Come nel 2006, le truppe dello Stato ebraico entrano di nuovo in Libano. Nella confusione delle notizie, per ora hanno attraversato il confine gli incursori e le forze speciali coperti dall’aviazione. Allarme nel mondo ed edizioni speciali di telegiornali a raccontare del ‘sembra’, e ‘si dice’. «Occupazione limitata del Sud del Libano, con l’obiettivo di smantellare le postazioni di Hezbollah», precisa lo Stato Maggiore israeliano mentre le sue avanguardia già sono in Libano. «Occupazione limitata, sino a dove e per quanto». ‘Sino a dove e per quanto’, le diverse frazioni della politica internazionale lo interpretano a loro convenienza.
Di fatto la stessa a conferma dell’inizio dell’invasione di terra, tra milla voci che circolavano, è arrivata dagli Stati Uniti, tramite il portavoce del Dipartimento di Stato. «Israele sta attualmente conducendo un’attività limitata all’interno del Libano». Le informazioni sono più confuse del solito, e la nostra cronaca che insegue, lo è necessariamente a sua volta, volutamente sintetica perché non in grado dei garantire fatti certi e per non favorire allarmismi utili a chi li diffonde.
Secondo Reuters, l’esercito regolare del Libano si è ritirato di cinque chilometri dalle posizioni vicine al confine, lasciando campo aperto ai combattimenti tra israeliani e miliziani Hezbollah. Rassicurazione Onu: sull’altro versante della Linea blu i caschi blu della missione internazionale Unifil, tra cui un migliaio di italiani, costretti solo a fermare le attività di pattugliamento. E Roma cerca applausi rassicurando sulla loro sorte, su cui ben poco può fare. Come il rientro dei civili dal Libano, consigliato ma non aiutato.
A Washington, l’ingresso delle truppe di Netanyahu in Libano non è stato accolto bene, almento ufficialmente, e anche se tutti sapevano. «Sono al corrente ma vorrei che si fermassero», dice Biden alla sua ennesima guerra non fermata, troppo recita in commedia con il solito inascoltato appello al cessate il fuoco. La missione israeliana è stata preparata da tempo tramite incursioni segrete e certo l’amministrazione Usa non poteva non sapere. Col ‘Times of Israel’ quasi beffa: «Netanyahu è tornato. Anzi, non se ne era mai davvero andato: ma questa volta è tornato davvero». Insomma, passaggio Onu a New York di copertura, e un po’ di altre armi da Biden, e ciò che c’era fa fare è stato fatto.
La presidenza Usa in campagna elettorale, se nell’anno passato si è impegnata a parole a contenere l’escalation israeliana contro i palestinesi a Gaza, ora non muoverà un dito per impedire la nuova guerra. Ieri sera il Dipartimento di Stato ha annunciato che Israele «sta compiendo “al momento operazioni terrestri limitate” in Libano». Del resto ha applaudito all’uccisione da parte di Israele del leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. Non solo: Biden si è detto pronto a proteggere Israele di fronte a una possibile risposta dell’Iran all’offensiva di Tel Aviv. E il Pentagono annuncia l’invio di cacciabombardieri e soldati in Medio Oriente per difendere lo Stato ebraico se necessario e gli interessi degli Stati uniti nella regione.
L’esercito quasi silente: «Israele usa per i suoi fini la risoluzione 1701 dell’Onu, secondo cui le forze di Hezbollah nel Libano meridionale devono essere arretrate al fiume Litani, a circa 30 km dal confine». Il Libano forse è solo il secondo tassello, dopo Gaza, dell’operazione «Nuovo Ordine» lanciata da Israele che, nelle intenzioni di Netanyahu e del suo governo, dovrà mutare gli equilibri strategici regionali a favore di Israele e mettere fine alle ambizioni dell’Iran, come annota Michele Giorgio sul Manifesto.
Netanyahu ieri si è addirittura rivolto ai cittadini iraniani proponendosi nell’improbabile ruolo di «liberatore». «Il popolo iraniano deve sapere che Israele è al suo fianco, i nostri due antichi popoli, quello ebraico e quello persiano, torneranno presto a vivere in pace», ha affermato lasciando intendere che Israele potrebbe intervenire per innescare un «cambio di regime» a Teheran.