Netanyahu criminale o Corte internazionale antisemita?

Ora Netanyahu è ufficialmente un ricercato. Sei mesi per decidere contro pressioni selvagge. Il Tribunale ha giurisdizione sulla Palestina. Sterminio e genocidio le parole dell’orrore. Il ricercato palestinese e la pena di morte. La credibilità degli Stati ‘Sul fronte occidentale’. I 124 Paesi braccio della Corte obbediranno?per il premier israeliano, per l’ex ministro della difesa e per l’esponente palestinese comandante delle Brigate al-Qassam a Gaza forse sopravvissuto. Sui leader israeliani pesano le accuse di crimini di guerra e contro l’umanità: sterminio, fame, trattamenti disumani. Da Israele l’accusa ormai generalizzata di antisemitismo ancge verso la Corte. Amnesty: «Momento storico»

Netanyahu ricercato

Alla Corte penale internazionale dell’Aja hanno fatto la storia: per la prima volta in 22 anni i giudici hanno emesso mandati d’arresto per leader occidentali, parte di quei paesi che si autodefiniscono democrazie liberali autocertificate e fuori discussione. Poi, tutti sappiamo a che Netanyuahu, se mai andrà in carcere, sarà una prigione israeliana, e per corruzione e non per disumanità criminale. Ma la decisione giudiziaria di ieri segnerà la storia. E la divisione tra i diversi modi d’intendere ed applicare il diritto internazionale. Mentre da Israele lo stesso presidente Herzog insiste con l’accusa ormai sprecata di antisemitismo anche nei confronti della Corte.

Sei mesi per decidere contro pressioni selvagge

C’è voluto del tempo per arrivare a questo nuovo inizio. Tanto, troppo, ma la battaglia politica alle spalle delle questioni giuridiche deve essere stata feroce: sei mesi dalla richiesta mossa dal procuratore capo Karim Khan di spiccare mandati d’arresto per Netanyahu, Gallant e i vertici di Hamas, Ismail Haniyeh, Yaya Sinwar e Mohammed Deif. Nel frattempo Israele ha emesso ed eseguito sentenza di morte per Haniyeh, fatto saltare in aria a Teheran a fine luglio; l’assassinio in battaglia di Sinwar, un mese fa. Mentre, a cercare di evitare il giudizio, le pressioni pubbliche sulla Corte da parte di mezzo Occidente che metteva in discussione la giurisdizione della Corte.

Il Tribunale ha giurisdizione sulla Palestina

I giudici internazionali hanno risposto ieri assieme all’emissione dei mandati d’arresto: il tribunale può agire perché ha giurisdizione sulla Palestina, aderente allo Statuto di Roma. E la Corte ha reso pubblici i mandati, scrive, perché è «nell’interesse delle vittime e delle loro famiglie venirne a conoscenza». Quasi a dare sollievo, giustizia o almeno l’impressione che questo, prima o poi, possa più concretamente accadere a garanzia dei diritti di tutti.

Disumanità applicata

Nella nota diffusa ieri, la camera preliminare della Corte (solo atto d’accusa, in attesa del processo) dichiara di ritenere Netanyahu e Gallant «co-responsabili di crimine di guerra della fame come metodo di guerra e crimini contro l’umanità di omicidio, persecuzione e altri atti inumani e di attacchi intenzionali contro la popolazione civile su base politica e nazionale: ci sono ragionevoli motivi per credere che Netanyahu e Gallant abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicine e forniture mediche, oltre a carburante ed elettricità, almeno dall’8 ottobre 2023 al 20 maggio 2024».

Sterminio e genocidio le parole dell’orrore

I giudici citano il taglio dell’elettricità, dell’acqua e del gas e la scarsità di aiuti alimentari e medici in entrata, che hanno reso gli ospedali incapaci di salvare vite umane, costringendoli a operare e amputare arti senza anestetici, infliggendo una sofferenza disumana. E arriva la parola sterminio che ricorda il lessico utilizzato nella Convenzione contro il Genocidio per cui da gennaio è aperto un fascicolo alla Corte internazionale: ci sono «ragionevoli motivi per ritenere che la mancanza di cibo, acqua, elettricità e carburante e di forniture mediche abbia creato condizioni di vita dirette a condurre alla distruzione di una parte della popolazione civile di Gaza».

