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Nei primi giorni dell’attacco russo in Ucraina, i velivoli senza pilota Baykar Bayraktar TB2 di produzione turca, da armi semisconosciute, diventarono il flagello delle forze corazzate russe, fondamentali per fermare l’offensiva su Kiev. “Poi i russi, sfruttando i limiti del sistema d’arma turco, lo hanno spazzato via dai cieli”, spiega il tecnico. Ma anche gli ucraini hanno notevoli capacità tecniche e già ad agosto ’22, usano un drone commerciale FPV di produzione cinese, capace di sganciare una granata. Danni da niente, ma vero e proprio cecchino volante. E in pochi mesi i droni FPV hanno invaso il campo di battaglia. E se non ammazzano, spiano.
Partendo da modelli commerciali cinesi concepiti per le gare di droni, questi piccoli velivoli sono diventati una vera e propria armata aerea alternativa, tanto economica quanto micidiale. Con in campo giovanissimi, ‘partigiani’ della ‘drone war’. L’esercito regolare continua a essere equipaggiato con grandi droni di produzione industriale, provenienti da Paesi NATO, ma è proprio il loro superiore livello tecnologico, e quindi il costo elevato, a renderli bersaglio primo per la contraerea di Mosca. E anche i sistemi per il disturbo elettronico sono in difficoltà contro mezzi impiegati in gran numero su aree anche molto vaste e con frequenze di guida per definizione ‘non standard’.
Attacco ad obiettivi in volo: attivi contro droni di grandi dimensioni, elicotteri e velivoli lenti. Ricognizione: in questa funzione vengono utilizzati generalmente droni cinesi DJI Mavic 3 con telecamere ad alta risoluzione. Attacco al suolo: con la capacità di sganciare granate o ordigni auto costruiti anche di tipo incendiario. Attacco suicida: i cosiddetti droni kamikaze attivi contro mezzi corazzati e postazioni fisse. Antidrone: utilizzati contro i droni militari di maggiori dimensioni. Ripetizione del segnale (ponte radio): per permettere ai droni d’attacco di estendere il loro raggio operativo oltre la capacità standard di un telecomando.
L’innovazione tecnologica nel campo degli UAV è frenetica. E’ il caso del drone contraereo ideato e prodotto nella zona di Kharkiv partendo da un modello hobbistico cinese, che permette di portare sul bersaglio una palla di plastica contenente centinaia di sfere di acciaio. Può abbattere qualsiasi UAV, di piccole, medie e grandi dimensioni, ma è pericoloso anche per un elicottero. Costo d’acquisto: inferiore ai mille euro.
I modelli elencati finora (ma ve ne sono decine diversi realizzati nelle diverse ‘drone factories’ ucraine), hanno tutti un dato tecnico in comune: il loro bassissimo costo di produzione. E la strategia vincente è sempre quella dello ‘sciame a saturazione’: costano poco, ne usi tanti in una sola volta. I cosiddetti “carousel attacks”, diverse unità UAV in successione contro lo stesso bersaglio.
Evidente che il “modello ucraino” rappresenta una sfida anche per le forze armate dei Paesi occidentali, facilmente esportabile in qualsiasi area di conflitto a bassa che nessun sistema industriale militare sarebbe in grado di contrastare adeguatamente, conclude Adrea Romoli.