Le iniziali perplessità in molti paesi dell’Unione si stanno trasformando in protesta, con l’asse Meloni-Confindustria che mette l’Italia a capo della lotta contro la scadenza del 1 gennaio 2035, quando non potranno più essere prodotti veicoli alimentati da carburanti fossili. Nei giorni scorsi, l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (l’Acea) ha ufficializzato l’intenzione di richiedere lo spostamento al 2037.
Il motivo è legato al crollo del mercato degli ultimi mesi. Nel 2024 era stato previsto di coprire tra il 25% e 35% del mercato automobilistico con le auto elettriche. Il dato attuale si è fermato a meno della metà, intorno al 12 % (Italia fanalino di coda al 3,5% ). Una vera e propria marcia indietro a dimostrazione che il mercato dell’auto elettrica non è mai partito, alimentando invece lo scontro in atto che si inserisce pericolosamente nel dibattito sul declino dell’Unione Europea.
Cercando di superare gli ostacoli ideologici dell’argomento, emergono delle evidenze concrete. Negli ultimi trent’anni il settore della ‘mobilità’, ovvero i trasporti, è l’unico settore dove le emissioni sono aumentate, invece di ridursi. Le auto, ancor più dei camion, sono responsabili del 12,5% di tutte le emissioni. Oltre il 90% degli abitanti dei centri urbani è esposto a quantità di ‘particolato’ superiori ai limiti posti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. I costi sanitari che ne derivano sono elevatissimi.
Ci sono troppe auto in circolazione e sono vecchie. In un paese come l’Italia ci sono 684 auto ogni 1000 abitanti. L’età media dei veicoli circolanti è di 13 anni. Di conseguenza l’auto elettrica è un mezzo ancora poco conosciuto. Nove patentati su dieci dichiarano di non averne mai guidato una. Sei su dieci non ci sono mai saliti a bordo.
Il prezzo delle auto elettriche in rapporto al livello di reddito impedisce al mercato di innescare il circolo virtuoso che permetterebbe di sostituire veicoli inquinanti con altri a emissioni zero. Nel 2019 il prezzo medio di un auto elettrica era 19.000 euro, dopo la pandemia sono inziati gli aumenti che hanno portato l’attuale prezzo medio a 29.000. Strategie di prezzo difficili da giustificare, a prescindere dagli aumenti delle materie prime.
Bugia a pertedere. Prima: nel 2035 potranno circolare solo auto elettriche e saremo quindi costretti a sostituire le nostre automobili. Falso: le auto a combustibile fossile, potranno continuare ad essere acquistate fino al 31 dicembre 2034. E saranno libere di circolare per tutta la durata di vita del veicolo, presumbilmente oltre il 2050. Il loro futuro potrebbe dipendere anche dall’introduzione di combustibili verdi, cioè sintetici. Questo è un altro dei terreni di scontro tra le lobbies delle batterie elettriche e quelle dei carburanti green.
La società europea sta cambiando l’orientamento verso i mezzi di trasporto. L’industria automobilistica lo sa e per questo si dirige verso nuove aree del mondo. I nostri giovani non pensano alla patente come le passate generazioni. L’età media dei neopatentati è salita a 20 anni. Aumenta il car-sharing. La mobilità resta un bisogno centrale, ma probabilmente lo sarà con meno auto. Non sono le auto elettriche che vengono a mancare, ma i soldi per acquistarle e una nuova visione del futuro.
Ma tra i limiti della transizione, quello dei costi dei veicoli elettrici è sicuramente il più concreto. Condizionata dall’inflazione degli ultimi anni, la politica economica dei governi si è stata inconsistente nel favorire l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie. Mentre l’industria automobilistica ha perseguito strategie di riduzione dei costi (vedi le annunciate dismissioni di Wolkswagen ) e diversificazione della propria attività (vedi la parabola dell’ex Fiat, oggi Stellantis).
La strategia commerciale che ne è conseguita con l’aumento dei prezzi ha escluso di fatto le fascie medie di reddito. E l’automobile ha perso la sua natura democratica che ha sempre avuto da quando è iniziato il processo di motorizzazione di massa nel 1950.