Una iniziativa politica conservatrice, una delle tante chi si muovono attorno alla campagna presidenziale di Donald Trump e sostenitori, per rafforzare l’autorità presidenziale centralizzando i poteri di intelligence nelle mani del Direttore dell’Intelligence Nazionale (DNI), riducendo così il ruolo della CIA, vista come un’agenzia non sufficientemente leale nei confronti dell’Amministrazione, avverte Giuseppe Gagliano su Inside Over.
Dopo elezioni 2024 se vince Trump, ovviamente. Il ‘Progetto 2025’, si pone come obiettivo quello di ridurre l’influenza delle agenzie di intelligence che, secondo i critici di destra, avrebbero ostacolato la politica estera e interna degli Stati Uniti sotto la presidenza Trump. Carmack e i sostenitori della riforma ritengono che l’attuale frammentazione del potere tra le diverse agenzie d’intelligence indebolisca la capacità del Presidente di prendere decisioni rapide e incisive in materia di sicurezza nazionale.
Il progetto prevede di consolidare le funzioni chiave sotto la guida del DNI, che diventerà l’interlocutore primario del Presidente su tutte le questioni di intelligence, ridimensionando l’autonomia della CIA e di altre agenzie. La ‘Heritage Foundation’, sostiene da tempo un ridimensionamento e maggiore trasparenza nelle operazioni dell’intelligence, per ridurre il peso della burocrazia e rafforzare il controllo politico sul sistema di sicurezza nazionale.
Le critiche non si sono fatte attendere, con molti esperti che temono che una centralizzazione del potere d’intelligence possa compromettere l’indipendenza operativa delle agenzie e renderle più vulnerabili a pressioni politiche. Gli oppositori del piano sostengono che un’eccessiva concentrazione di potere nelle mani del Direttore dell’Intelligence Nazionale potrebbe portare a una gestione poco equilibrata delle informazioni e a un uso politico dell’intelligence. La CIA, in particolare, si è trovata spesso al centro di polemiche per il suo ruolo nelle inchieste legate alla presidenza Trump, e questa riforma potrebbe essere vista come una forma di punizione per la sua presunta mancanza di lealtà.
Con grande sorpresa di tutti, John Carmack, ex Chief Technology Officer e noto consulente/portavoce per le iniziative di realtà virtuale di Meta, si è dimesso per lavorare alla sua startup d’intelligenza artificiale, Keen Technologies. Carmack, associato al gigante della tecnologia da oltre nove anni, ha espresso i suoi forti disaccordi con il CEO dell’azienda, Mark Zuckerberg, e ha criticato le scelte aziendali degli ultimi anni. Questo viene riportato nel suo promemoria, che senza troppi veli lascia trasparire un senso di sconfitta per la piega presa in tempi recenti.
Meta ha investito qualcosa come 10 miliardi di dollari nelle tecnologie per la realtà virtuale e in tutto questo tempo Carmack è rimasto al suo posto, fino ad oggi. Nel promemoria l’ex CTO non metta in dubbio il potenziale della realtà virtuale, bensì l’efficienza di Meta.
Nel suo post afferma senza mezzi termini che: “Abbiamo una quantità ridicola di persone e risorse, ci autosabotiamo e sprechiamo gli sforzi. Non c’è modo di addolcire questo; penso che la nostra organizzazione stia operando con metà dell’efficacia che mi renderebbe felice”