La fine dei raid israeliani sul Libano, ‘risultato di un gioco di acrobazie diplomatiche tra Usa e Francia’, lo definisce Marina Calculli. Una buona notizia, anche se molto più fragile di quanto la vantano. E i libanesi festeggiano con ritegno, portando il lutto per i morti e le devastazioni dell’ennesima aggressione. Mentre in Israele l’apposizione di scopre più guerrafondaia del pessimo Netanyahu, accusato di non ‘aver risolto il problema’. L’ennesimo bagno di sangue libanese senza alcun alcun ‘vantaggio strategico’ concreto per Israele, che ottiene quelle concessioni internazionali di impunità di cui di fatto già godeva.
Israele non ha rioccupato il Libano, come intendeva fare. La sua aviazione ha inflitto distruzioni enormi a un paese già fragile, ma le truppe di occupazione sono riuscite a malapena a penetrare oltre confine e non sono riuscite a mantenere alcun controllo del territorio. Confermata la capacità militare di Hezbollah di difendere il paese, nonostante il colpo durissimo incassato con la decapitazione della sua leadership. Il ‘Partito di Dio’ ha resistito infliggendo pesanti perdite, più pesanti della guerra del 2006, e colpendo una serie di obiettivi militari sensibili in Israele con missili che hanno raggiunto anche la capitale Tel Aviv.
L’accordo oggi celebrato prevede solo di rispettare la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 1701, violata sino a ieri da Libano e da Israele, che ora promettono di essere più bravi. Poco da festeggiare. Come il nuovo ruolo Unifil con supervisione statunitense, che blocca almeno per il momento le intenzioni israeliane di rioccupare il sud del Libano col ritiro dei caschi blu dal Libano, colpendoli ripetutamente nelle loro basi. Nuove armi americane per cancellare Gaza, ma sul Libano almeno un freno.
Fallito il piano di guerra civile contro Hezbollah, per «non fare la fine di Gaza» minacciato da Netanyahu, mentre la sua aviazione terrorizzava i civili. La realtà è che Israele non ha più veri ‘collaboratori’ in Libano, come ai tempi della guerra civile, salvo quel po’ di ultra destra cristiana rimasta, sottolinea Marina Calculli. «La maggior parte della popolazione libanese, anche quella più critica verso Hezbollah, ha sostenuto la resistenza in questa guerra, ben sapendo che una caduta del sud e una nuova occupazione militare israeliana, avrebbe di fatto significato la fine del Libano».
Il titolo del giornale Yediot Ahronot che dà voce alla contestazione per i risultati ottenuti da Israele al tavolo delle trattative. «Questo accordo avvicina la minaccia del 7 ottobre al nord. Come siamo passati dalla vittoria totale alla resa totale? Perché non abbiamo finito ciò che avevamo iniziato?», ha protestato Avihay Stern, sindaco di Kiryat Shmona, cittadina a ridosso del confine e bersaglio dei lanci di razzi di Hezbollah. Non festeggia neanche il centrosinistra all’opposizione, che accusa Netanyahu di aver «barattato» la sicurezza del nord di Israele per l’assicurazione ottenuta dalla Francia che, secondo il quotidiano Haaretz, non rispetterà i mandati di arresto emessi dalla Corte penale internazionale (Cpi) contro di lui e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant per crimini di guerra a Gaza, svela Michele Giorgio
Netanyahu ieri ha cercato di correre ai ripari, tuonando contro il ritorno degli sfollati libanesi alle loro case. Per molti israeliani in ogni caso parlano molto più chiaramente le immagini che giungono dal Libano con le bandiere gialle del movimento sciita che sventolano in tutto il sud del paese dei cedri a celebrare la resistenza armata dei combattenti sciiti. Inoltre, Hezbollah ha annunciato che terrà funerali pubblici e solenni per il suo leader, Hassan Nasrallah, assassinato da Israele lo scorso 27 settembre con un raid aereo. «Accettano di cessare il fuoco su un fronte e non sull’altro?» chiede ad Al Jazeera Ahlam Abu Shalabi, palestinese sfollata a Gaza
È passato un anno dall’unica, brevissima tregua concessa nella Striscia in tredici mesi di guerra, quando 105 prigionieri furono rilasciati in seguito a un accordo tra Israele e Hamas, ci ricorda Enrica Muraglie. E non si intravedono altri momenti di respiro, contrariamente a quanto dichiarato dal consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati uniti Jake Sullivan. Anzi. «Ricostituire le scorte di armi israeliane tra le condizioni dell’accordo sul cessate il fuoco con Hezbollah, aveva dichiarato nel suo discorso pubblico lo scorso martedì.
Aspettative soddisfatte: Israele riceverà 680 milioni di armamenti, ha deciso ieri Biden, seppure in via preliminare. Il disimpegno entro 60 giorni sul fronte libanese coincide, dunque, con un rafforzamento dell’esercito di Tel Aviv, che presumibilmente sposterà i suoi soldati verso il nord di Gaza, come sostengono molti analisti.