Gas e petrolio russo a tutta Europa, basta cambiargli nome

Il 13 settembre il presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che “l’era dei combustibili fossili dalla Russia che dominano in Europa è finita per sempre. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina e abbiamo deciso di liberarci dalla nostra dipendenza dai combustibili fossili russi senza tornare al carbone. Ma non è successo. Ci siamo assicurati che l’Europa andasse avanti, non indietro”. Avanti dove, visto che l’Europa importa più GNL russo di prima? Mentre ritorna il petrolio di Lukoil in Ungheria e Slovacchia

La sfacciataggine della presa in giro

Sempre la ormai prossima Commissaria bis, Ursula von der Leyen: «Oggi, produciamo più elettricità dal vento e dal sole che da tutti i combustibili fossili messi insieme. Negli ultimi cinque anni, l’Europa ha fatto un balzo verso il futuro». Un po’ di autoesaltazione in una vigilia di nomine dei sertici europei ancora dilaniata da polemiche: «L’anno scorso”, ha aggiunto, “l’82% delle auto di nuova immatricolazione in Norvegia erano veicoli elettrici, e il 50% dell’elettricità che consumiamo oggi proviene da fonti rinnovabili. Cinque anni fa, era impensabile. Eppure l’abbiamo fatto».

Applausi e controcanto

Qualche analista un attimo più attento e meno celebrativo potrebbe obiettare parlando ad esempio di de-industrializzazione, crollo della produzione industriale, recessione, ai costi energetici non competitivi col resto del mondo che l’Europa deve sostenere, al tracollo della produzione di acciaio o a quello della produzione di autoveicoli in cui l’elettrico sta crollando ovunque negli acquisti. E se guardi bene, scopri la elasticità europea dei numeri stessi. Con la presidente della Commissione che cita la Norvegia, a Gran Bretagna e Svizzera –che non fanno parte dell’Unione Europea-, e non citi i dati sugli approvvigionamenti energetici reali di casa Ue.

Più GNL russo in Europa

Nel primo semestre del 2024, l’Europa ha aumentato le importazioni di GNL (gas liquido) russo dell’11% su base annua. Questo mentre l’Ue insiste sulla fine della sua dipendenza dai combustibili fossili russi entro il 2027. E le contraddizioni assumono a volte il sapore della beffa. Ad esempio in Francia (dove Macron è dichiaratamente interventista contro la Russia) ma dove le importazioni di GNL russo sono aumentate addirittura del 110%, quelle in Spagna sono rimaste invariate e quelle in Belgio sono diminuite del 16%.

Il gas russo via Ucraina

L’accordo di transito del gas naturale tra Ucraina e Russia scadrà alla fine di quest’anno sempre che non si trovi un metodo per aggirare la fine degli accordi tra Gazprom e l’Ucraina come è accaduto nei giorni scorsi per il petrolio russo della compagnia Lukoil diretto in Ungheria e Slovacchia il cui flusso era stato bloccato da Kiev senza nessun intervento della UE. Per i governi di Budapest e Bratislava facile l’accusa a Bruxelles di voler penalizzare i due stati della Mitteleuropa che non forniscono armi a Kiev e si oppongono alla politica pro-guerra dell’Unione.

Ma se il petrolio russo cambia nome…

Ma alla fine (e come quasi sempre accade), l’Ungheria e l’Ucraina hanno trovato un accordo per mettere fine alla disputa sull’importazione del greggio russo attraverso l’oleodotto Druzhba che attraversa l’Ucraina.

L’accordo – riporta il giornale on line americano Politico – prevede che l’azienda energetica russa Lukoil, i cui prodotti sono attualmente esclusi dall’ingresso in Ucraina, venda il suo petrolio alla ungherese MOL prima dell’attraversamento nell’oleodotto. Zelensky blocca il petrolio russo che nel frattempo è diventato ungherese e che continua a pagare quei dollari di transito essenziali per sopravvivere alla guerra stessa.

 

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