. Kellogg e il co-autore Fred Fleitz, analista Cia, ex capo di staff del Consiglio per la sicurezza nazionale nel 2018, parlano dell’l’invasione russa come una “tragedia evitabile”, e sostengono che sia nell’interesse di Kyiv, di Washington e dell’intera comunità internazionale, negoziare un cessate il fuoco e un accordo di pace con Putin. Europa chiamata alle armi, compresa.

Tre, per il poco reso noto, i punti chiave

Primo: il flusso di aiuti militari a Kiev viene subordinato alla partecipazione attiva dell’alleato ai colloqui di pace con Mosca. Secondo, che la NATO congeli la domanda di adesione dell’Ucraina all’Alleanza in cambio di un accordo di pace e garanzie di sicurezza da parte dell’Occidente. Amici ma non soci. E terzo, che si alleggeriscano le sanzioni occidentali contro Mosca come incentivo per un accordo in modo che parte delle entrate derivanti dalle vendite di energia russa –scrive la Voce di New York-, vengano destinate alla ricostruzione dell’Ucraina. Almeno della parte russa del territorio che cambierà Stato.

I consiglieri consigliano ma Trump tace

Nonostante non manchino una serie proposte abbastanza chiare da parte dei suoi consiglieri di politica estera, il suo vice compreso, Trump non ha ancora chiarito come intenda porre fine al conflitto ‘in un solo giorno’, come promesso in campagna elettorale. Spacconate a parte, Trump ha ripetutamente accusato il successore e presto il predecessore democratico Joe Biden dì rischiare di trascinare il mondo in una guerra mondiale, oltre ad aver sarcasticamente descritto Zelensky come “il miglior venditore del mondo” (per lui, Trump, non esiste gara), e aver sottratto ai contribuenti americani 174 miliardi in aiuti.

Furberie comizianti

“Non posso svelarvi i piani, perché altrimenti non li potrò utilizzare”, ripete nei suoi comizi per non dire ciò che ancora non sa esattamente cosa fare. Ma come riporta il Wall Street Journal, fonti vicine al ‘team di transizione’ del presidente eletto, fanno trapelare che “i suoi consiglieri stiano valutando diverse soluzioni”, tutte mirate al miracolo di fermare il conflitto nel più breve tempo possibile. Ovviamente non in un giorno.

Idee vaganti e spesso velleitarie

Una delle idee più discusse risulta quella di congelare l’adesione dell’Ucraina alla NATO per almeno vent’anni, in cambio della garanzia dell’assistenza militare americana per prevenire ulteriori aggressioni russe. La proposta comporterebbe inoltre il congelamento dell’attuale linea di contatto e la creazione di una zona demilitarizzata di circa 1.300 chilometri tra le truppe russe e ucraine, una sorta di “terra di nessuno” da affidare alla sorveglianza di quei Paesi europei che, secondo Trump, avrebbero per troppo tempo addossato a Washington l’onere militar-economico della propria sicurezza regionale.

Con Zelensky o con un altro leader?

Entrambe le proposte repubblicane -segnala Gennaro Manzi su ‘La voce da  New York’-, si scontrano con il “piano di vittoria” inventato dal presidente Zelensky, che insiste sull’adesione del Paese alla NATO, all’Unione europea, e sul recupero di tutti territori occupati, inclusa la Crimea. A fare pari con la promessa di pace in un giorno. Dal dire al fare, difficilmente Kyiv troverà in Trump un interlocutore accondiscendente. E la politica ucraina dovrà fare altre scelte in casa. Zelensky o chi potrebbe succedergli ad elezioni di guerra sempre possibili, suggeriscono senza dirlo Keith Kellogg, e l’ex analista della Cia, Fred Fleitz.

Congelamento del conflitto

Era stato lo stesso prossimo vice JD  Vance ad elaborare un piano per la fine della guerra: costringere l’Ucraina a trattare a partire dalle attuali posizioni sul campo di battaglia. In caso di mancato assenso da parte di Zelensky ci sarebbe stata l’interruzione totale e immediata delle forniture di armamenti. Alcuni analisti hanno definito questa opzione «congelamento del conflitto». Lo ‘Status quo’ territoriale raggiunto, senza modificare i confini ufficiali dei due belligeranti. Per litigarne diplomaticamente nel futuro, con tutti i guai derivati in casa Europa.

La pace mancata 1000 giorni di guerra prima

«E così il presidente Zelensky ha deciso di trovare un modo per fermare la guerra, prima che l’Ucraina tracolli dopo tre anni di coraggiosa resistenza e sacrifici enormi», considera polemico Fulvio Scaglione. Rinunciando di fatto al sogno di “tornare ai confini del 1991”, quindi recuperare il Donbass e la Crimea. Niente più Piano per la Vittoria a dispetto dei missili a lungo gittata che ora potrebbe usare con l’autorizzazione degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia. Ma molto realismo.

La proposta Zelensky anni di inutile guerra dopo: l’Ucraina nella Nato subito -ma Trump dice di no, ‘solo amicizia e copertura militare’-, e per i territori occupati dalla Russia si vedrà, si tratterà. Purché si smetta di sparare e di morire, qualunque proposta è buona.

 

 

Tags: Trump Ucraina Usa
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