La notizia era stata data dal ministero della Difesa russo, che aveva parlato di sei missili lanciati nella notte tra lunedì e martedì nella regione russa di Bryansk, a un centinaio di chilometri dal confine con l’Ucraina settentrionale. Missili abbattuti, vanta Mosca. In seguito l’impiego dei missili ATACMS è stato confermato da alcuni funzionari del governo ucraino e di quello statunitense, citati in forma anonima dai media statunitensi perché non autorizzati a parlare delle operazioni militari in corso.
È una storia che abbiamo già visto altre volte in questa guerra, sottolinea il Post. Il tira e molla americano era successo con i veicoli da trasporto truppe corazzati Bradley (dodici mesi tra la richiesta ucraina e il loro arrivo in zona di guerra), con gli aerei da combattimento F-16 (diciassette mesi tra la richiesta e la prima consegna da parte della Danimarca con l’autorizzazione dell’amministrazione Biden, poi ci è voluto altro tempo per addestrare i piloti) e con i carri armati Abrams (diciotto mesi, dopo che altri paesi alleati avevano cominciato a mandare carri armati di loro iniziativa).
Contestualmente e non a caso il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che modifica le politiche russe sull’eventuale uso delle armi nucleari, estendendolo a qualsiasi tipo di attacco contro la Russia da parte di paesi dotati di potenze nucleari. È dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 che le parti coinvolte rilanciano periodicamente la teoria sull’uso tattico –bersagli limitati- di piccole bombe nucleari.
Secondo quanto riferito dalle autorità russe cinque di questi Atacms sarebbero stati abbattuti, mentre i detriti di un missile danneggiato avrebbero provocato alcune esplosioni e un incendio in una base militare della zona. Per il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov l’attacco nella regione di Bryansk «un segnale che l’Ucraina e i paesi occidentali che la appoggiano vogliono un’escalation». Finora per colpire obiettivi in territorio russo l’Ucraina aveva usato droni e missili a corto raggio, come di fatto sono anche gli ATACMS, ma nulla con la loro potenza distruttiva
I missili ATACMS, acronimo che sta per Army Tactical Missile System, sono in grado di colpire obiettivi fino a 300 chilometri di distanza. Gli Stati Uniti li avevano inviati all’Ucraina all’inizio di quest’anno, dopo mesi di pressioni da parte del presidente Zelensky. L’amministrazione di Biden tuttavia aveva imposto il divieto di usarli in territorio russo per evitare che la Russia interpretasse gli attacchi con i propri missili come un attacco diretto degli Stati Uniti.
La storia degli ATACMS e dei ripensamenti americani è più tormentata del solito. Nel 2022, dopo due mesi di invasione, gli ucraini chiesero agli Stati Uniti gli HIMARS, lanciarazzi mobili, e fu un successo. Gli HIMARS lanciano razzi a ottanta chilometri, hanno un margine di errore di nove metri e quando puntano un edificio lo centrano. All’inizio dell’estate del 2022 i soldati ucraini fecero saltare in aria depositi di munizioni, di carburante, hangar di elicotteri e caserme nell’Ucraina occupata nel giro di poche settimane senza che la Russia potesse contrastrali.
Visti i risultati, da subito gli ucraini inserirono i missili ATACMS in una lista di armi chieste ai paesi alleati. L’amministrazione Biden rispose no per una serie di ragioni, come la preoccupazione che potessero cadere nelle mani dei russi. C’era anche la tentazione di gestire da remoto la guerra con un’accorta modulazione dei rifornimenti, come se fosse possibile rallentare o accelerare il corso del conflitto attraverso l’invio oppure no di ogni arma, per mandare segnali alla Russia. Ed evitare di alzare di livello l’intensità del conflitto, fino allo scenario peggiore del rischio nucleare.
Ora il divieto di Biden è caduto, perché cinquantamila soldati russi e nordcoreani preparano l’offensiva per per cacciare i militari ucraini dalla regione di Kursk. Gli ATACMS faranno parte del piano ucraino per continuare a conservare un pezzo di Russia, da usare forse un giorno come oggetto di scambio nei negoziati che Trump cercherà di imporre. Inoltre l’intelligence ritiene che i missili ATACMS siano troppo pochi per fare davvero la differenza sul campo di battaglia. Mentre c’è da mettere in contro la inevitabile risposta di Mosca.
Il New York Times in un articolo di settembre spiegava che quando l’intelligence statunitense tenta di prevedere come reagirà Putin ai missili ATACMS non pensa a una rappresaglia nucleare, ma a una campagna di sabotaggi e attentati in Europa e in territorio americano. Questa estate ci sono stati due casi di ordigni incendiari lasciati su aerei che trasportano carichi commerciali dall’Europa agli Stati Uniti che, secondo l’intelligence Usa, assomigliavano a prove generali di queste operazioni. Ma la notizia è passata in sordina perché l’attenzione era tutta dedicata alle elezioni poi vinte da Donald Trump.