Il ricercato palestinese e la pena di morte

Atto d’accusa senza sconti, anche se con ipotetiche condanne molti diverse. Deif, comandante delle Brigate al-Qassam a Gaza – che Israele dice di aver ucciso a luglio, ma che la Corte, in mancanza di prove certe considera in vita – è invece ricercato per i crimini di guerra di omicidio per le uccisioni di massa del 7 ottobre 2023 (1.100 israeliani vittime) e di rapimento (250 ostaggi) e per il crimine contro l’umanità di sterminio.

I 124 Paesi braccio della Corte obbediranno?

Quesito chiave posto da Chiara Cruciati sul manifesto, 44mila o 120mila palestinesi uccisi secondo valutazioni Usa, il problema di legalità internazionale e di credibilità ricade sui 124 paesi firmatari dello Statuto di Roma, a cui spetta il compito ormai formale di eseguire, nel loro possibile, la sentenza di una Corte che non ha una sua polizia: se Netanyahu, Gallant o Deif mettono piede nel loro territori sono tenuti ad arrestarli e consegnarli all’Aja. Shaveningen, il carcere finora esclusivo per Jugoslavia e Ruanda.

La credibilità degli Stati ‘Sul fronte occidentale’

È su questo sono concentrate da ieri le reazioni internazionali, con alcune (poche) dichiarazioni di intenti chiarissime (Canada, Irlanda, Paesi bassi e Belgio pronti a procedere con gli arresti) o con inviti altrettanto cristallini, come quello dell’uscente alto rappresentante Ue agli esteri Josep Borrell che chiede agli Stati membri della Ue di rispettare «queste decisioni vincolanti». Tra questi l’Italia che ieri sera, con il ministro della difesa Crosetto, ha definito la decisione «sbagliata» ma si è impegnata a procedere con gli arresti in rispetto del diritto internazionale. E poi ci sono le note imbarazzate, oblique: la Francia che vuole ‘capirci di più’, pur ribadendo la sua adesione alla Corte penale, e la Gran Bretagna che balla tra «rispetto per l’indipendenza della Corte» e il diritto alla difesa di Israele. Problemi di interpreti, o di esami di diritto da superare?

Organizzazioni diritti umani applausi

Plausi per nulla timidi giungono invece dalle più importanti organizzazioni per i diritti umani che in questi anni si sono battute per dare un nome ai crimini di lungo periodo contro il popolo palestinese.
Amnesty International: «Un momento storico per la giustizia…il segnale dell’inizio della fine della persistente e diffusa impunità che è al centro della crisi dei diritti umani in Israele e nel Territorio palestinese occupato. Il primo ministro israeliano Netanyahu è ora ufficialmente un ricercato».
Human Rights Watch: «I mandati di arresto…infrangono la percezione che certi individui siano al di fuori della portata della legge».
E l’israeliana B’Tselem: «La responsabilità personale dei decisori politici è un elemento chiave nella lotta per la giustizia e la libertà di tutti gli esseri umani che vivono tra il fiume Giordano e il mar Mediterraneo».

Ammazzatoio accelerato

“Il ritmo dei bombardamenti nel nord della Striscia di Gaza è insostenibile”, scrive il quotidiano palestinese Al Quds. Il 17 novembre 2024 almeno sessanta persone sono state uccise in vari raid israeliani.Il più sanguinoso ha colpito un edificio di cinque piani a Beit Lahia, uccidendo almeno trentaquattro persone e lasciandone decine sotto le macerie. Il 19 novembre il ministero della sanità gestito da Hamas ha annunciato un nuovo bilancio delle vittime: da quando ha lanciato l’offensiva nella Striscia di Gaza, l’esercito israeliano ha ucciso 43.972 persone e ne ha ferite 104.008. Il 14 novembre un comitato speciale delle Nazioni Unite ha affermato in un rapporto che i metodi di guerra impiegati da Israele nella Striscia di Gaza “hanno le caratteristiche di un genocidio”. Le violenze continuano anche in Cisgiordania. Il 19 novembre tre palestinesi sono stati uccisi in un’operazione militare israeliana nei dintorni di Jenin. Secondo i dati dell’Unicef, il fondo dell’Onu per l’infanzia, dal 7 ottobre 2023 i soldati israeliani e i coloni hanno ucciso 171 bambini in Cisgiordania, uno ogni due giorni. Altri mille sono stati feriti.

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