Egitto, nuovo capo delle spie nella crisi Gaza-Palestina

Al Cairo cambia una delle più solide figure accanto al-Sisi. Sostituito Abbas Kamel al comando della principale agenzia di intelligence del Paese, il General Intelligence Service (GIS). il neo comandante, Hassan Mahmoud Rashad, è cresciuto all’interno del GIS, un’esperienza consolidata nell’agenzia. Crisi egiziana politico economica. Il Canale di Suez strangolato dalla guerra e i fermenti filo palestinesi della popolazione.

Nuovo capo delle spie egiziane, ruolo chiave

Hassan Mahmoud Rashad, il neo comandante, è cresciuto all’interno del GIS, un’esperienza consolidata nell’agenzia, tanto da divenire il vice del Direttore uscente. Una spia di formazione e non un generale da premiare. Abbas Kamel uscente, Kamel è stata figura chiave a gestire i più importanti dossier di politica estera, a partire dal delicato ruolo di mediazione tra Israele ed Hamas a Gaza. Dall’inizio del conflitto, Kamel aveva periodicamente incontrato il Direttore della CIA William Burns, le delegazioni di Tel Aviv e Hamas, oltre al Primo Ministro qatarino. I risultati di quelle consultazioni portarono al cessate il fuoco di novembre e al rilascio di 105 dei 251 ostaggi rapiti da Hamas, segnalano nei dettagli Giuseppe Dentice e Andrea Fusco del CeSI, il Centro studi internazionali. Oggi le condizioni politiche interne di molti tra i diversi protagonisti lo hanno impedito.

Minacce geopolitiche sul Cairo

L’Egitto in questo momento ha la necessità di monitorare i propri confini terrestri occidentali (Libia), meridionali (Sudan) e orientali (Gaza/Corridoio Philadelphia), con ognuno di queste aree che vive un elevato livello di destabilizzazione per i conflitti in corso, che hanno innescato un’ondata di migrazione in direzione del territorio egiziano.

Migranti dal Sudan, Gaza e Libia

Sono oltre 450.000 i sudanesi che hanno varcato il confine meridionale, seguiti dal rischio più volte denunciato del milione e 400mila gazawi in fuga da quel che rimane dell’enclave palestinese nella Striscia, mentre la Libia, seppure in misura minore rispetto al passato, continua a offrire poche prospettive di pace interne. Elemento comune ai diversi scenari, la questione di sicurezza interna dell’Egitto stesso, con riflessi gravi su tutto il sistema economico e sociale egiziano già in grave crisi.

La ‘bomba’ Gaza

Sono più di 100mila palestinesi fuggiti in Egitto dall’inizio dell’offensiva israeliana. In Egitto il visto si può estendere fino a un massimo di 45 giorni, alla scadenza dei quali si è considerati illegali. Sopravvivere senza permessi significa rimanere in un limbo. Anche se registrati all’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi, l’Unrwa non ha nessun mandato in Egitto e l’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) non può rilevarli senza il consenso del governo. Per il Cairo è una questione di sovranità.

Dopo Kamel verso cosa?

Ma questo repentino ricambio ai vertici della sicurezza può avere anche concause. Sicuramente un pesolo hanno avuto le ricadute economiche legate ai mancati introiti da Suez e il Mar Rosso, dove gli attacchi Houthi hanno dirottati i traffici marittimi e colpito le casse egiziane (già in gravi condizioni dalla pandemia di Covid) più di ogni altro Paese nella zona. 4 miliardi di dollari, circa il 2% del PIL, sfumati a causa del dimezzamento dei traffici commerciali tra Mediterraneo e Oceano Indiano.

Che c’entra lo spionaggio?

Il nuovo capo Hassan Mahmoud Rashad ha un antico e buon rapporto con Tehran. E alla vigilia della sua promozione, il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi ha fatto visita al Cairo dopo 12 anni di rapporti congelati. Poi, la propensione del Presidente al-Sisi a rimuovere chi acquisisce troppe influenze nei rami fondamentali dell’ingranaggio statale. Novità ‘salvavita’ per Kamel, a lungo ‘numero due’ nella classifica del potere, l’averlo comunque nominato “consigliere speciale di al-Sisi e coordinatore dei servizi di sicurezza”.

Popolazione con la Palestina scuote i vertici

Ulteriore possibile lettura dei fatti, un conflitto interno tra i due rami fondamentali del sistema egiziano: l’esercito e le correnti politiche vicine al Presidente. Una dinamica mai emersa sul piano pubblico, ma che ha conosciuto diversi momenti di tensione dall’aggravarsi della crisi socio-economica nazionale fino alla montante critica della società egiziana per l’atteggiamento delle istituzioni sulla questione palestinese e sulla tragedia Gaza.

 

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