Le cose sono drammaticamente semplici. Possiamo fare analisi complicatissime, costruire cattedrali di spiegazioni, alcune banali, altre ponderate e anche scientifiche, ripararci all’ombra di una narrazione del mondo altezzosa, arrogante, fondamentalmente approfondita e nel contempo fasulla. Ore e ore di arene mediatiche su posizioni pregiudiziali. Ma non riusciremo a celare le cose semplici che ci appaiono davanti agli occhi. I principi di giustizia, le ragioni vere e non quelle sbandierate.
Il mondo dominato dal principio della guerra è un mondo in mano ai criminali. Perché vince chi uccide più spietatamente, chi conquista territori radendo al suolo tutto quello che incontra.
La ferocia è la migliore consigliera. La potenza bellica, animata crudelmente dall’industria della morte e dai mercati, certifica la superiorità totale del forte sul debole, del ricco sul povero, dell’assassino seriale sulla vittima. E trasforma questa superiorità militare e politica in una specie di super potere mediatico, in una narrazione che disegna una realtà blindata. In cui puoi dire tutto, ma sapendo che gli algoritmi decideranno quello che emergerà.
Sapendo che nel mondo i governi conteranno zero, meno ma molto meno degli amministratori delegati delle industrie di morte, degli esaltati in nome di Dio, dei loro leader criminali senza paura. Forti della solidarietà di altri criminali che non temono la morte degli altri, anzi la considerano un dovere. Meno vivi ci sono in giro, meno nemici. Meno bambini, meno futuri nemici.
Come fai a non restare attonito di fronte al bagno di sangue. Di fronte ai racconti del giornalismo che parla del numero dei morti, del sangue innocente dei bimbi, delle fughe e della paura negli occhi di chi scappa, ma spesso dimentica di dire chi è dall’altra parte del fucile, chi il killer, chi il soldato felice che ammazza e dileggia, e felice festeggia.
Le cose sono semplici. Il mondo si divide in vittime e carnefici e, allargando lo sguardo, in chi detiene un potere sempre più corposo ed efferato e chi non conta niente. In chi detiene il potere del racconto e chi no.
A noi spettano le lacrime, a loro anestetizzarle.