Neo Isolazionismo economico Usa garantito

Nel corso della campagna elettorale americana si è parlato poco di economia.  Forse perché entrambi i candidati si dirigevano insieme verso una nuova fase di isolazionismo degli Stati Uniti.  E’ arrivato prima Trump e le differenzenze emergeranno dai dettagli, dal come verrano applicati questi comuni principi di politica economica.

Nelle dure presidenziali l’economia quasi assente

La campagna della Harris è sempre rimasta sulla scia di Biden che ha fatto una politica sull’immigrazione e sui dazi molto simile a quella che propone Trump. Stessa ricetta per la guerra commerciale alla Cina in nome della sicurezza nazionale e stesso disimpegno nei confronti dell’interscambio con l’Europa. Il dossier sulle auto elettriche è solo americano, ora che i tedeschi vogliono negoziare con Pechino. Nel settore tecnologico la grande differenza tra democratici e repubblicani la fa Elon Musk che ha parcheggiato la sua Tesla sul prato della Casa Bianca, come titolava Bloomberg alla vigilia del voto. Quindi si è parlato poco di economia perché , in generale, erano tutti erano concordi sui temi principali: dazi, chiusura al commercio mondiale, politica industriale, paura della Cina. Fin qui il cosa. Ora bisognerà vedere il come.

Nell’attesa la finanza aspetta

Gli slogan sono di per sé semplificatori e la soluzione di Trump per proteggersi dal disordine globale è basata sulla formula ‘ meno legami esterni e meno regolamenti interni’. Dalla propaganda alla pratica il salto non è così breve.  Per quanto riguarda i legami esterni in campo economico il riferimento è alla Cina. Ma riportare le produzioni in America è costoso e soprattutto richiede tempo. Per non dire del costo finale che  sarà superiore a quello del made in China. Meno regolamenti significa andare allo scontro con  un sistema fatto di pesi e contrappesi (democratici, aggiungiamo). Un esempio su tutti in tema di libertà economica: la recente sentenza della Corte Federale di Giustizia contro il monopolio di Google. A chi verrà affidata l’applicazione delle regole in materia, a Elon Musk?

Wall Street festeggia

Nel frattempo a Wall Street si festeggia. D’altronde lo champagne era già in fresco da qualche settimana. Il dollaro è sceso nell’ultimo mese e gli speculatori hanno liquidato molte delle loro posizioni in obbligazioni statunitensi. Le quotazioni dei titoli tecnologici restano osservate speciali per un eccesso di valutazione. A questo proposito una notizia degna di nota la fornisce il re della Borsa Warren Buffet che ha tagliato ulteriormente la sua partecipazione in Apple del 25% e ora siede su una montagna di dollari in contanti. Attendismo e speculazione, si dirà, ma vendere le proprie azioni non è mai un segno di fiducia nel futuro. Il termine “bolla” non è un taboo per i titoli tech della borsa americana.

Europa, 150 miliardi a perdere

E l’Europa? Il deficit nell’interscambio Usa e Ue l’anno scorso ha superato i 150 miliardi di euro. Durante la campagna elettorale Trump ha accusato i 27 di non comprare abbastanza prodotti Made in USA. Perciò sono concreti i timori di Bruxelles per le minacce di Trump. Per sedersi al tavolo della trattativa occorre una Ue forte e coesa che nel frattempo cerca di consolidare i rapporti con altri Paesi, magari portando avanti una posizione tutta sua nei confronti della Cina. Una sfida esistenziale per l’Europa che riducendo il suo export verso gli Usa non farrebbe che accellerare il declino.

Ma non sarà l’Europa il mercato da cui Trump intenderà proteggersi maggiormente. I giochi si faranno in Cina e lì dove crescono i Brics. L’America ha vissuto nella storia altre stagioni di isolazionismo, per poi dominare l’economia mondiale. Questa volta sembra però che sia il mondo a cambiare l’America e non viceversa.

 

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