
Beirut: ‘Ieri il giorno più sanguinoso dalla guerra civile 1975-90’. La giornata di ieri, con almeno 492 morti di cui almeno 35 bambini e 58 donne e oltre 1.600 feriti sotto i raid continui di Israele contro Hezbollah è stata la singola giornata più sanguinosa per il Libano dalla fine della lunga guerra civile del 1975-1990.
Israele ha bombardato almeno 1300 obiettivi sparsi nella valle della Beka,a, nell’est libanese, dove Hezbollah da decenni ha radicato il suo Stato parallelo, fatto di popolo, villaggi, agricoltura e vita. I raid, secondo il ministero della Sanità libanese, hanno ucciso 356 persone, tra cui 24 bambini e 39 donne, e provocato oltre 1000 feriti.
Il bilancio delle vittime, supera quello della devastante esplosione del porto di Beirut del 2020, dove morirono 218 persone e 6 mila rimasero ferite. I bersagli dei ieri e di oggi –a quanto risulta- ancora, erano case nei villaggi o palazzetti di campagna. Per l’esercito israeliano, nascondevano tutti arsenali di Hezbollah. La stessa tecnica delle scuole bersaglio di Gaza.
In alcuni casi non celavano solo munizioni, razzi a spalla o bombe da mortaio –sempre le accuse di Israele-, ma addirittura missili da crociera. “In ogni abitazione che colpiamo ci sono armi, missili e droni diretti contro i cittadini israeliani”, ha detto il portavoce militare israeliano, che esibisce immagini di esplosioni secondarie, a segnalare la presenza di armamenti dentro gli obiettivi colpiti.
Più di 100mila in fuga dal sud del Libano bersaglio dove si attende l’arrivo dei carri Armati israeliani che la tv mostra sui Tir che li portano verso il confine con casa loro. Per ore, l’autostrada di Sidone è rimasta intasata, macchine stipate dalle famiglie in fuga. Il governo di Beirut ha disposto aiuti di emergenza, ed aperto la scuola pewr accogliere questi nuovi profughi di guerra.
Ai bombardamenti nell’est, ieri anche un raid sulla capitale Beirut. Obiettivo mirato il numero tre di Hezbollah: Ali Karaki, capo del comando meridionale e membro del consiglio della Jihad dell’organizzazione. Ultimo della lista di obiettivi –i condannati a morte-, pubblicata dall’Idf giorni fa, dopo le esplosioni multiple dei cercapersone. Te Aviv sostiene di averlo ucciso, Hezbollah smentisce e per i sauditi che è rimasto ferito.
Benjamin Netanyahu in un video registrato da un bunker: «Ho promesso che avremmo cambiato il rapporto di forze al nord ed è esattamente quello che stiamo facendo». L’arroganza della forza esibita in spregio nella silenziosa vergogna di quello strapotere armato rende possibile. E i razzi Halbollah tutti intercettati sono stati la risposta simbolo di una giornata di massacro.
La domanda di tutti adesso è se a alle operazioni aree seguirà, prima o poi, la temuta e più volte minacciata invasione delle truppe israeliane oltre il confine libanese. Fonti militari israeliane hanno assicurato all’agenzia Usa Associated Press che non ci sono “piani immediati per un’operazione di terra”. Inganno preima di colpire? Altri media, libanesi in testa, prevedono invece un’invasione prossima, come sdegnala anche Riccardo Antoniucci sul Fatto.
Un ingresso via terra di Israele al sud del Libano, segnalano gli analisti, è quello che Hezbollah vorrebbe per riacquistare una superiorità strategica. Come e più del 2006, la milizia sciita è convinta di poter costringere l’esercito di Tel Aviv a impantanarsi in un nuovo Vietnam mediorientale. Intanto Netanyahu prepara il viaggio negli Stati Uniti per intervenire all’Assemblea generale dell’Onu aperta oggi a New York.
Nella notte di domenica l’esercito israeliano è entrato negli uffici dell’emittent Tv araba al Jazeera a Ramallah, Cisgiordania occupata. Soldati armati a consegnare l’ordine che chiude la tv per 45 giorni (rinnovabili in automatico). Confiscate le telecamere e distrutto uno striscione con il volto della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh, uccisa dai militari israeliani a Jenin l’11 maggio 2022.
La legge che ha messo al bando al Jazeera dallo Stato di Israele, era stata approvata dalla Knesset nei mesi scorsi, ma quasta volta è accaduto in Cisgiordania, territorio illegalmente occupato su cui Israele non dovrebbe avere autorità.