
L’ex presidente, secondo i dati dell’Ap riferiti dal New York Times, è avanti in Pennsylvania (51%-48% col 72% dello spoglio, poi la vittoria), Michigan (52-47 col 30% dello spoglio), Wisconsin (51-48 al 63% dello spoglio), Georgia (51-48 col 93% dello spoglio), North Carolina (51-48 all’88% dello spoglio) e Arizona (49,7-49,5 al 53% dello spoglio). Mancano i dati dell’ultimo Stato in bilico, il Nevada. Ma così Trump è comunque avviato verso la rielezione alla Casa Bianca.
«ll terzo assalto trumpista alla democrazia riassume elementi delle crisi di molte democrazie occidentali spaccate fra establishment liberal-liberisti e sfide nazional populiste da destra», il commento centrato di Luca Celada sul Manifesto. Che chiama in campo l’eccentrico sistema elettorale Usa, ma soprattutto la ‘patologia demagogica’ in cui è finita la politica americana, indice di uno squilibrio più profondo. Lo schieramento di Kamala Harris, simile a quelli di unità nazionale, visti in Francia e altrove, ‘battaglie di retroguardia solo per non perdere’. E salvare il salvabile di un ‘welfare state’ sempre più precario.
La ritirata era già avvenuta: su protezionismo e immigrazione, dove le istanze della destra sono state in gran parte cooptate nell’illusione di arginare l’emorragia di elettori. E la mentalità del riarmo che coincide con la proporzionale erosione di diritti e diplomazie e l’acquiescenza agli orrori dilaganti della guerra. La vergogna drammatica in Medio Oriente, e la beffa ultima della cacciata del mninistro ndelle difesa. Nel caso Usa la responsabilità è diretta e proporzionale all’egemonismo proiettato nelle 750 basi militari Usa nel mondo di cui spesso molti democratici nostrani si dimenticano.
Un immaginato «pacifismo trumpista» montato attorno alla pace Ucraina subito, come se l’opportunistico isolazionismo potesse distrarre gli Stati uniti dal difendere la loro egemonia, quando sono solo l’immagine riflessa di sempre più diffusi autoritarismi: «perfetta sintonia con quelli di Putin, Netanyahu, Bin Salman, Milei e la marea montante degli illiberismi nativisti e fanatici». In Europa potremmo già aggiorgere nomi, mentre altri spingono per entrare nella lista. Eppure trova ancora spazio la mitologia sulla predestinazione americana ad esportare libertà.
E alla ferocia sul mondo annunciata di Trump, i democratici non hanno trovato di meglio che riprendersi la bandiera e le uniformi per «non concedere al Grand old party l’esclusiva sul patriottismo». E di ignorare il movimento per la pace. Biden in Medio Oriente e Ucraina ha colpe imperdonabili.
«Per questo sappiamo, tutti noi che i genocidi oggi li seguiamo in diretta social con sempre meno risposte, che il prossimo presidente americano, uomo o donna che sia, sarà difficilmente in grado di proporne».