Un aspetto curioso della nascita della Prima repubblica francese fu che – di fatto – non fu proclamata solennemente in quanto tale e in un certo senso nacque dai fatti: il 21 settembre 1792 infatti fu deliberata la fine della monarchia e nei primi atti successivi si parlò semplicemente di ‘repubblica una e indivisibile’ senza però una proclamazione specifica e sebbene una costituzione organica fosse stata approvata l’anno precedente, quando cioè la monarchia versava già in una crisi irreversibile.
Tradizionalmente è suddivisa in tre periodi: la Convenzione (durante la quale vi fu ‘il Terrore’), il Direttorio e il Consolato, periodo in cui Napoleone Bonaparte assunse i pieni poteri dopo il colpo di Stato del 18 Brumaio (9 novembre 1799) nominandosi Primo console. Il suo atto di morte fu una semplice legge approvata dal senato il 18 maggio 1804 in cui si affermava brevemente che «il governo della Repubblica è affidato ad un imperatore che assumerà il titolo di Imperatore dei francesi». Nel 1848, dopo varie vicissitudini e due cambi sul trono, fu rovesciata ancora la monarchia e sorse la Seconda repubblica. Nel mese di aprile si svolsero le prime elezioni a suffragio universale diretto (limitato tuttavia solo agli uomini) ed eletta la prima assemblea costituente.
A dicembre con una maggioranza schiacciante fu eletto presidente della repubblica Luigi Napoleone, nipote di Napoleone Bonaparte. Un evento molto rappresentativo delle contraddizioni della Seconda repubblica fu l’intervento francese in Italia per restaurare il potere temporale del papa: una repubblica nata con il suffragio universale decise di intervenire, con la scusa di tenere l’Austria lontana dall’Italia, contro un’altra repubblica che aveva proclamato lo stesso principio. Nel 1852, dopo un plebiscito popolare, Luigi Napoleone assunse il titolo di Napoleone III e la Seconda repubblica finì.
A più di centocinquanta anni dalla sua nascita la Terza repubblica resta ancora nell’immaginario collettivo dei francesi un periodo assai controverso, ma nello stesso tempo di relativo splendore della Francia. All’indomani della sconfitta di Sedan, il 4 settembre 1870 Leon Gambetta proclamò la repubblica affacciandosi da una delle finestre del municipio di Parigi. Seguì però l’insurrezione della Comune duramente repressa nel maggio 1871: nel frattempo Adolphe Thiers da capo provvisorio dello Stato divenne presidente della Repubblica, mentre mancava ancora una costituzione e l’orientamento della maggioranza dell’assemblea nazionale era ancora monarchico-conservatore. Solo a partire dal 1873 la repubblica si poté consolidare, ma il secondo presidente, il generale Mac-Mahon, restava ancora un monarchico con una certa tendenza autoritaria, perché chiese ad esempio poteri più ampi. Fu solo il progressivo rafforzamento dei repubblicani in parlamento a modificare la situazione e di fatto le riforme di cui aveva bisogno la Francia iniziarono solo nel 1879.
Oltre alla ‘vivacità’ a volte tumultuosa dei lavori parlamentari, la Terza repubblica fu additata come ‘repubblica degli scandali’ e dell’instabilità dei governi: in ordine di tempo vi furono il tentativo autoritario del generale Boulanger, lo scandalo di Panama (in cui migliaia di risparmiatori finirono sul lastrico) e l’affare Dreyfus, che spaccò in due il paese. Eppure, nello stesso periodo, la Francia si affermò come la seconda potenza coloniale che tentò perfino di contendere il primato all’impero britannico.
Dopo la Prima Guerra mondiale, che devastò il paese, dagli allori della vittoria si svilupparono però ancora nuovi scandali il cui eco non si era ancora spento allo scoppio della Seconda. Nel giugno del 1940 la Francia fu rovinosamente sconfitta e si aprì la pagina nera del collaborazionismo di Vichy, che proclamò sin dall’inizio di voler voltare pagina e che la ‘repubblica degli scandali’ era definitivamente finita.
Il maggior punto di forza dell’azione svolta da de Gaulle nella guerra e nella Resistenza fu indubbiamente continuare a rappresentare comunque la Terza repubblica, o per meglio dire la legittimità dello Stato francese: quando nell’agosto 1944 durante i festeggiamenti per la Liberazione di Parigi fu invitato a ripetere il gesto di Gambetta nel 1870, rispose freddamente che non era necessario proclamare la repubblica, perché la repubblica non era mai morta, essendo stata rappresentata in quegli anni da lui. Forse un piccolo peccato di superbia, ma il suo ruolo aveva consentito alla Francia di continuare ad essere un ‘alleato combattente’; nel gennaio 1946 de Gaulle rassegnò infine le dimissioni da capo provvisorio.
Il 5 maggio un referendum popolare approvò a maggioranza una nuova costituzione, ma già a giugno de Gaulle in un celebre discorso che si tenne a Bayeux criticò il risultato raggiunto anticipando in un certo senso le idee che pose in atto nel 1958 con la sua riforma costituzionale che segnò la nascita ufficiale della Quinta repubblica. Se da una parte la ricostruzione divenne sviluppo economico e migliorarono le relazioni tra stati europei, dall’altra – sempre sullo sfondo dell’instabilità dei governi – si dovette prendere atto della sconfitta in Indocina (1954) e della lotta per l’indipendenza in Algeria (1958).
La soluzione allora fu quella proposta da de Gaulle, definita semi-presidenzialismo, che superò anche le turbolenze del 1968, ma progressivamente si è logorata davanti ad un elettorato battagliero sceso spesso in piazza negli ultimi anni e ad un parlamento che rivendica ormai un ruolo più centrale. Un problema che più che politico sembra insomma strutturale.