È il concetto di “lato debole della difesa”. Colpisci duro mentre la ‘palla’ rimbalza da tutt’altra parte. Colpisci duro a Gaza. Non è vero che il governo di Tel Aviv non ha un progetto di ‘risistemazione’ per Gaza. Il Piano decisamente ‘riservato’ svelato dal quotidiano Haaretz, porta la firma di alti ufficiali del Comando meridionale. I primi firmatari sono il maggior generale Giora Eiland e il maggior generale Gershon Hacohen.
Intervento militare suggerito per il futuro della Striscia, nell’analisi di Eiland: “La narrazione secondo cui c’è un’organizzazione terroristica, Hamas, e che tutti gli altri abitanti di Gaza sono brave persone, non è corretta. La gente di Gaza è come la gente della Germania nazista. L’intera popolazione sostiene il leader. Non dico che dobbiamo punirli tutti, ma dovremmo chiamare le cose con il loro nome. Cerchiamo di capire che questa è una guerra dello Stato di Israele contro uno Stato che ha lanciato una guerra contro Israele”.
Misure “pesanti” di sfollamento, assedio della popolazione e, come scrive Haaretz, “misure per farla morire di fame, al fine di ottenere la sua evacuazione dal Nord di Gaza”. E non è tutto. Al Comando sud dell’esercito israeliano, è stato proposto anche di favorire la diffusione di epidemie, “per finire il lavoro”. In una recente intervista, il generale Eiland (ora in pensione) ha cercato di correggere il tiro, dicendo che la sua preoccupazione era quella “di accelerare la fine della guerra”. Ma Amos Harel, il commentatore di Haaretz, così giudica il Piano:
“Oltre a suscitare forti obiezioni morali, proposte di questa natura metteranno la leadership israeliana sulla corsia preferenziale per i tribunali dell’Aja. Il dibattito israeliano sulle idee ignora totalmente le crescenti critiche nella comunità internazionale”.
Il lato paradossale di tutta la vicenda, è che il “Piano dei generali”, che sembrava una delle tante idee estremiste, sembra applicato nei fatti. È la priorità nell’agenda messianico-nazionalista di Itamar Ben-Gvir e, soprattutto, di Bezalel Smotrich. Prima ancora del Libano e di Hezbollah. “Dottrina Eiland”, affamare e sradicare dalle proprie case, per i palestinesi di Gaza come una seconda ‘Nakba’, l’esodo che ne vide fuggire 700 mila, dopo la guerra del 1947-49. Smotrich vuole ricolonizzare il nord di Gaza, riempiendolo di insediamenti e, per far questo, l’IDF deve “finire il lavoro” nella parte settentrionale della Striscia, dove ancora si ammassano 400 mila palestinesi.
Fare girare a vuoto i residenti per sfiancarli. Ci sono famiglie che, secondo Haaretz, hanno dovuto traslocare anche per 10 volte sotto le bombe. Dopo l’enorme esodo verso sud, fino a Khan Younis e Rafah, adesso gran parte della popolazione dei rifugiati si concentra dell’area di al-Mawasi. Ma anche qui sono ricominciati gli ordini di evacuazione. Il problema è che tutto si muove in un caos assoluto e le “mappe della sicurezza” valgono carta straccia, perché le bombe non conoscono ostacoli burocratici. In questa baraonda di sangue, fame e disperazione, ormai si vive alla giornata. Anche se ancora, a nord, il tasso di disperazione non è arrivato alla soglia limite da far scappare tutti, come previsto a tavolino dal “Piano dei generali”.
Ne parla anche il New York Times, con un report al diktat di Israele “che ordina ai gazawi di lasciare il nord, mentre la maggior parte resta”. E il prestigioso quotidiano americano ne spiega i motivi, dicendo che nessuno vuole abbandonare la propria casa, a Jabaliya, per paura di essere sfollato in modo permanente. Anche se cibo se ne vede sempre meno e gli ospedali sono obbligati a chiudere dai soldati israeliani, con gli ammalati trasferiti non si sa dove.
E presto, molto presto, la situazione dovrebbe ancora peggiorare, perché Netanyahu progetta di togliere alle agenzie dell’Onu l’incarico di gestire gli aiuti alimentari. Nella sua visione delle cose, l’unico organismo responsabile della distribuzione, a Gaza, dovrebbe essere l’esercito israeliano. Fa parte del “Piano dei generali”, che nessuno nomina, ma che tutti applicano.