A settembre The Wall Street Journal, citando fonti di intelligence, ha scritto che circa un milione tra ucraini e russi sono stati uccisi o feriti dal 24 febbraio 2022. La maggior parte sono soldati appartenenti a entrambi gli schieramenti, seguiti poi dai civili ucraini. Nello stesso mese BBC e il sito web indipendente Mediazona sono risaliti ai necrologi di 70.000 combattenti russi morti in Ucraina – il 20 per cento erano volontari. I numeri forniti dal The Wall Street Journal sembrerebbero in linea con quanto dichiarato un anno prima – ad agosto 2023 – da The New York Times, secondo cui la guerra aveva provocato fino ad allora circa 500.000 vittime.
Un numero su cui invece c’è consenso, grazie soprattutto al ruolo dell’agenzia Onu per i rifugiati (UNHCR), riguarda gli sfollati: 6,7 milioni di ucraini hanno cercato rifugio fuori dal Paese, mentre gli sfollati interni sono quasi 4 milioni. Se si pensa che, ad agosto, un solo attacco ha provocato la morte di 184 civili e il ferimento di 856 si capisce come la fuga possa essere l’unica soluzione per queste persone, cita Guglielmo Gallone.
«Anche perché le infrastrutture non sono esenti da operazioni militari». I bombardamenti hanno danneggiato 3.798 scuole e, di queste, 356 sono state distrutte. In più di due anni, 1.619 strutture sanitarie sono state danneggiate e altre 214 sono state rase al suolo – tra le più colpite, quelle nell’oblast di Kharkiv, Donetsk, Mykolaiv, Kyiv, Kherson e Zaporizhzhia.
La guerra ha già interessato il 20 per cento delle aree protette in Ucraina, dove l’esercito russo ha occupato otto riserve naturali e dieci parchi nazionali. La detonazione di bombe, missili e altri esplosivi ostacola la crescita delle piante di circa il 5–10 %. Non si fanno sconti neanche alla qualità dell’aria, influenzata da attività come l’uso di veicoli, aeromobili, droni e combustibili fossili, capaci di aumentare le emissioni di gas serra e inquinanti come ammoniaca, monossido di carbonio, anidride solforosa e ossidi di azoto.
Tutto ciò incide sull’economia nazionale ucraina che storicamente si regge sull’agricoltura. Fino a pochi anni fa considerata «granaio del mondo» perché esportava il 20 per cento del grano e il 45 per cento di olio di girasole in tutto il mondo, oggi Kyiv – anche a causa dei bombardamenti sui porti nel Mar Nero – ha perso quasi tutta la sua forza commerciale. E gli effetti sui prezzi dei beni alimentari sono stati notevoli, alimentando l’inflazione in Europa e compromettendo le catene alimentari nei Paesi africani. Inoltre, a causa della carenza di elettricità l’Ucraina ha iniziato a smantellare le sue centrali termoelettriche per ricavarne parti destinate a riparare altre centrali elettriche.
E l’economia nazionale insegue la catastrofe militare. A settembre l’inflazione è balzata all’8,6 % (+1,5 % su base mensile) a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, dell’aumento delle spese di produzione e della continua pressione derivante dal deprezzamento della moneta nazionale. Sebbene il Paese si stia spopolando, il tasso di disoccupazione a ottobre resta superiore al 15 per cento e l’indicatore della povertà – ossia di persone costrette a risparmiare sul cibo – è fermo al 20%. Nonostante ciò, le entrate del bilancio dello Stato ucraino sono state usate per finanziare la difesa. Le spese civili sono invece state sostenute attraverso gli aiuti provenienti dall’esterno