L’economia russa cresce o crolla? La guerra delle analisi

“L’economia russa resiste ai colpi delle sanzioni e dell’inflazione e non c’è alcuna possibilità che si verifichi una grave crisi economica nei prossimi tre-cinque anni”. Rapporto  del Centro Studi CASE (Centre for Analysis and Strategies in Europe). Gli autori sono tre noti economisti ed ex dirigenti di Mosca, oppositori di Putin e in esilio. Quasi gli stessi dati, letti da Money.it parlano di crollo economico. Chi sbaglia e chi strumentalizza?

I russi anti Putin salvano la Russia prossima

«Centre for Analysis and Strategies in Europe». Noti economisti russi che hanno rotto con Putin e ora sono in esilio: Sergey Aleksashenko, ex vice Ministro delle Finanze della Russia dal 1993 al 1995. Dmitry Nekrasov che ha ricoperto vari incarichi nel Servizio Fiscale Federale, e l’accademico  Vladislav Inozemtsev. La prudenza che induce a maneggiare le notizie in tempo di guerra non ci impedisce di constatare alcune evidenze, oltre i muri della propaganda eretti a Est come a Ovest.

La nuova economia da sanzioni

Ci si aspettava che l’economia russa crollasse dopo l’imposizione delle sanzioni nel 2022. E in effetti, i primi mesi sono stati uno shock. Ma da metà 2023, l’economia russa ha subito importanti cambiamenti strutturali: la spesa militare è aumentata e la geografia del commercio estero è cambiata. Ne sono seguiti una serie di clamorosi errori di valutazione da parte delle principali organizzazioni economiche internazionali.

Inciampi internazionali di tifoseria

Ad aprile 2022 la Banca Mondiale aveva previsto che il Pil russo sarebbe sceso dell’11,2% entro la fine dell’anno, ma la stima finale è arrivata solo a meno 2,1%. Nel 2023, l’economia russa è cresciuta del 3,6% rispetto alle previsioni Fmi dello 0,3%; e nel 2024 la sua crescita potrebbe raggiungere il 3,8-4,0%, mentre all’inizio dell’anno gli “esperti” internazionali fornivano una cifra di appena l’1,3%. Previsioni ‘sballate’ che forniscono ulteriori spunti di riflessione sull’affidabilità di questi enti a fornire indicazioni economiche e raccomandazioni politiche.

Money occidentali e dintorni sospetti

Non solo Money all’americana, ma ‘La Stampa’. «Le grandi imprese russe al collasso, sanzioni e guerra affossano l’economia. Gazprom perde il 36%, crollano anche i ricavi delle esportazioni. Ma Putin insiste: Il Paese cresce». A chi dare retta? Il leader russo ricandidato per un quinto mandato di sei anni al Cremlino, parla di crescita reale oltre il 3,2%. Il giornale Izvestia: i ricavi delle grandi società russe nei primi sei mesi 2023 si sono ridotti quasi della metà. Izvestia è un quotidiano allineato, e i suoi esperti parlano di «congiuntura internazionale», «riduzione dei prezzi sull’energia», «interruzione delle catene logistiche», «ristrutturazione dei processi produttivi» e «riduzione del potere d’acquisto».

I costi sempre più onerosi della guerra

Problemi in una sola parola: guerra. E qui torna Sergey Aleksashenko: le entrate russe continuano a venire finanziate per un terzo dalle esportazioni di petrolio e gas. Cambia solo il modo di trasportarle e contabilizzarle. La flotta di petroliere fantasma che ha venduto quantità record di greggio (da qui il crollo delle entrate di Gazprom, legata ai gasdotti dei consumatori europei) ha riempito i forzieri di Putin, aggirando le sanzioni. Soldi investiti nella guerra. Secondo la testata indipendente Meduza, le spese militari russe hanno raggiunto il numero record del 4% del Pil, e nel 2024 saliranno al 6%.

Occidente autoreferenziale sbaglia i conti?

L’Occidente ha sottovalutato come Putin potesse riorientare il suo commercio verso il Sud del mondo e quanto profondamente integrata fosse la Russia nelle economie europee. Basti pensare al boomerang delle sanzioni che ha colpito la Germania ora in recessione. La Russia ha trovato nuovi mercati in Asia per il petrolio e offerto sconti per conquistare nuovi clienti a due colossi energivori come India e Cina. Allo stesso tempo si è chiuso un occhio sulle triangolazioni con Turchia o i paesi “Stan” che consente alla Russia di continuare a commerciare altri prodotti.

Il welfare che blocca la protesta

Così il Cremlino si è garantito le risorse necessarie per finanziare programmi di welfare su una scala minima che impedisca l’emergere di sentimenti di protesta. A partire dalle indennità alle famiglie dei soldati caduti o invalidi. I tassi di interesse alle stelle stanno minacciando le Piccole Medie Imprese, ma sono anche diventate un’opportunità speculativa per la classe medio-alta che sta depositando i propri contanti in banca per ottenere profitto dagli interessi. Nei primi nove mesi del 2024 i depositi sono saliti del 53,8% , tanto che la Banca Centrale ha annunciato possibili restrizioni sui depositi per mantenere questo flusso di denaro in circolazione.

Fuga dei marchi, regali di tecnologia e mercato

Allo stesso modo, la partenza di decine di marchi stranieri (Renault- Mc Donald), molti dei quali hanno semplicemente venduto le loro attività russe ai loro manager russi, è stata probabilmente il più grande trasferimento di proprietà nella storia moderna della Russia. Quando le aziende occidentali hanno abbandonato il Paese nel 2022 rappresentavano un fatturato pari a circa il 40% del Pil. Ma questo fatturato non ha lasciato il Paese, ed è stato semplicemente rilevato da imprenditori russi. Resta da vedere i risultati che i russi riusciranno ad ottenere queste nuove imprese.

La Russia nelle braccia della Cina?

Il rapporto si conclude sul rischio economico di “cadere nella braccia della Cina”.  Un rischio reale, per cui Mosca sta ora cercando di trasformarsi nel centro di un modello alternativo di globalizzazione, semplicemente operando al di fuori dei quadri delle istituzioni controllate dall’Occidente e delle regole da loro stabilite. Per ulteriori informazioni citofonare Brics+ .

 

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