Anti-Nato e filo Putin possibile presidente rumeno

Il candidato più votato al primo turno delle elezioni presidenziali in Romania è stato in modo del tutto inaspettato Calin Georgescu, nazionalista e filoputiniano. Nettamente sfavorito, con un incredibile 22,3 per cento andrà al ballottaggio dell’8 dicembre contro la liberale Elena Lasconi, del partito di centro-destra ‘Unione per la Salvezza della Romania’, che ha superato Marcel Ciolacu, premier in carica del Partito Socialdemocratico, per poco più di 400 voti ottenendo il secondo posto con il 19,16%.

Georgescu nostalgico di Ceauçescu

Calin Georgescu ha 62 anni, è un ingegnere specializzato nello studio del suolo e ha molti anni di esperienza nelle istituzioni romene e internazionali come consulente per l’ambiente. Tra le altre cose per oltre dieci anni ha rappresentato la Romania all’UNEP, il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Alle elezioni si era presentato come indipendente, ma fino al 2022 faceva parte di un partito di estrema destra con idee piuttosto radicali. Lo aveva lasciato per un contrasto con la dirigenza, che stava cercando di mostrarsi più moderata e allargare il proprio elettorato, mentre Georgescu era rimasto di aperta opposizione alla NATO.

Ipotetico premier ‘tecnico’

Anche se in passato il suo nome era emerso in varie occasioni come possibile primo ministro di un governo tecnico, Georgescu non è uomo che del mondo antisistema: agronomo, ha fatto il consulente a governi di destra e di sinistra della Romania sulle politiche ambientali e ha lavorato per 17 anni con le Nazioni Unite, diventato un esperto sostenibilità e diritti umani. Ha lavorato all’Unhcr sui diritti umani dal 2010 al 2012, è stato presidente dell’European Research Center del Club di Roma, uno degli istituti che studiano lo sviluppo sostenibile, e ha guidato tra Ginevra e Vaduz, , gli uffici del Global Sustainable Index Institute dell’Onu.

Possibile presidente ‘Social’

I sondaggi preelettorali lo davano sesto con il 5,4 per cento dei consensi, e diversi giornali avevano scelto di non includerlo nelle tradizionali guide pre elettorali di presentazione dei candidati. In queste ore molti stanno attribuendo il suo successo a una serrata campagna elettorale che negli ultimi mesi ha condotto su TikTok, dove i suoi numeri sono cresciuti molto a ridosso delle elezioni. Al momento il suo profilo ha quasi 300mila follower e alcuni dei suoi video più visti superano i 4 milioni di visualizzazioni, scrive il Post.

Contro la guerra in Ucraina

Sul social media Georgescu ha parlato molto della guerra in Ucraina, sostenendo che la Romania debba tenere una posizione neutrale tra Russia e Occidente per evitare di finire coinvolta nella guerra. La Romania condivide con l’Ucraina un confine di circa 650 chilometri e in questi anni è stata tra i paesi che hanno maggiormente sostenuto la necessità di appoggiarla contro l’invasione russa. Nonostante non si sia mai apertamente definito un sostenitore del governo russo, in diverse occasioni Georgescu ha espresso ammirazione per il presidente Putin, oltre ad aver messo in dubbio i vantaggi per la Romania di far parte della NATO.

Contro i missili Nato puntati su Mosca

Durante un’intervista televisiva aveva detto che avrebbe valutato di interrompere le attività del sistema missilistico che la Romania ospita nella base NATO di Deveselu, nel sud del paese, che aveva definito una «vergogna diplomatica». Per Putin, lo aveva definito un «uomo che ama il suo paese» e aveva detto che la Romania avrebbe fatto bene ad affidarsi alla «saggezza russa». Sempre parlando di diplomazia, aveva sostenuto che il suo paese avrebbe potuto «imparare» dal primo ministro ungherese Viktor Orbán, che governa in modo semiautoritario ed è profondamente euroscettico.

Se fosse eletto, Georgescu potrebbe cambiare profondamente la politica estera romena (in Romania è il presidente a occuparsene). Negli ultimi dieci anni il presidente uscente Klaus Iohannis ha adottato una politica di grande vicinanza all’Occidente e di sostegno all’Ucraina

Gli inciampi con la storia

Georgescu nel 2020 aveva definito “eroi nazionali” Ion Antonesu, dittatore della Romania alleata dell’Asse nella Seconda guerra mondiale e attivo sostenitore dell’Olocausto, e Corneliu Zelea Codreanu, capo del movimento delle ‘Guardie di Ferro’, come personaggi “attraverso cui la storia nazionale ha parlato”. Al tempo stesso, ha definito “un colpo di Stato” la destituzione e uccisione nel 1989 del dittatore comunista Nicolae Ceaucescu, indicando nella rivoluzione romena un’illusione di cambiamento venduta al popolo come svolta democratica.

Rischioso ondivago populista

Ora, tra due settimane, per Georgescu c’è la sfida del ballottaggio in una Romania spostata nettamente a destra, allarma Andrea Mouratore. Una volta di più, un terremoto politico da un suo Paese caldo. E come nell’Est della Germania e in Moldavia c’entra, e non poco, l’onda lunga della crisi ucraina. Che ha portato molte voci politiche nel Paese a radicalizzarsi, come accaduto attorno a Bandera in Ucraina. Creando una base di consensi intercettata dalla rivolta incarnata da Georgescu. Un terremoto politico da non sottovalutare nella sua portata.

 

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