Muore negli Usa Fethullah Gulen, nemico simbolo di Erdogan

E’ morto negli Stati Uniti il magnate e imam turco Fetullah Gulen, prima alleato e poi nemico assoluto del presidente Erdogan, ritenuto in Turchia la mente del tentato golpe del 2016, esilio dorato protetto dalle ripetute richieste di estradizione del governo di Ankara. Il magnate aveva creato un impero su una rete di scuole di alta qualità non solo in Turchia a in molti paesi islamici nei Balcani, Asia Centrale e Caucaso.
Accusato dii essere stato ispiratore del fallito golpe del 2016, la giustizia turca chiedeva per Fetullah Gulen due ergastoli e pene per 1.900 anni di prigione. L’immortalità penale da cui è evaso.

‘Il Soros turco’ prima di Erdogan

Si parlava di lui come del ‘Soros turco’. Un capitale stimato in 25 miliardi di dollari, una rete di banche, intermediazione e analisi finanziaria, televisioni, testate giornalistiche, fondazioni, scuole, università e alloggi studenteschi. Le istituzioni scolastiche, insieme al suo impero economico ed ai media di sua proprietà, sono il motore del ‘Gulen-pensiero’. Dottrina secondo cui l’Islam può armonizzarsi alla modernità, avvicinarsi all’Occidente e coniugare un equilibrato conservatorismo religioso con tecnologia e bioetica.

Il ‘Gulen pensiero’ spesso citato come esempio di Islam moderato con forti connotazioni anti arabe, anti iraniane, anti curde, ma filo israeliane e, più in generale, filo occidentali. Favorito della vicinanza personale di Gulen con l’establishment Usa e in particolare le famiglie Clinton e Bush.

2002-2010: gli anni dell’alleanza

La necessità di far fronte comune contro il nemico laicista rappresentato dall’esercito sono le componenti chiave dell’alleanza tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e Gulen, le basi per una collaborazione che negli anni a seguire darà i suoi frutti, come rimarca  Giuseppe Didonna sull’agenzia AGI: Erdogan diviene premier nel 2003 e a partire da quello stesso anno diverse indagini della polizia, congiunte a inchieste della magistratura, iniziano a minare l’immagine dei militari e il ruolo ‘di guardiani della laicità’.

Trame vere e presunte

Inchieste giudiziarie su organizzazioni che nell’ombra tramavano contro il potere e l’Akp, partito personale di Erdogan. Inchieste contro alti esponenti dell’esercito, magistrati e accademici laici. Accuse che anni dopo, Erdogan rivolgerà Gulen. I vantaggi non immediatamente riconosciuti che il presidente e il suo partito trarranno da queste inchieste, sarà l’imporsi di una generazione di magistrati, militari e poliziotti, burocrati e politici provenienti dalle classi medio basse del centro dell’Anatolia, forti di una buona istruzione grazie a borse di studio offerte dalle scuole di Gulen.

Il ‘gulenismo’ al potere

Una strategia che ha portato gli uomini di Gulen a occupare posizioni importanti all’interno di magistratura, difesa, forze dell’ordine, esercito e pubblica amministrazione in cui il partito di Erdogan cercava alleanze per emergere. Questa progressiva perdita di potere e influenza da parte dei militari ha permesso all’Ak Parti di promuovere e stravincere il referendum del 2010, con cui veniva pesantemente riformata la Costituzione del 1982, fondamento del potere dei militari in Turchia. Verso il superamento della Turchia laica voluta da Ataturk, ma senza mai dichiaralo apertamente.

Gulen-Erdogan alla conquista della Turchia

Benefit reciproco anche nella scalata al potere che politici vicini a Gulen potevano compiere all’interno del partito Akp di Erdogan e nel Parlamento. Fin che, a un certo punto, qualcosa si rompe. Elezioni del 2011 quando, nelle liste elettorali del partito di Erdogan, circa 60 politici da sempre vicini alle posizioni di Gulen ne rimangono fuori. Contemporaneamente l’intero pacchetto di riforme presentato dall’Akp per la pubblica amministrazione rimuove dai propri incarichi e uffici gli elementi vicini a Gulen. Con Erdogan che piazza suoi fedelissimi nei posti amministrativi chiave

La guerra dei media

Nel 2009, il gruppo Dogan, il maggiore azionista dei media turchi, finisce sull’orlo della bancarotta che lo costringe a mettere in vendita le principali testate e reti televisive. Per scongiurare che il gruppo di Gulen potesse assumere il controllo del gruppo Dogan il Parlamento interviene con un decreto, grazie al quale l’enorme debito del gruppo Dogan veniva spalmato e ridotto, salvando il gruppo dal fallimento. Erdogan otterrà il favore di questi media nei confronti del governo, l’inserimento di propri uomini nei consigli di amministrazione e l’allontanamento di giornalisti critici nei suoi confronti o vicini a Gulen.

Quando lo scontro diventa guerra

Ma gulen e i suoi alti sostenitori non stanno fermi. All’inizio del 2012 finisce sotto indagine l’attuale ministro degli Esteri Hakan Fidan, all’epoca capo dei servizi segreti turchi (Mit), e altri cinque fedelissimi del presidente turco, allora premier. Erdogan è costretto a far approvare in fretta una legge per toglierli dai guai e per evitare che venissero ascoltati dai giudici. Obiettivo di Gulen, privare Erdogann dei suoi fedelissimi nelle alte sfere dei servizi segreti: una dichiarazione di guerra di Gulen, attraverso propri uomini nelle alte sfere della magistratura.

‘La Struttura parallela’

Da quel momento in poi è guerra che il presidente mostra di poter vincere con i risultati elettorali, mentre inchieste giudiziarie colpivano gli apparati dello stato facendo piazza pulita dei presunti fedeli di Gulen. La sua organizzazione diviene nella dialettica politica turca “la struttura parallela”, un apparato sovversivo infiltrato in media, politica, magistratura, università, polizia, amministrazione ed esercito. Un nemico da debellare alla pari di Isis e Pkk. Nel gergo politico turco la sigla ‘FETO’ indica l’organizzazione terroristico sovversiva di Gulen.

Tangentopoli alla turca

Ulteriore atto della lotta tra Erdogan e Gulen, la tangentopoli turca del dicembre 2013, un’indagine per corruzione che colpirà uomini d’affari e politici dell’Akp di Erdogan, fino a coinvolgere il figlio dell’allora premier, Bilal. Un’indagine della quale Erdogan ha sempre accusato Gulen di esserne il burattinaio. Tra le reazioni, carcerazione del direttore del quotidiano di opposizione Cumhuriyet. E la chiusura del quotidiano Zaman, voce del ‘Gulen pensiero’ e per più di un decennio quotidiano più letto della Turchia. Retata nelle redazioni, commissariamento, cambio a 360 gradi della linea editoriale

Leggi d’emergenza perenni

Il fallito golpe del 2016, di cui Gulen è considerato la mente e l’organizzatore, non avrà come conseguenza solo i più di 300 morti di quella notte. Il tentato golpe ha segnato la storia e il futuro della Turchia. Erdogan furioso, accusa il magnate residente negli Usa e dà il via a un giro di vite spietato, che ha portato in carcere decine di migliaia di persone. A questi si aggiungono altre decine di migliaia di sospensioni da incarichi in pubblica amministrazione, scuole e università, magistratura, esercito e forze dell’ordine.

Ultima annotazione storica: i procuratori turchi avevano chiesto per Fetullah Gulen due ergastoli e 1.900 anni di prigione.

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