L’inchiesta, osserva il Jerusalem Post e rilancia InsideOver, è stata resa pubblica per la prima volta il 3 novembre e coinvolge Eliezer Feldstein, portavoce di Netanyahu, accusato di aver ottenuto documenti top-secret, di averli alterati e poi divulgati a media stranieri. Lo scopo della fuga di notizie sarebbe stato quello di “ridurre la pressione pubblica su Netanyahu per un accordo di scambio di ostaggi, che avrebbe incontrato la forte opposizione dell’ala destra del governo”, precisa indignato Roberto Vivaldelli.
Feldstein è stato arrestato e trattenuto per oltre una settimana, senza possibilità di incontrare un avvocato fino a poco tempo fa. Altri quattro funzionari della sicurezza, appartenenti a un’unità del Corpo d’Intelligence dell’IDF, sono stati arrestati e interrogati. Uno è stato rilasciato, mentre tre restano in custodia.I documenti riservati al centro dell’indagine non sono stati pubblicati, ma si ritiene siano collegati a due articoli apparsi a partire da settembre: uno del Bild in Germania e uno del Jewish Chronicle nel Regno Unito.
Secondo il Bild, Hamas avrebbe deliberatamente creato divisioni interne in Israele sulla questione degli ostaggi; il Jewish Chronicle ha invece riferito che alcuni ostaggi sarebbero stati portati fuori da Gaza verso l’Egitto. Netanyahu ha citato entrambi gli articoli nelle sue dichiarazioni pubbliche. E l’accusa principale riguarda l’utilizzo da parte del Primo Ministro di documenti segreti dell’intelligence militare israeliana, l’Aman, sulla gestione degli ostaggi detenuti da Hamas.
In una conferenza stampa, Netanyahu avrebbe mostrato uno dei documenti più segreti, secondo cui il leader di Hamas, Yahya Sinwar, avrebbe pianificato di trasferire gli ostaggi in Egitto e poi in Iran, attraverso il cosiddetto “Corridoio Filadelfia”. Tuttavia, come Hersh riporta dalle fonti interne israeliane, la narrazione di Netanyahu sarebbe una distorsione deliberata, usata per mantenere il sostegno dell’estrema destra israeliana, che si oppone a ogni concessione nei confronti di Hamas.
Il caso solleva dubbi sulla trasparenza e l’etica all’interno dell’amministrazione Netanyahu, accusata di aver manipolato documenti ufficiali e di aver tentato di coprire presunti crimini. Secondo Hersh,”un ufficiale militare israeliano ha rifiutato di cedere ai ricatti dell’entourage del primo ministro, segnalando il tentativo di manipolazione al capo di stato maggiore, Herzi Halevi“. Quest’ultimo ha dichiarato di essere stato avvicinato da membri dell’ufficio del Primo Ministro con minacce di esposizione della sua relazione con una subordinata, nel tentativo di ottenere documenti classificati e potenzialmente modificarli.
Le accuse non si limitano alla manipolazione di documenti, ma comprendono anche il fallimento nella gestione della crisi degli ostaggi. Hersh riporta le proteste delle famiglie degli ostaggi, che considerano Netanyahu responsabile di non aver fatto un accordo per la liberazione, per evitare di compromettere il proprio ruolo politico. Secondo le fonti del giornalista, “Netanyahu avrebbe preferito non mettere in pericolo il sostegno politico dell’estrema destra religiosa, anche a costo di sacrificare la vita degli ostaggi”.
“Una catena di corruzione e negligenza“ la definisce Seymour Hersh, ha scatenato forti reazioni anche nell’opinione pubblica israeliana e nella stampa. Il quotidiano Yedioth Ahronot aveva rivelato già mesi prima come l’ufficio di Netanyahu avesse tentato di falsificare documenti che riguardavano la preparazione e la risposta militare agli eventi del 7 ottobre.
La gravità della situazione è sottolineata dalle parole di un contatto israeliano di Hersh, il quale afferma: “Netanyahu ha trasformato il suo ufficio in una sorta di organizzazione criminale. Ha preso il Paese in ostaggio, sacrificando il popolo per rimanere fuori dal carcere”. Il prosieguo delle indagini da parte del giudice Mizrahi potrebbe rivelare ulteriori dettagli e implicazioni, e Hersh ipotizza che una nuova ondata di rivelazioni potrebbe arrivare a breve.
I guai per Bibi non finiscono qui. Nel frattempo, infatti, prosegue il processo penale a suo carico: il Primo Ministro è accusato di frode, corruzione e appropriazione indebita in tre casi aperti nel 2019. Se condannato, potrebbe ricevere fino a 10 anni di carcere e/o una multa. Ieri la Corte distrettuale di Gerusalemme ha respinto la richiesta del Primo Ministro di posticipare di 10 settimane l’inizio della sua testimonianza nel processo penale a suo carico. La difesa di Netanyahu aveva motivato la richiesta con l’impossibilità del Primo Ministro di prepararsi adeguatamente a causa delle pressioni dovute alla gestione del conflitto in corso su più fronti.
Tuttavia, la Corte ha stabilito che Bibi ha già avuto cinque mesi per prepararsi, dal momento che la data era stata fissata a luglio, e ha dichiarato di non essere convinta che ci siano cambiamenti sostanziali che giustifichino un rinvio. Di conseguenza, Netanyahu dovrà testimoniare il 2 dicembre, tra meno di tre settimane.