Alla Casa Bianca e al Pentagono festeggiano, perché un Giappone molto armato è indispensabile per la strategia americana che mira al ‘conteinment’ della Cina. Cioè, la dottrina del ‘cordone sanitario’, applicata grazie alla Nato in Europa contro la Russia, che nell’Asia viene adottata per frenare l’espansionismo di Pechino. Un gioco rischioso, di tira e molla geopolitico, nel quale non bisogna sbagliare una mossa. Pena un’escalation incontrollata e la guerra.
Ishiba ha battuto di pochi voti la ultra-nazionalista Sanae Takaichi, un’altra esponente a metà tra il Giappone tecnologico di oggi e quello medievale di ieri, agitato dalle lotte feudali tra gli “shogun”. Anche se il conservatore Ishiba, che succede al chiacchieratissimo Fumio Kishida, pur essendo più moderato della Takaichi, non è che rappresenti l’uomo del dialogo con la Cina. Perché tutto quello che arriva da Pechino, in questo momento, suscita un discreto allarme dalle parti di Tokyo. Certo, l’America ci mette del suo e bisogna dire che ci riesce bene, perché il clima di tensione, in tutto l’Estremo oriente, ormai si taglia col coltello.
Per Biden, quindi, Shigeru Ishiba è l’uomo giusto al posto giusto. Arrivato (a caso?) in un momento in cui il Giappone e la Corea del Sud vengono cooptati, ‘fuori area’, per ‘mostrare bandiera’ nel Mar Cinese meridionale. Per chi non l’avesse capito, tutti i rivolgimenti di politica interna che si verificano nella regione, hanno comunque un collegamento tra loro e sono propedeutici a possibili crisi militari future. Nel caso di Ishiba, oltre alle sue idee sui programmi relativi alle finanze pubbliche, alle quali accenneremo, vanno ricordate le proposte sulla realizzazione di una sorta di “framework”, di alleanza con gli Stati Uniti.
Una manovra che i cinesi hanno bollato come ‘Nato asiatica’, riferendosi ai trattati esistenti sul modello “Quad” (Australia, India, Usa, Giappone) o “Aukus” (Usa, Australia, Regno Unito). Il primo è un “dialogo quadrilaterale di sicurezza” che, al netto delle sfumature semantiche, si caratterizza senz’altro come un patto militare in funzione anti-cinese. Il secondo, invece, prende le mosse dalla realizzazione di sottomarini nucleari per la Marina di Sydney. Anche quest’accordo, fa parte della strategia militare americana di ‘accerchiamento’ di Pechino, come confermato da tutti gli specialisti occidentali.
L’accusa dei cinesi all’Occidente, durante il “Dialogo Shangri-la”, di programmare la realizzazione di una “Nato asiatica”, è definita dagli americani “priva di fondamento”. In effetti, il Pentagono sta costruendo tutta una serie di accordi bilaterali (come quelli con le Filippine, il Giappone o la Corea del Sud) che tecnicamente vengono definiti “minipolari”. Non solo. Ma, per aggirare le possibili accuse di monopolizzare la “diplomazia della guerra”, costringendo, con le buone o con le cattive, i ‘Paesi-clientes’ a firmare patti di difesa comuni, gli Stati Uniti fanno da mediatori per favorire altre partnership militari. Come quella tra Filippine e Giappone.
Uno degli obiettivi che si dovrà subito porre Ishiba, è quello di rivedere la costituzione giapponese del dopoguerra, ritenuta ormai “troppo pacifista”. E con l’aria che tira a Washington, farà bene a sbrigarsi, per tenere il ritmo delle “esigenze di difesa Usa in Asia”. Già Fushida aveva ignorato la storia recente del Giappone, raddoppiando in un colpo le spese militari. Con costosi armamenti forniti dal complesso militare-industriale a stelle e strisce. Armi ‘di qualità’ in vetrina’ nei campi di battaglia dell’Ucraina e del Medio Oriente. Ora toccherà a Ishiba far quadrare i conti. Perché, il nuovo premier, da bravo ‘monetarista’, vede la politica finanziaria della Banca centrale del Giappone (manica larga e yen svalutato) come fumo agli occhi.
Per aggiustare i numeri bisognerà aumentare le tasse. Anche perché riesumare il glorioso Sol levante, che a Pearl Harbour fu capace di affondare mezza America, gli costerà un occhio della testa. Il gioco della geopolitica, però, si fa sempre più difficile. Riusciranno gli Stati Uniti a inondare il pianeta di armi, per “salvare la democrazia”, lucrandoci sopra e senza fare scoppiare la Terza guerra mondiale?